La birra color notte che ha conquistato il mondo: la storia di House of Guinness

La birra color notte che ha conquistato il mondo: la storia di House of Guinness

C’è una notte che non si spegne mai, e a volte si può tenere tra le mani: è quella racchiusa in una pinta di Guinness. Scura, densa, vellutata. È la birra per eccellenza delle ore tarde, quando la luce si fa morbida e il mondo rallenta. E’ scura, è amara. Il suo colore profondo non respinge ma accoglie. Come la notte, che non serve a nascondere, ma a rivelare. Nel buio della Guinness c’è qualcosa che conforta, come un abbraccio tiepido dopo una giornata lunga. Ed è proprio da questa materia scura e avvolgente che prende forma House of Guinness, la nuova serie Netflix firmata da Steven Knight, il creatore di Peaky Blinders.

Ambientata nella Dublino di fine Ottocento, la serie ci porta nel cuore dell’impero Guinness, poco dopo la morte del patriarca Benjamin Lee Guinness. Alla sua scomparsa, i quattro figli – Arthur, Edward, Anne e Benjamin – si trovano improvvisamente soli a gestire un’eredità che è molto più di una fortuna economica: è un simbolo nazionale, una responsabilità politica e un fardello personale.

Arthur, il primogenito, incarna la figura del leader designato, freddo e razionale, determinato a difendere l’azienda da qualunque minaccia esterna. Edward, impulsivo e idealista, sogna invece un’Irlanda libera dal dominio inglese e guarda con diffidenza all’aristocrazia industriale cui la famiglia appartiene. Anne, l’unica figlia, è intelligente, orgogliosa e acuta: una donna che cerca spazio in un mondo che non lo concede facilmente, e che conosce fin troppo bene il potere del silenzio. Il più giovane, Benjamin, vive all’ombra dei fratelli e della figura paterna: la sua è una battaglia di riconoscimento, di libertà personale, di emancipazione dal cognome che lo definisce prima ancora che lui possa definirsi da solo.

La storia di una famiglia

La fabbrica di St. James’s Gate diventa il cuore pulsante della serie, un microcosmo dove le tensioni sociali e familiari si intrecciano con la storia dell’Irlanda stessa. Fuori, un Paese in fermento, un Irlanda che non si vuole arrendere all’egemonia della corona britannica; dentro, un impero costruito su una bevanda scura come la notte, che si beve per dimenticare ma anche per ricordare. Knight costruisce un mondo visivo dominato dalla notte: le candele tremolano, la nebbia di Dublino avvolge ogni cosa, il fumo del malto si mescola all’odore della pioggia. Il giorno sembra non arrivare mai.

La notte, in House of Guinness, è più di un contesto: è un linguaggio. È nel buio che i fratelli stringono patti, confessano i propri errori, si guardano davvero. È di notte che nascono le decisioni che cambieranno il corso delle loro vite. E non è un caso che la Guinness stessa, bevuta nei pub o servita in bicchieri lucenti, diventi simbolo di un legame antico: unire le persone anche quando tutto sembra dividerle.

La saga dei Guinness tra storia e finzione

House of Guinness si muove con libertà tra i fatti storici e la finzione. La vera famiglia Guinness fu davvero una delle più influenti d’Irlanda, con un patrimonio economico e culturale enorme, ma la serie sceglie di romanzare la loro vicenda per raccontare temi universali: la famiglia, il potere, la memoria, il peso del nome. Non è solo la storia di un impero industriale, ma di un’umanità complessa, fatta di luce e ombra, di amore e colpa, di orgoglio e fragilità.

Le atmosfere ricordano Peaky Blinders, ma qui la violenza lascia più spazio all’introspezione. La forza non è nei colpi di pistola, ma negli sguardi, nei dialoghi tesi, nei silenzi carichi di verità. Il buio non è un nemico: è una lente attraverso cui imparare a vedere meglio.

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Paola Proietti

Classe '77, giornalista professionista dal 2008. Ho lavorato in radio, televisione e, vista l'età, anche per la vecchia carta stampata. Orgogliosamente romana, nel 2015 mi trasferisco, per amore, in Svizzera, a Ginevra, dove rivoluziono la mia vita e il mio lavoro. Mamma di due bambine, lotto costantemente con l'accento francese e scopro ogni giorno un pezzo di me, da vera multitasking expat.

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