Sentirsi a casa, lontano da casa

Sentirsi a casa, lontano da casa

Ho imparato che “casa” non è un luogo, ma un sentimento…

Cecilia Ahern

Ho cambiato tante case. Piccole, grandi, con il giardino, con le scale, con il prato, con il balcone, con il terrazzo con vista o con l’umidità classica di un seminterrato. In ognuna ho sempre cercato di ricreare quell’atmosfera tipica della mia cameretta di adolescente in piena crisi di identità. All’epoca quelle quattro mura erano decisamente “casa mia”. Ci contenevano le mie lacrime, i miei sospiri, i miei desideri, le mie paure, i miei primi innamoramenti.

Ho lasciato la casa dei miei genitori e, quindi, la mia cameretta a 18 anni.

Come tanti giovani del Sud, con in mano la mia valigia carica di sogni, sono andata a studiare “fuori”. Destinazione: Capitale.

“E sole pioggia neve tempesta
Sulla valigia e nella tua testa
E gambe per andare
E bocca per baciare”

Il peso della valigia. Luciano Ligabue

Il mio sogno chiamato Roma

Di Roma mi ero innamorata la notte del capodanno del 2000. Complice la presenza rassicurante dei miei cugini “più grandi”, io, poco avvezza ai grandi assembramenti, in quel caos folle mi ero sentita subito a mio agio. Invisibile. Trasparente agli occhi degli altri. Un po’ il contrario di ciò a ti abitui quando vivi in un piccolo paesino di provincia. Alla mercé di sguardi indiscreti e curiosi che tessono le trame della tua vita, solo giudicandoti da come cammini, da come ti vesti, da come saluti.

Non è quello che dicono su di te, è quello che sussurrano.
(Errol Flynn)

Alla ricerca di una nuova “casa”

Così una notte (perché il viaggio sarebbe durato almeno 8 ore), accompagnata dai miei genitori, a bordo di una macchina colma fino all’inverosimile, in pieno stile fantozziano, ho lasciato il porto sicuro della mia stanzetta di bambina prima e adolescente poi, per ritrovarmi nell’oceano della città eterna.

Non avevo paura, non provavo nostalgia. Avevo solo il forte desiderio di trovare il mio posto nel mondo e di provare a “cavarmela da sola”.

Ho trascorso gli anni dell’università nel tentativo, a fortune alterne, di sentirmi a “casa” in ogni appartamento in cui ho vissuto. A volte la convivenza con altre compagne di avventura si è rivelata fallimentare, altre una bella scoperta. Vivere insieme a qualcuno che non è la tua famiglia è sempre un terno al lotto. E mai come in quelle occasioni il motto “l’apparenza inganna” spesso da parola diventa realtà. Scegli la tua coinquilina e lì per lì ti sembra perfetta, salvo poi ritrovarti accanto l’arpia di turno e ripeterti: “maledetto il giorno che t’ho incontrata”. Poi invece quella su cui non punteresti nemmeno una fish magari si rivela la persona ideale per trascorrere in serenità e armonia le tua vita da “fuori sede”. Tra pranzi realizzati con le prelibatezze contenute nel “pacco da giù“, ore di studio e ripetizioni ad alta voce chiuse in cameretta, cene davanti alla tv e lunghe telefonate alla mamma la cui domanda di apertura, da copione, era sempre: “che hai mangiato”?

Nessun posto è casa mia

In alcune occasioni, a quei tempi, lo ammetto, il mio sentimento di “casa” ha vacillato e non poco. E le lacrime trattenute per non preoccupare i miei genitori spesso sono diventate un fiume in piena scatenato da un semplice: “ti sento strana, che hai?”.

Ma mai, nemmeno per un attimo, ho pensato di tornare indietro sui miei passi. E ogni giorno, sempre di più, Roma e le sue mille contraddizioni sono diventate la mia nuova “casa”.

Nessun posto è casa mia

Ho pensato andando via

Soffrirò nei primi giorni ma

So che mi ci abituerò

Ti cercherò nei primi giorni

Poi mi abituerò

Perché si torna sempre dove si è stati bene

E i posti sono semplicemente persone

(Chiara Galiazzo, Nessun posto è casa mia)

Il sentimento di “casa”

Dopo la laurea, ho fatto il tentativo di un “ritorno in patria”. Una breve parentesi professionale conclusasi con l’amara consapevolezza di non sentirmi più a casa nella mia terra.

E così la Capitale mi ha riaccolto per una seconda volta. Un lavoro, un appartamento poco fuori città e una nuova routine fatta di viaggi in treno, metropolitana e bus. La mia dose quotidiana di stress, che si addolciva alla vista del Colosseo, del Campidoglio e di tutte quelle bellezze che avrei potuto ammirare direttamente dal mio terrazzo da lì a qualche anno.

Roma

Il sentimento di “casa” a volte lo perdevo per strada, a volte lo ritrovavo. Ma sentivo sempre che mancava qualcosa. Non mettevo radici. Vivevo sempre con la strana sensazione di un continuo cambiamento all’orizzonte.

Rimescolare le carte

Così sono passati altri 18 anni, trascorsi i quali ho rimescolato le carte, recuperato la mia valigia di sogni, riempita di nuove sfide e di nuove paure.

Destinazione Svizzera. Zurigo. Canton tedesco.

Zurigo

No, non ho mai studiato Deutsch a scuola. E di fronte al primo danke e al primo Tschüss, mi sono sentita lontanissima da casa. Fortuna però ha voluto, complice la nascita di mia figlia e la presenza costante di mio marito, che questo sentimento sia durato molto poco.

Non sono quel tipo di persona che si arrende facilmente. E così, dopo un periodo di adattamento, sconforto, nostalgia e inevitabili incomprensioni linguistiche, ho resettato tutto e ho percorso la tortuosa strada interiore che porta a “Casa”.

Ho attivato la modalità “avventura” e sono andata alla scoperta di questa città meravigliosa e dalle mille anime, armata di passeggino e scarpe da ginnastica. La vicinanza al lago ha facilitato il compito.

Io, abituata al mare di casa mia (leggi qui per scoprire alcune curiosità sulle mie origini: https://www.distantimaunite.com/2020/06/17/italia-terra-mia-ricominciamo-da-qui-3/ ), su queste sponde ho trovato pace e serenità semplicemente concedendomi una sosta in riva allo Zürichsee o perdendomi nella vista delle montagne innevate.

La conclusione di un lungo viaggio

Incontri con persone speciali, lunghe passeggiate nei boschi, il contatto diretto con la natura, la puntualità dei mezzi pubblici, e quella percezione diffusa di “ordine”, mi hanno fatto sentire, con il passare del tempo, sempre più a mio agio.

Tanto che un pomeriggio di qualche giorno fa, in visita alla casa di famiglia di una carissima nuova amica, svizzera ma di origine italiana, ho sentito uno sfarfallio nello stomaco. E no, non mi stavo innamorando di qualcun altro che non fosse mio marito. In quella giornata, benedetta dal sole e dal caldo, io mi stavo innamorando di un sentimento: la presa di coscienza che potevo considerare concluso quel lungo viaggio iniziato nella mia cameretta di bambina.

Una casa non è una questione di mattoni, ma di amore.

Christian Bobin

Oggi io mi sento finalmente a casa. Ho trovato la mia “casa” lontano da casa, il mio posto nel mondo.

“Casa è dove si trova il cuore”

Plinio il vecchio

La mia casa è nel mio cuore. Insieme a mio marito e mia figlia. In “quel posto che non c’è”.

Elisabetta Mazzeo

Elisabetta, classe 1981. Ogni 18 anni un cambiamento. Prima la Calabria, poi Roma, ora Zurigo. Domani chissà. La mia sfida quotidiana? Riuscire nell’impresa di essere contemporaneamente mamma, moglie, giornalista, scrittrice e ora anche blogger. Ore di sonno: poche. Idee: tante. Entusiasta, curiosa, caparbia, sognatrice. Scrivere è un’esigenza. Una lunga gavetta nei quotidiani e nelle tv locali, poi l'approdo come inviata di Sport Mediaset. Non ho dubbi: il mio è il mestiere più bello del mondo. Una passione prima che un lavoro. Oggi ricopro l'inedito ruolo di vicedirettore a distanza di Retesole, l’emittente che mi ha visto crescere umanamente e professionalmente. Divoro libri e due li ho anche scritti, mi nutro di storie di sport, ma non solo. Scatto e colleziono foto, mi alleno quanto basta per non sentirmi in colpa e in compenso macino chilometri armata di scarpe da ginnastica e passeggino. L'arrivo delle mie due figlie ha rimodulato le priorità della mia vita. E adesso è con loro e per loro che continuo a mettere le mie passioni in campo. #CaparbiamenteSognatrice

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