Quando la donna può sentirsi libera? Intervista alla scrittrice e formatrice Mapi Danna.


Ho conosciuto Mapi ad un convegno in cui partecipava come speaker. Sono rimasta affascinata da questa donna che parlava per le donne. Affascinata non solo dagli argomenti interessanti, ma soprattutto dalla sua convinzione e il suo carisma.
Dovendo affrontare il tema della libertà della donna, con lo sguardo rivolto anche alla società, ho pensato che lei potesse sciogliere molti dubbi che ci attanagliano.
Sono tanti gli ambiti della nostra società nei quali la donna è costretta, o si sente costretta, a determinate scelte, dalla maternità, al rapporto con gli altri, al lavoro. Mapi quale è secondo te l’approccio migliore, se esiste?
A parer mio è proprio un tema culturale. Nel senso che, siamo state cresciute con quest’idea che avremmo dovuto rispondere alle esigenze di qualcuno che non eravamo noi stesse, quindi con il peso di dover essere all’altezza di qualche cosa che ci veniva chiesto. Ci è sempre stato chiesto “cosa vuoi fare” ma mai nessuno ci ha chiesto che “cosa vuoi essere”. Questo è il fulcro. È da qui che poi si passa tutta la vita a cercare di essere quella cosa che gli altri si aspettavano. La parte più grave è che abbiamo pensato che solo così avremmo potuto essere amate.
Se sei fortunata e lavori su te stessa arriva un momento in cui invece ti accorgi che sei diventata qualcosa che non ti corrisponde quindi cerchi la strada per tornare indietro.
In estrema sintesi, quando la donna smetterà di rispondere alle aspettative altrui e penserà solo a se stessa, si sentirà più libera. Ecco perché diventa importantissimo, una volta raggiunta questa consapevolezza, educare anche le nostre figlie a questi concetti: aiutarle a chiedersi chi sono davvero, spogliarsi delle aspettative e farle essere ciò che desiderano.
Credo sia doveroso affrontare il tema del femminicidio. Quelli a cui assistiamo quasi quotidianamente sono la risposta all’atto di coraggio della donna che riesce a dire “no” al suo aguzzino, ma sono tutti atti di coraggio che vengono stroncati. Cosa ne pensi?
Dire “no” è un diritto della donna. Il problema anche in questo caso, è stato aver detto troppi sì. Non perché eravamo brave, ma perché avevamo paura di rompere qualcosa. Abbiamo avuto paura che se noi avessimo detto dei no, quella relazione si sarebbe infranta, sarebbe cambiata, o non ci avrebbero visto come noi volevamo essere viste. Quindi siamo state sempre super disponibili e proiettate sempre verso l’uomo. Il problema è che dicendo troppi sì per non rompere qualcosa poi finisci con il romperti tu!
Dovremmo dunque partire dal presupposto che, come per i maschi è un diritto avere il proprio spazio, è un diritto anche per la donna. È un diritto che il proprio corpo nessuno lo tocchi senza il consenso. Il tema del consenso è importantissimo. Non solo nella violenza fisica, ma anche in quella psicologica. Ricordiamoci e facciamo ricordare che le donne non sono solo compagne, mogli e mamme, sono tanto altro!

Sei d’accordo con chi dice che sono gli uomini che devono essere educati al rispetto, o è anche la donna che deve imparare a rispettarsi?
Il tema del femminicidio è correlato il più delle volte a quello della “relazione tossica”. Quando un uomo uccide una donna o fa qualsiasi altro genere di violenza su una donna molto spesso vuol dire che l’uomo pensa di avere a che fare con un oggetto. Quando una donna è troppo accudente, permissiva, nella relazione tossica diventa lo specchio di quell’uomo. Quell’uomo non pensa alla donna come altro da sé e quindi è chiaro che sei lei infrange quello specchio, lui sente infrangersi se stesso. In quell’uomo si innesca il bisogno di avere quel riflesso, quel sostegno, perché se la donna va via, lui pensa di morire. Quindi nel momento dell’allontanamento della donna, lui trova come soluzione quella di ucciderla.
Nella tua vita quale è stata la cosa che ti ha fatto sentire più libera? O quando ti sei sentita più libera, se legato a un periodo particolare?
È stato un momento molto duro, ma allo stesso tempo una rivelazione per me stessa. Ed è legato ai temi di cui abbiamo parlato sopra. C’è stato un periodo abbastanza lungo della mia vita in cui pensavo di avere come unica ragione di vita quella di prendermi cura di mio marito e dei miei figli. Questa dedizione assoluta stava facendo grandi danni perché era diventato il mio scopo, il mio lavoro, ma nessuna persona può essere il tuo scopo, il tuo progetto di successo o il tuo lavoro. Poi grazie alla capacità di analisi e introspezione, mi sono accorta che volevo che i miei figli diventassero come io avevo in mente che fossero, e dovevano riuscirci per farmi sentire brava. La mia liberazione è avvenuta quando ho capito che i componenti della mia famiglia dovevano essere ciò che volevano.

Oggi dunque sei una affermata scrittrice, formatrice e speaker. Tra l’altro sei arrivata alla terza edizione del tuo podcast “scatenate”, quale messaggio vuoi mandare con le tue interviste?
Il messaggio centrale che voglio mandare, insieme con tutte le altre donne coinvolte, è che dobbiamo essere libere dalle catene, di qualsiasi genere. Ho coinvolto delle donne che hanno capito che l’unica catena da cui non dobbiamo liberarci è la catena delle storie di coloro che hanno fatto della loro vita un manifesto contro la violenza, contro la dipendenza, contro gli stereotipi, contro i pregiudizi. Attraverso le storie noi liberiamo noi stesse e possiamo essere da ispirazione per chi le ascolta.
#EstremamenteComunicativa