“Maid”: un bellissimo dramma vero

“Maid”: un bellissimo dramma vero

La miniserie televisiva “Maid” (Domestica – donna di servizio), non è solo una delle migliori che potete vedere su Netflix questo autunno. Non è la classica storia di una donna che fugge alle violenze del compagno e si rimette in piedi per dare alla figlia una vita dignitosa. Maid è una storia di riscatto, di presa di coscienza, di consapevolezza e si, di fuga, da una sofferenza perenne.

Difficilmente parlo di serie tv, benché ne sia appassionata, ma questa mi ha veramente colpito. La trama, in breve, racconta la storia della venticinquenne Alex (l’attrice Margaret Qualley), che fugge dal suo compagno portando con sé la figlia di due anni Maddy. Alex fugge dall’aggressione verbale del compagno e da un pugno finito sul muro. Ecco, questo da uno spunto di riflessione importante, perché Alex fugge per la paura di quello che lui potrà fare dopo. E anche qui il concetto di violenza domestica diventa difficile da dimostrare, perché Alex non è mai stata “picchiata” da lui, ma subisce una violenza psicologica che non è sempre considerata violenza nella giurisprudenza di oggi. Non viene in molti casi riconosciuta come abuso.

La solitudine e la forza

Senza soldi e completamente sola con la bambina di 2 anni, Alex inizia un pellegrinaggio alla ricerca di un posto in cui vivere. Scopriamo così del suo rapporto burrascoso con la madre Paula (una bellissima Andie MacDowell dalla chioma argentata), un’eccentrica artista che vive in un campo roulotte, e quello inesistente col padre Hank (Billy Burke).

Durante l’intera serie tv alla destra dello schermo ci è permesso vedere il portafoglio di Alex ed, insieme si tengono i conti dei suoi risparmi. Inizia a fare la donna delle pulizie, sottopagata, e scrive una sorta di quaderno su quello che vede nelle case dove pulisce. Mentre all’inizio le spese per l’asilo, l’appartamento e il cibo superano di gran lunga i guadagni, alla fine riuscirà a mettersi da parte i soldi necessari per imboccare la strada dei suoi sogni, lontano dalla cittadina che l’ha vista nascere e crescere.

“Maid” è un dramma che racconta la violenza sulle donne affidandosi a una storia che ne esamina gli aspetti fisici e psicologici, in modo semplice ma diretto. Ci sono dei momenti in cui ho pensato: “Non può andar peeggio di così”, e invece succede l’impensabile. Tantissimi i temi affrontati, tutti insieme ma senza sovrapporsi: povertà, solitudine, salute mentale, alcolismo. Nonostante tutto, però, “Maid” riesce ad accendere anche forti sentimenti di speranza, di coraggio e mi ha stupito la tenacia della sua protagonista, la sua capacità di toccare il fondo per poi risalire ogni volta. E la forza del legame con sua figlia che rende tutto più accettabile. Ho ammirato soprattutto la forza devastante di questa giovane mamma che si ritrova, anche per colpa di un sistema complesso che dovrebbe assistere le donne e che invece complica loro la vita.

Le storie di chi come lei, fugge dalle violenze ma poi ci ricasca, tornando una, due, tre volte nei centri di accoglienza. Storie vere, che accadono ovunque. E ovunque la vita di queste donne è una strada in salita, spesso con ostacoli impensabili.  

Una storia vera

“Maid” è la storia vera di Stephanie Land, raccontata nel suo libro di memorie “Donna delle pulizie. Lavoro duro, paga bassa e la volontà di sopravvivere di una madre”. Il libro, grazie ad una recensione sul New York Times, nel 2019 ha conquistato il terzo posto nella classifica dei migliori saggi statunitensi.

La scrittrice, in un’intervista al Seattle Time, ha confessato di volere fortemente che l’adattamento cinematografico si espandesse oltre la sua esperienza personale incorporando più diversità possibili nella storia. “Lo volevo davvero perché non è la storia di una sola persona bianca. Il 90% dei lavoratori domestici sono persone di colore”, ha detto la scrittrice. Proprio per questo la Land si è voluta assicurare che la storia fosse il più possibile fedele alla realtà da lei vissuta. Come catturare le difficoltà di vivere con solo 2 dollari nel proprio portafoglio, il coraggio di riconoscersi vittime di violenze fisiche e psicologiche e la battaglia di molte mamme come lei che cercano di reinventarsi affidandosi ad una burocrazia che sembra andare controcorrente rispetto ai loro bisogni.

#OstinatamenteEclettica

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Paola Proietti

Classe '77, giornalista professionista dal 2008. Ho lavorato in radio, televisione e, vista l'età, anche per la vecchia carta stampata. Orgogliosamente romana, nel 2015 mi trasferisco, per amore, in Svizzera, a Ginevra, dove rivoluziono la mia vita e il mio lavoro. Mamma di due bambine, lotto costantemente con l'accento francese e scopro ogni giorno un pezzo di me, da vera multitasking expat.

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