Franca Viola. L’incredibile No al matrimonio riparatore

Franca Viola. L’incredibile No al matrimonio riparatore

Uno scandalo. Un simbolo. Della crescita civile dell’Italia nel secondo dopoguerra. Emblema. Dell’emancipazione delle donne italiane. Una storia incredibile di coraggio e determinazione. La prima donna italiana a dire no al matrimonio riparatore. Franca Viola, ragazza semplice e riservata. Con un profondo rispetto verso se stessa e dei propri sentimenti. Nell’ombra delle strade di Alcamo, questa giovane donna ha sfidato il destino, infrangendo le catene invisibili che la società cercava di porle attorno. Una decisione audace, radicata nella consapevolezza del proprio valore e della propria dignità.

La sua vicenda è un inno di coraggio e resilienza che risuona forte ancora oggi.

È il racconto di un “no” che ha cambiato il corso degli eventi, una ribellione contro le convenzioni e una dimostrazione del potere di un’anima determinata.

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Franca, nata da una famiglia di mezzadri in una Sicilia rurale in tumulto, incarna l’essenza stessa della fermezza. La sua gioventù è stata segnata da un amore non buono, dalla violenza e dalla minaccia della mafia. Il suo nome è diventato sinonimo di determinazione, di fronte a un sistema che cercava di soffocare la sua voce e rubarle l’orgoglio.

Le pagine di storia invece, alla data del 17 dicembre del 1966, hanno segnato la condanna di Filippo Melodia, rapitore e stupratore di Franca, a undici anni di carcere. E ciò che ha reso questo caso straordinario non è solo la sentenza in sé, bensì l’intraprendenza e la sfida a un intero sistema. Franca infatti, all’età di soli diciassette anni, si è rifiutata di accettare la proposta del cosiddetto matrimonio riparatore. In un mondo intriso di tradizione e superstizione, il suo “no” ha echeggiato come un urlo di ribellione contro le catene della prevaricazione.

Le usanze di quel periodo, non molto lontano a dire il vero, e persino il codice penale, allora in vigore, insistevano sulla via del “matrimonio riparatore”, come se questo potesse annullare il dolore subito. Un sì e Franca sarebbe tornata donna onorata e l’uomo, che l’aveva rapita e umiliata costringendola sessualmente, avrebbe estinto il reato. Era semplice la logica che regnava sovrana. Si sposavano e tutto si quietava.

Come può quietarsi uno stupro? Io non lo ritengo possibile. E della mia idea erano anche Franca e i suoi genitori.

Franca difatti non si è piegata. Ha dichiarato al mondo che il suo onore non poteva essere ripristinato con un patto forzato.

Io non sono proprietà di nessuno“. ha proclamato con fermezza.

Infrangendo con così poche parole, il silenzio che avvolgeva la vittima e sfidando la società a riconoscere la verità. Non era mai accaduto che una donna “disonorata”, non più vergine, rifiutasse di convolare a nozze con il suo violentatore.

Lei invece ha denunciato e spedito in galera chi l’ha stuprata.

Diventando anche il simbolo di una lotta più ampia. Il suo coraggio si è affacciato su un’Italia in piena trasformazione.

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Ma cosa era accaduto esattamente?

Siamo nel 1965, il 26 dicembre. E Franca Viola viene rapita ad Alcamo, in provincia di Trapani. Da Filippo Melodia e 12 complici.

Franca all’epoca aveva 17 anni ed era la più bella del suo paese. Due anni prima, quando di anni ne aveva 15, si era fidanzata, con il consenso dei genitori, proprio con Filippo, che aveva 20 anni, di famiglia benestante e imparentata con Vincenzo Rimi, all’epoca uno dei capi di Cosa Nostra nel mandamento di Alcamo.

All’inizio sembrava andare tutto bene tra i due ragazzi. Quando quel tutto precipita, dopo un’accusa di furto e di appartenenza a banda mafiosa a carico di Filippo. Bernardo, il papà di Franca, la obbliga a rompere immediatamente il fidanzamento. Con Filippo che è costretto ad emigrare in Germania.

Le cose si complicano ulteriormente, nel momento in cui Filippo ritorna ad Alcamo.

Lui rivuole Franca! Inizia così a mettere in atto una serie di persecuzioni contro Bernardo. Gli brucia la casetta di campagna, gli distrugge il vigneto e gli saccheggia l’orto, liberando anche un gregge di pecore nel campo di pomodori. Bernardo però non si lascia intimidire. Nemmeno quando viene minacciato con una pistola. Anche Franca, che nel frattempo si era nuovamente fidanzata, non cede.

E allora Filippo, il giorno di Santo Stefano, con una banda di amici, si ripresenta a casa dei Viola.

Devastando l’abitazione, malmenando la madre di Franca e portando via la ragazza, con il fratellino che le si è aggrappato alle gambe nel tentativo di proteggerla. La sera stessa del rapimento il bambino fortunatamente ritorna a casa.

Franca al contrario non torna. Rimane segregata per otto giorni. Prima in un casolare, in campagna, e poi in casa della sorella di Filippo, sempre ad Alcamo.

Rimasi digiuna per giorni, racconterà in seguito.

Lui mi dileggiava e provocava.

Dopo una settimana abusò di me

Quel che può sembrare un impeto folle da parte di un criminale è invece una scelta ragionata e in linea con le norme e la mentalità dell’epoca. In effetti, l’articolo 544 del Codice penale stabiliva che il matrimonio tra lo stupratore e la vittima potesse estinguere il reato stesso, agendo da scudo legale per l’aggressore e ripristinando la cosiddetta “moralità” della persona offesa.

La violenza sessuale non era ancora considerata un reato contro il corpo della vittima, bensì un affronto alla moralità della donna coinvolta, relegandola al ruolo di “svergognata”.

Questi matrimoni erano definiti “matrimoni riparatori”, appunto perché riparavano l’immagine macchiata della vittima. Quello era importante, l’immagine e l’onorabilità.

Cos’ è accaduto dopo il rapimento e lo stupro?

Che il giorno di Capodanno i parenti di Filippo vanno da Bernardo per la cosiddetta “paciata”, ossia la pace tra le famiglie che di fronte al fatto compiuto avrebbero poi concordato le nozze.

E in questo momento avviene il primo rifiuto della “tradizione”. Il padre e la madre di Franca, fingono di assecondare le richieste dei Melodia, al solo fine di scoprire dove sia la loro figlia. Una volta appresa l’informazione la rivelano alle Forze dell’Ordine. E il 2 gennaio 1966 i poliziotti fanno irruzione nell’abitazione, liberano Franca e arrestano i rapitori.

Melodia e i complici sono certi che di lì a poco ci saranno le nozze e quindi l’impunità. Invece non sarà così che andrà.

E’ a questo punto che la vicenda assume una parabola non scontata e soprattutto esce dalla dimensione di notizia di cronaca locale per diventare evento storico nazionale.

Di fronte alla proposta di matrimonio riparatore i genitori di Franca reagiscono in maniera inaspettata. “Mia figlia Franca non sposerà mai l’uomo che l’ha rapita e disonorata”, sarà il commento di papà Bernardo, sempre a fianco della figlia. 

E Franca non solo rifiuta il matrimonio, ma decide di denunciare il suo rapitore al Tribunale di Trapani.

Quel no di Franca Viola e dei suoi genitori, è pronunciato verso un sistema di rapporti basato sulla sopraffazione del maschio sulla femmina. Dicono no a tutti i tabu e feticci che fanno da pilastro a queste arcaiche società.

I mesi del processo sono estremamente duri per Franca e la famiglia Viola in generale, costantemente screditati da una famiglia molto più potente di loro come quella dei Melodia.

La vicissitudine di Franca diventa un caso nazionale. Per Filippo Melodia il pubblico ministero chiede 22 anni. Diciassette i capi d’imputazione, tra questi il ratto a scopo di libidine.

La difesa tenta di screditare la ragazza di Alcamo, sostiene che era consenziente alla fuga d’amore. E punta sul riconoscimento del ratto per scopo di matrimonio. Su questa distinzione si baserà gran parte del processo e la sentenza da cui magistrati, stampa e tutti quelli che avevano immediatamente solidarizzato con Franca si aspettano ampie ripercussioni.    

Filippo Melodia viene condannato. A 11 anni di carcere, ridotti il 10 luglio 1967 al processo di appello di Palermo a 10 anni con l’aggiunta di 2 di soggiorno obbligato nei pressi di Modena. Sentenza confermata in Cassazione il 30 maggio 1969.

Franca è finalmente libera di ricostruirsi una vita.

In pieno tumulto degli anni ’60, in una Sicilia piena di tabu, vince la libertà e la dignità.

La storia di Franca Viola si è diffusa come un incendio, spargendo la scintilla della speranza. La sua testimonianza ha smascherato le doppie violenze delle nozze riparatrici, rivelando la loro crudele prepotenza. La sua battaglia è stata molto più di un processo legale. E’ stato un appello diretto all’umanità, a rifiutare l’ingiustizia e a caldeggiare la libertà.

L’eco di quel “no” risuona ancora oggi, un richiamo a non accettare compromessi quando si tratta di dignità e giustizia.

Franca ha scritto una pagina fondamentale nella storia delle lotte per i diritti delle donne. Dimostrando che anche una singola voce può squarciare il buio e risvegliare una società addormentata.

E oggi, Franca Viola è più di un nome sulla carta.

È l’esempio di come una giovane donna possa cambiare il mondo semplicemente dicendo “no”.

La sua vittoria nel processo ha segnato un importante passo avanti nella lotta contro il matrimonio riparatore e il delitto d’onore.

Con l’esempio di Franca molte ragazze, che si trovavano nella stessa situazione, rifiutarono le nozze riparatrici.

Bisognerà però aspettare ancora 16 anni perché il matrimonio riparatore venga cancellato, insieme al delitto d’onore, dalla legge 442, del 5 agosto 1981, arrivata alla fine di un lungo percorso di cui fanno parte il referendum sul divorzio del 1974, la riforma del diritto di famiglia del 1975 e il referendum sull’aborto di maggio del 1981.

E si dovrà attendere ancora, ossia il 1996, ieri in pratica, perché lo stupro venga considerato non più un reato contro la morale bensì un reato contro la persona. Con la legge n. 66 del 15 febbraio 1996, “Norme contro la violenza sessuale“, si afferma il principio per cui lo stupro è un crimine contro la persona, che viene coartata nella sua libertà sessuale, e non contro la morale pubblica.

La storia di Franca Viola non è solo sua, ma appartiene a tutti noi. È un ricordo indelebile del potere dell’individuo nel plasmare il proprio destino e il destino del mondo che lo circonda.

La sua vicenda è stata immortalata anche sul grande schermo. La Moglie Più Bella, il film a lei dedicato del 1970 di Damiano Damiani. Una testimonianza dell’indimenticabile impatto che ha avuto sulla società,

Dopo il processo, la ragazza di Alcamo si è sposata per amore con Giuseppe Ruisi, dimostrando che la sua vita era destinata a essere guidata dalla sua volontà e non da norme opprimenti. E la decisione di un matrimonio in piena regola, nonostante le minacce ricevute, ha dimostrato ancora una volta la sua indomabile determinazione.

Bisogna però sottolineare che Franca in tutto quell’orrore ha avuto una gran fortuna, se la vogliamo chiamare così. Ha avuto dalla sua parte un papà eccezionale.

Non fu difficile decidere – racconterà anni dopo – Mio padre Bernardo venne a prendermi con la barba lunga di una settimana, “non potevo radermi se non c’eri tu“, mi disse. “Cosa vuoi fare, Franca?” Non voglio sposarlo, risposi io. “Va bene. Tu metti una mano io ne metto cento“. Questa frase mi disse. “Basta che tu sia felice, non mi interessa altro“. Mi riportò a casa e la fatica grande l’ha fatta lui, non io. È stato lui a sopportare che nessuno lo salutasse più, che gli amici suoi sparissero. La vergogna, il disonore. Lui a testa alta.

E il papà deve averle insegnato cosa fosse la libertà.

 Non è stato un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza. Ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Non ho mai avuto paura e non ho mai camminato voltandomi indietro, a guardarmi le spalle. Mai avuto paura di nessuno. Non ho paura e non provo risentimento.

Franca Viola

Franca Viola è stata, è e continuerà ad essere la prova vivente che la resilienza può trasformare un’esperienza traumatica in una fonte di ispirazione per cambiare il mondo.

Oggi che è madre e nonna porta avanti la sua testimonianza sempre dalla parte delle donne lanciando in ogni dove il suo messaggio. L’8 marzo 2014 è stata insignita dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana dal presidente Giorgio Napolitano. E se per le strade di Alcamo incontra uno dei suoi stupratori, sono loro ad abbassare lo sguardo. E se dovesse incontrare una donna in difficoltà le direbbe sempre: “Non arrenderti mai”.

La sua storia commuove e lascia senza fiato.

Da lei non si aspettavano una ribellione. Da lei pretendevano il silenzio. L’hanno sottovalutata per poi vederla arrivare, come un treno in corsa, alla destinazione finale. Quale? La sua indipendenza e quella di tante altre donne dopo di lei.

A Franca va il più doveroso e sentito dei Grazie!

#IrriducibilmenteLibera

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Sabrina Villa

Per Vasco “Cambiare il mondo è quasi impossibile -Si può cambiare solo se stessi - Sembra poco ma se ci riuscissi - Faresti la rivoluzione” . Ecco, in questo lungo periodo di quarantena, molti di noi hanno dovuto imparare nuovi modi, di stare in casa, di comunicare, di esternare i propri sentimenti. Cambiare noi stessi per modificare quello che ci circonda. Tutto si è fermato, in attesa del pronti via, per riallacciare i fili, lì dove si erano interrotti. I pensieri hanno corso liberamente a sogni e desideri, riflessioni e immagini e, con la mente libera, hanno elaborato anche nuovi modi di esternazione e rappresentazione dell’attualità. Questa è la mia rubrica e io sono Sabrina Villa. Nata a Roma e innamorata della mia città. Sono un'eclettica per definizione: architettura, pittura, teatro, cucina, sport, calcio, libri. Mi appassiona tutto. E' stato così anche nel giornalismo, non c'è ambito che non abbia toccato. Ogni settore ha la sua attrattiva. Mi sono cimentata in tv, radio, carta stampata. Oggi, come al solito, mi occupo di tante cose insieme: eventi, comunicazione, organizzazione. La mente è sempre in un irriducibile movimento.

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