Quando non guardi

Quando non guardi

Quando Anna parcheggiò, il sole stava scivolando dietro la collina, lasciando la strada in quel grigio incerto che non era ancora sera.

– Sicura che sia qui? – chiese Luca, scendendo dall’auto. La sua voce sembrava aver paura di disturbare qualcosa.

Anna annuì. Stringeva il foglietto sgualcito nella mano: una mappa disegnata a penna, poche istruzioni, nessuna garanzia. Camminarono tra gli alberi, schivando rami secchi e ombre troppo scure per essere normali. La luce, rarefatta, si infilava tra le fronde come dita curiose.

– Non mi piace – borbottò Luca – sembra che ci osservino –

Anna sorrise.

– Anche l’ombra osserva, sai? Solo che non fa rumore –

Arrivarono a una radura. Al centro, una casa abbandonata li aspettava: finestre spaccate, porte mezze divelte. Ma dalla fessura di una persiana, filtrava un raggio di luce calda, inspiegabile.

– C’è qualcuno – disse Luca.

– Ma no – rispose Anna, avanzando.

Dentro, odore di muffa e ricordi marci. Eppure, al centro della stanza, su un tavolino di ferro, c’era una lanterna accesa. Nessuno intorno. Solo loro e il silenzio.

– È una trappola – pensò lui.

Anna si avvicinò alla lanterna, quasi attratta. Poi vide: accanto alla luce, c’era uno specchio sporco. E nello specchio, il riflesso di una bambina che non era lì.

Luca la vide solo un secondo dopo.

– Anna… –

La bambina nel riflesso sorrideva.

– Dobbiamo andare via – disse Luca, tirandola per un braccio.

Anna esitò.

– Aspetta… –

La ragazza conosceva quella bambina. L’aveva vista nei suoi sogni di madre quando con Luca avevano sognato di avere una figlia. Tutto prima che un violento aborto cancellasse non solo il presente ma anche il futuro a lungo termine. Forse anche il passato.

La bambina alzò una mano nel vetro, come a cercare il contatto. Un gesto lento, disperato.

Poi la lanterna tremolò, la luce vacillò. Si spense per un secondo e poi si riaccese. Della bambina nessuna traccia.

Rimasero a guardare il loro riflesso: due figure confuse, una chiazza di luce che moriva piano, e l’ombra che si chiudeva intorno come un lenzuolo bagnato.

Uscirono nella sera piena, non parlavano: la collina aveva inghiottito il sole.

In macchina, Luca mise in moto senza guardare Anna.
Sistemò lo specchietto retrovisore e la vide: un’ombra, ferma, sul sedile posteriore.
Strizzò gli occhi. Forse era il riflesso di un sedile o di loro stessi.

Spostò lo specchietto, abbassò il parasole, accese la luce interna.
L’ombra sembrava non cambiare.

Poi, quando tornò a guardare, non era più nella stessa posizione.
Si era inclinata, appena. Come se si fosse mossa mentre lui non guardava.

– Anna… – sussurrò con la voce che gli moriva in gola.

Lei era china sulla radio, cercando una stazione, il fruscio riempiva l’abitacolo come una cortina.

Quando Luca si voltò di scatto per parlare, era già troppo tardi: l’ombra gli era addosso.

La macchina rimase ferma al ciglio della strada, i finestrini aperti a lasciar entrare la notte. La radio gracchiava ancora e tra il fruscio si fece strada una voce lenta, come un lamento.

The dreams in which I’m dying are the best I’ve ever had…

Poi, solo il vento.

Gabriele Ziantoni  #DisperatamenteMalinconico

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Gabriele Ziantoni

Giornalista per hobby, polemico per professione, speaker per necessità. Gabriele Ziantoni nasce a Marino, un piccolo paese in provincia di Roma, il 12 dicembre 1983. Solitario, testardo e vagamente intollerante, vive con una penna in mano e un foglio bianco davanti agli occhi fin da quando ne ha memoria. Dopo varie esperienze nel campo del giornalismo, soprattutto sportivo, dal 2011 affronta in maniera ondivaga il rapporto con il suo secondo amore dopo la scrittura: quello con la radio. Direttore Artistico di New Sound Level 90 FM, ha all’attivo tre libri: “Un secondo dopo l’altro” (L’Erudita, 2017), “Nonostante tutto” (L’Erudita, 2019) e “Rudi Voller. Il Tedesco Volante” (Perrone, 2020).

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