Covid-Pasqua 2-0

Covid-Pasqua 2-0

Questa Pasqua sarà, come anche quella dell’anno scorso, un uovo Bauli: non saprà di niente. E’ vero che il Coronavirus toglie il sapore alle cose, pure nel senso meno letterale dell’espressione. Per il secondo anno dentro l’uovo non ci troviamo il foulard Grandi Firme, né la collanina con il ciondolo a forma di Primula. C’è ancora una bella zona rossa a sorprenderci, un po’ stanchi e un po’ arresi, in questo match in cui il Covid batte la Pasqua 2-0.

A proposito di resa, però: io su un fronte combatto tenacemente. L’uovo di Pasqua lo voglio ancora, me lo aspetto anche se fingo stupore ogni volta che me ne viene regalato uno. Che poi, non uno qualsiasi, ma quello che ho esplicitamente chiesto. Perché va bene la pandemia e il lockdown e la cellulite pure nelle nocche della mano ma l’uovo di cioccolato fondente no, mi sembra un accanimento immotivato. Perciò meglio essere chiari per non avere cattive sorprese.

Certo di dolcezza anche quest’anno ce n’è poca. Rimane piuttosto l’amaro di non poter condividere delle giornate a casa, in famiglia. Di non ritrovarsi a rispettare tradizioni radicate, tipo le uova sode ripiene di tonno e maionese che onestamente mi hanno sempre abbastanza disgustato ma che oggi mi sembrano un piatto gourmet. O la torta pasqualina di mia madre. O il gregge di pecore di pasta di mandorle di mio padre che rumina in salotto truccato come Moira Orfei. Ma probabilmente un esemplare anche quest’anno mi verrà recapitato – e decapitato – per posta, nonostante la mia opposizione a questa transumanza di agnelli pasquali di cui non sono particolarmente golosa.

E poi c’è anche Pasquetta. Nessun riscatto, anche quella in rosso scarlatto. Quella di solito ha un po’ il sapore del Capodanno. La domanda è la stessa: “che fai a Pasquetta?”. Quindi potremmo dire che siamo salvi, assenti giustificati a scampagnate improbabili. E invece no. Rimpiango l’odore della brace e quello del capocollo che non mangio ma che mi resta tra i capelli. Mi mancano le fave con aglio e menta, che se ci pensiamo hanno dentro causa e soluzione all’alitosi. I carciofi sul fuoco. No quelli non mi mancano per niente. L’insalata di pomodoro e cipolla con spolverata di origano fresco giusto per ripulire la bocca e prepararla al dolce. Le quattro del pomeriggio, lunghe e pigre. Una partita a burraco? Una passeggiata nella natura? Una sfida a ping pong? Ma se volevo faticare me ne stavo a Milano e fatturavo.

Ed è quello che ho fatto a volte. Non tornare a casa a godermi la festa e preferire il lavoro. Ecco, forse avrei potuto scegliere meglio qualche volta. Me ne ricorderò la prossima, quando di rosso a Pasquetta ci sarà solo il pomodoro del pesto alla trapanese sulla bruschetta e nelle busiate.

Ah comunque, le sorprese non mi piacciono perciò al latte con nocciole grosse, grossissime.

SEGUI DISTANTI MA UNITE! Se ti è piaciuto l’articolo lascia qui di seguito il tuo commento e partecipa al nostro sondaggio perché La tua opinione conta! E soprattutto non dimenticarti di seguire le nostre pagine social FacebookTwitter Instagram! Ti aspettiamo con un ricco calendario ogni giorno pensato per voi!

Ivana Figuccio

Sono Ivana, trentabbé anni, siciliana nell'anima e a tavola ma ormai da qualche anno a Milano per amore...del giornalismo. Mangio, bevo e scrivo: spesso simultaneamente. Ma lo faccio anche per lavoro, sia chiaro. Il food&wine è infatti uno dei settori che più si addice alla mia penna e la mia bilancia lo sa bene. Odio correre ma amo guardare gli altri che lo fanno. Non pratico yoga e nemmeno lo yogurt. Lo sport nella mia vita c'è solo per alleggerire i sensi di colpa per i miei peccati di gola. Confesso il mio smodato amore per il cioccolato ma non mi pento. Da buona sicula adoro il mare e il vento di Scirocco. Ma non chiedetemi qual è casa, perché nel mio cuore c'è posto per la sabbia e per la nebbia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *