Quando il Covid blocca i progetti futuri e le aspettative professionali

Quando il Covid blocca i progetti futuri e le aspettative professionali

Il Covid ha bloccato anche i nostri progetti futuri, il mio era quello di vivere a Roma e giocarmi il tutto per tutto per un salto di qualità in ambito professionale. Poi è arrivato il bastardo e hanno sospeso colloqui, concorsi e premi dedicati agli esordienti nel mio settore. Così sono rientrata in Calabria scappando come una ladra la fine di febbraio e mi ritrovo senza un lavoro stabile, ma con qualche disturbo d’ansia in più che cerco di affogare nei miei servizi per il giornale o il tg grazie anche al supporto della mia famiglia. Dopo non pochi dubbi qualche giorno fa ho lasciato definitivamente la mia casa romana, ma non ho ancora realizzato di aver abbandonato la MIA città, Roma, quel posto del cuore, quel posto giusto, perfetto che ero felice di scegliere ogni giorno. Ho viaggiato molto, ma la Città eterna mi fa sentire bene come nessuna meta. Ora sono nella mia regione, spaesata, con poche certezze e non so quando potrò tornare a Roma a prendere la mia roba, i miei effetti personali. Non so se un giorno potrò passeggiare disinvolta nei vicoletti di Trastevere o se mi sarà concesso degustare ancora una volta un piatto di bucatini alla amatriciana e dei gustosi saltimbocca accompagnati da un rosso della casa in qualche trattoria di fiducia senza il timore degli assembramenti e del contagio. Roma è stata la mia casa per quattro anni, allargandomi le sue braccia infinite. Il rispetto della distanza sanitaria nella Capitale è fuori da ogni logica. Nella Città eterna ho completato i miei studi, ho perfezionato il mio percorso formativo, ho trovato l’amore più bello, l’amicizia più vera, un ambiente stimolante e rassicurante che ho sempre desiderato e cercato guardando fuori dal mio piccolo orticello calabrese, da quel piccolo paesino di provincia in Calabria dove adesso mi ritrovo a causa della pandemia.

Un giorno sarei tornata nella mia terra, ma ci sarei tornata con un nome, senza sgomitare come faccio adesso per dimostrare continuamente che lavoro bene, sarei tornata senza affidarmi a collaborazioni occasionali e magari pretendendo una maggiore gratificazione economica, attualmente nei fatti inesistente, sarei tornata per occuparmi della mia gente, la stessa che in molte circostanze come me è costretta a partire. Perché la Calabria è un paradiso, ma è una terra difficile e complicata e solo chi nasce e cresce qui può capire a pieno tutti i meccanismi e raccontarli con l’intento di cambiare davvero il sistema. Gli scoop li lasciamo a chi è esterno. Roma mi ha spalancato le porte, mi ha cullato ogni giorno, accogliendomi in caciaia sempre meglio, e nella grande bellezza mi sono lasciata annegare. Nella Capitale ho costruito una nuova routine, nuovi legami e alla fine una nuova persona, forse migliore, riscoprendo interessi e passioni che non credevo di avere. Le mie coinquiline sono state la mia famiglia, ognuna mi ha regalato a suo modo un pezzetto di sé da custodire. E poi l’amore non programmato, nato quasi per gioco e divenuto poi inossidabile, ha dato ai miei sogni quel tocco di realtà. Una città magica dai cieli infiniti rende tutto una favola e diventa una boccata d’aria fresca a cui non puoi più rinunciare nella vita. Un giorno, dicevo, avrei preso un piccolo appartamento in un vicoletto del Pantheon, lo avrei arredato con uno stile vintage e avrei comprato una vecchia 500 o una vespa. Oggi di quel sogno rimane poco e niente se non l’affetto nei confronti di chi ha condiviso quel pezzetto di strada con me e il ricordo di momenti unici e irripetibili. Ritornata con i piedi a terra è come se mi fossi schiantata a 100 km/h contro un muro. Ambientarsi nuovamente in un piccolo centro è difficile, dopo 15 giorni ti senti in gabbia e la smania di partire ti assale, riadattarsi ai tempi lenti (la situazione peggiora con l’emergenza sanitaria), ai modi e ai ruoli, alla mentalità non è semplice, specialmente quando hai assaggiato l’alternativa. Chi ha vissuto a Roma, in altre città metropolitane, ed è poi rientrato può capirmi maggiormente. La sera penso che se fosse esplosa a Cosenza l’epidemia invece che in Lombardia, si sarebbero salvati solo i “potenti” e gli “amici dei potenti”. In Calabria abbiamo tante eccellenze in ambito sanitario, ma non abbiamo strutture altrettanto valide come potrebbero essere il Gemelli, lo Spallanzani, l’Umberto I, il Fatebenefratelli, il Bambino Gesù di Roma. Restando a Roma da sola non avrei avuto le amorevoli cure della famiglia, ma forse più possibilità di salvarmi se contagiata. Non fraintendetemi, amo la mia terra e quando parto me la porto sempre dietro. Il mio paesino ce l’ho nel cuore e lo difendo con le unghie e con i denti, ma non mi sento libera di proporre, di agire come vorrei anche in vista di un’utilità comune, di essere me stessa. Sono senza mezzi e strumenti adeguati nonostante i miei sacrifici e quelli della mia famiglia. E si parla di tutte le categorie, ma mai degli stagisti, dei collaboratori, di chi come me alla soglia dei 30 anni, si vede senza un’occupazione, senza la possibilità di accedere ai colloqui e ai concorsi. Progetti bloccati, una carriera già difficile prima e ora stroncata sul nascere. Che ne sarà di noi trentenni nel 2021? Un’età limite per l’inserimento definitivo nel mondo del lavoro. Rischi di diventare troppo vecchio per le aziende. Dopo i 30 anni sei out. Il covid ha interrotto i nostri piani bruscamente è vero, ma ha mostrato le crepe di un sistema che per troppo tempo ha mascherato la sua fragilità. Arrendersi sarebbe probabilmente la reazione più facile, ma bisogna mantenere accesa la speranza perché è la sola che ci consente di immaginare e realizzare un domani migliore. Ho deciso di impiegare questo tempo per imparare, per migliorarmi ancora, per capire ciò che davvero conta. Un giorno tornerò a Roma e forse questa volta sarà quella buona.

Gilda Pucci

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