Emigrare si o no?

Emigrare si o no?

Emigrare: sì o no? I dati del primo anno di pandemia vedono un rallentamento dell’emigrazione dei laureati e testimoniano un aumento nel rientro di giovani dall’estero. Ma non si può parlare di una vera inversione di tendenza finché non ci saranno delle politiche mirate a riguardo.

Nel 2020 sono stati 112.218 i cancellati per l’estero e, di questi, il 45,5% sono donne. Un flusso annuale che incide per il 2,1% sulla popolazione italiana ma che risulta in diminuzione, per la prima volta l, nel corso del nuovo millennio.
Nonostante sia un sistema che produce davvero pochi laureati, la laurea continua a non offrire, come invece avviene nel resto dei Paesi Ocse, possibilità d’impiego maggiori rispetto a quelle di chi ha un livello di istruzione inferiore. Tra il 2008 e il 2020 sono ufficialmente espatriati dall’Italia 355mila giovani tra 25-34 anni e circa 96mila coetanei sono rimpatriati. 
Il numero globale degli italiani all’estero è cresciuto nel 2020 per effetto di oltre 78mila iscritti per nascita all’estero. 8mila acquisizioni della cittadinanza italiana dall’estero e 22mila iscrizioni per altri motivi, pervenendo così ad un numero complessivo di 5.652.080 italiani iscritti all’Aire.

Emigrare sì o no?

La mia famiglia è emigrante da generazioni. Argentina, Lussemburgo, ma anche Italia. Sembra siamo partiti dal Nord Italia per andare ovunque nel mondo. Si emigra per motivi economici ma anche per amore. Io l’ho fatto per entrambi i motivi. Quando mio padre, fine anni settanta, ha deciso di emigrare, lo ha fatto da solo. Mio padre, elettrauto da sempre, appartiene a una categoria di uomini che non esiste più. E sapete, con il tempo mi sono resa conto che non tutti gli uomini sono come lui. Unico di sei fratelli a decidere di lasciare la sua amata Puglia per una vita migliore. Poi ci siamo tornati a vivere in 4. Nel frattempo la famiglia è cresciuta e siamo diventati 5. La scelta si è rivelata sbagliata e siamo tornati in Lussemburgo.

Il nostro destino

Spesso siamo stati giudicati perché abbiamo deciso di partire. Non sapete quante volte ho sentito dire: “voi sì che state bene”. Io non dimenticheró mai il nostro primo appartamento in affitto, quando in Italia c’era la casa che mio padre aveva costruito. E sapete, io ho sempre sognato quella casa, nei miei sogni è lei la mia casa. Dietro a una decisione come quella di lasciare la famiglia c’è un enorme dolore.

Emigrata al quadrato

E ora che sono qui anche con la famiglia che ho creato, è pure peggio. Mio marito inizia a scoprire certi dispiaceri, come quello degli amici e della famiglia che non vengono mai a trovarci. Chissà perché è così difficile andare in vacanza a 100 km da lui!
Ma ci sono tante cose che poi fanno male viste da 1600 km. Sarebbe bello se chi ti ama non vedesse solo come sei diventato, ma anche la fatica che ti costa essere lontano da quella che per quarant’anni hai considerato come casa. Io parlo guardando lui, ma rivedo molte situazioni che ho vissuto io. Si pensa che chi emigra stia meglio perché ha lasciato i problemi che aveva in Italia e ora non ne ha più. Invece è difficile per la lingua, per la lontananza dagli amici e dalla famiglia, per il lavoro, la casa e i nuovi equilibri che si devono creare.

Le difficoltà dell’emigrare

I mal di testa,i primi tempi che inizi a lavorare, sono indimenticabili. Da vomito, giuro. Un punto, a sfavore degli italiani, é la lingua. Difficile trovare chi parla davvero bene una lingua, e io non mi riferisco ai ragazzi di cui raccontano i dati Istat, ma semmai di adulti intorno alla quarantina, del sud, come mio marito. Lui, con i suoi studi scolastici, adesso si destreggia egregiamente tra francesi e tedeschi. Credete che lo avrebbe fatto anche in Puglia? Se non ti metti alla prova, non lo saprai mai. Questo è il mio mantra. E vivo tutta la mia vita così.
“E se…” per me non esiste. Ecco perché prima di far emigrare mio marito, io sono tornata in Puglia per lui. Ma dopo due anni e due lavori che ci aspettavano qui, senza neanche pensarci, abbiamo fatto le valigie. Prima però ho voluto dare a lui la possibilità di dimostrarmi che anche in Italia saremmo stati felici. Ma purtroppo così non è stato.

Il Lussemburgo

Siamo venuti qui perché io sono per metà lussemburghese. Non so se ve l’ho già raccontato, ma quando sono diventata mamma del mio primogenito, sono tornata a Lussemburgo per stare con i miei e ho capito che non potevo far finta di non conoscere questa realtà. Ora che Lorenzo parla -e non esagero- tre lingue fluentemente, sono la mamma più felice del mondo. Certe cose si possono capire solo se vissute. È una scelta che rifarei altre mille volte.

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Anna Piccolomini

Come si chiama mamma? Piccolomini Anna. È grassa o magra? Grassa. È Bassa o alta? Alta. Cosa le piace mangiare? Pasta e anche un po' di gnocchi. Come le piace vestirsi? Bene. Quanti anni ha? 3 come me. Quale regalo vorresti fare alla mamma? Una macchina telecomandata. Chi ama la mamma? Io e non papà. Cosa fa la mamma? Sta con me e Leonardo. Di cosa ti parla sempre la mamma? Di non dire brutte parole. Dove vuoi viaggiare con la mamma? Alla scuola e all'asilo. Cosa vuoi fare da grande? Accompagnare un bimbo all'asilo. Di cosa ha paura la mamma? Di perdere il bus. Cosa piace alla mamma? Mangiare. Cosa fa arrabbiare mamma? Quando lancio le macchinine e dico brutte parole. Ecco come mi vede mio figlio. Mi descrive di sicuro come una donna sposata con due figli, che lotta ogni giorno per lavorare nel sociale. Vivo a Lussemburgo ma sono anche originaria di questo Paese e per metà pugliese. Amo il rosa da sempre e mamma dice che ho una classe innata. Amo osservare e mi lascio andare solo con le persone che amo. La mia prima impressione è sempre quella giusta.

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