La paura del diverso: razzismo e suoi derivati

La paura del diverso:  razzismo e suoi derivati


Il razzismo ha mille volti e un unico filo conduttore: la xenofopbia, che tradotto dal greco altro non è che la “paura del diverso”.

stop racism

Odio intensamente le discriminazioni razziali, in ogni loro manifestazione.

Nelson Mandela

Tutto ciò che non conosciamo ci spaventa. Ci appare strano, estraneo da noi. La diversità genera ansia, paura. La paura può tramutarsi in angoscia. L’angoscia in rabbia. La rabbia in odio. L’odio in violenza e aggressività.

Il caso di Beatrice Ion

Beatrice Ion, durante un incontro di basket e a destra suo padre dopo l’aggressione

Beatrice Ion avrà scatenato questi sentimenti nell’uomo che l’ha insultata e offesa, come disabile e come straniera.

23 anni, leader della Nazionale Italiana di basket paralimpico e giocatrice dell’Amicacci Giulianova. Beatrice è di origini rumene ma vive in Italia da 16 anni.

Nonostante sia poliomelitica praticamente dalla nascita, ha sempre sognato di giocare a pallacanestro. E così, a “bordo” della sua carrozzina, ha iniziato a infilare nel cesto un pallone dopo l’altro. Fino a diventare la campionessa che è oggi. Un palmarès, il suo, che già può vantare 2 scudetti, 3 Supercoppe Italiane e 3 coppe Italia.

Giorni fa, rientrando nella sua casa ad Ardea, in provincia di Roma, mentre era in auto con la mamma e stavano per parcheggiare nell’area riservata ai disabili, è stata aggredita verbalmente e apostrofata con vari insulti riguardanti la sua condizione fisica e le sue origini. Quando il padre è arrivato in loro soccorso, ha ricevuto due pugni al volto che gli hanno rotto lo zigomo e un dente.

Non dite che il razzismo in Italia non esiste perché io l’ho vissuto oggi dopo 16 anni che vivo qui e fa male!

Beatrice Ion

La paura del diverso: origini e cause

Un’aggressione vile, ingiustificata, immotivata. Come tante altre se ne registrano nel mondo (vedi il caso più eclatante di George Floyd). E in cui a farne le spese sono sempre i più deboli. E i “diversi”.

“Diversi” per il colore della pelle, per la loro inclinazione sessuale, per la loro disabilità fisica o per il loro credo religioso.

I manuali di psicologia ci spiegano che nonostante vi sia la tendenza a credere che il disprezzo per il “diverso” sia solo dovuto alla cattiveria e alla poca umanità, tali atteggiamenti hanno anche a che fare con il modo in cui funziona la mente umana, che cerca sempre di difendersi dal mondo esterno e di definirsi.

La categorizzazione sociale è il processo che sta alla base della formazione del pregiudizio, ossia di un tipo di atteggiamento sfavorevole e ostile verso un gruppo sociale e i suoi membri. Da qui l’innesco di fattori come: discriminazione, attacco e odio verso il cosiddetto “diverso”.

Vari studi hanno dimostrato che quando ci si trova davanti un individuo diverso da sé a livello psicologico vengono attivati dei meccanismi simili a quelli che si verificano a livello biologico in seguito all’incontro di agenti estranei, ritenuti dannosi alla salute: il sistema immunitario protegge il corpo da eventuali alterazioni patogene.

Analogamente, avere davanti una persona considerata diversa implica l’attivazione di una certa quantità di ansia, derivante dalla minaccia che qualcosa di esterno e differente da sé possa mutare l’equilibrio interno e la propria identità sociale.

“Siamo sempre lo straniero di qualcun altro”.

Tahar Ben Jelloun

Il dato di fatto dell’esistenza di questi meccanismi mentali che ci portano ad avere timore della diversità e ad evitarla, non può e non deve essere, però, una giustificazione alla discriminazione e al disprezzo nei confronti di ciò che non conosciamo. Al contrario, esserne consapevoli dovrebbe aiutarci a guardare la diversità come un qualcosa di nuovo da scoprire, a cui avvicinarsi con curiosità, confronto ed interesse.

Perché dal “diverso da noi” non possiamo che imparare.

E, magari, scoprire che ha tanto da darci e da insegnarci.

Gli uomini imparano a odiare, e se possono imparare a odiare, possono anche imparare ad amare, perché l’amore, per il cuore umano, è più naturale dell’odio”

Nelson mandela

Elisabetta Mazzeo

Elisabetta, classe 1981. Ogni 18 anni un cambiamento. Prima la Calabria, poi Roma, ora Zurigo. Domani chissà. La mia sfida quotidiana? Riuscire nell’impresa di essere contemporaneamente mamma, moglie, giornalista, scrittrice e ora anche blogger. Ore di sonno: poche. Idee: tante. Entusiasta, curiosa, caparbia, sognatrice. Scrivere è un’esigenza. Una lunga gavetta nei quotidiani e nelle tv locali, poi l'approdo come inviata di Sport Mediaset. Non ho dubbi: il mio è il mestiere più bello del mondo. Una passione prima che un lavoro. Oggi ricopro l'inedito ruolo di vicedirettore a distanza di Retesole, l’emittente che mi ha visto crescere umanamente e professionalmente. Divoro libri e due li ho anche scritti, mi nutro di storie di sport, ma non solo. Scatto e colleziono foto, mi alleno quanto basta per non sentirmi in colpa e in compenso macino chilometri armata di scarpe da ginnastica e passeggino. L'arrivo delle mie due figlie ha rimodulato le priorità della mia vita. E adesso è con loro e per loro che continuo a mettere le mie passioni in campo. #CaparbiamenteSognatrice

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