Un sì digitale per un dono. Di vita.

Un sì digitale per un dono. Di vita.

Tessera 22240. Non ricordo neanche in che anno ho fatto la mia iscrizione all’AIDO, ma era comunque molto, molto tempo fa. Forse ero da poco maggiorenne, sta di fatto che quella tesserina è passata indenne tra diversi portafogli e borse, viaggiando con me ovunque io abbia messo piede.

La cosa andò più o meno cosi:

il papà di una mia cara amica morì a causa di una forma di leucemia. Ricordo che fecero il funerale in ospedale e che proprio lì vidi un manifesto in cui si cercavano donatori di midollo osseo. Decisi di fare domanda per sottopormi alla tipizzazione. Dovevo essere maggiorenne e fui chiamata un anno dopo. Da quel momento le mie credenziali genetiche sono state messe a disposizione di chi avesse avuto bisogno di un trapianto di midollo osseo simile al mio. Mentre uscivo dall’ospedale, una ragazza mi venne incontro con un volantino dell’AIDO, l’associazione che si occupa della donazione degli organi. Avevo appena dato il mio assenso alla donazione del mio midollo osseo, mi sembrava chiedere un po’ troppo in un solo giorno! Presi il volantino e tornai a casa.

Il Dono

Non ricordo che fece fine quel volantino. Sta di fatto che, un po’ di tempo dopo, incontrai un altro banchetto dell’associazione. Ero al mare, a passeggiare con amici. Stavolta mi fermai. La ragazza dell’AIDO esordì il suo discorso dicendomi: “Cosa ci fai con i tuoi organi una volta che non ci sei più?” In effetti, sarebbero sprecati chiusi dentro una cassa di legno. Se funzionano ancora bene, perché buttarli? Insomma, parliamoci chiaro: so che il concetto di morte non sfiora le nostre menti ogni giorno, anzi. Quando sei giovane proprio non ci pensi. Però, io già all’epoca ero una che riciclava e se una cosa si rompeva, provavo ad aggiustarla ( “vizio” trasmessomi da mio padre che in casa riparava sempre tutto). Quindi, perché non fornire dei pezzi di ricambio a qualcuno, dato che a me comunque non sarebbero più serviti? Vedevo la cosa da un punto di vista tecnico. Non dal punto di vista del dono. Accettai e mi iscrissi all’AIDO. La tessera finì nel mio portafoglio e mi dimenticai di averla.

Nel corso degli anni alcuni eventi mi fecero tornare in mente che sì, ero iscritta all’associazione per la donazione degli organi. Tipo Nicholas Green, ve lo ricordate?

“L’automobile su cui viaggiava insieme ai genitori il 29 settembre 1994, fu accidentalmente scambiata per quella di un gioielliere da alcuni rapinatori che tentarono un furto, degenerato poi in omicidio. Colpito alla testa mentre dormiva sul sedile posteriore, Nicholas fu ricoverato al centro neurochirurgico del Policlinico di Messina, dove morì pochi giorni dopo, il 1º ottobre 1994. Alla sua morte, i genitori autorizzarono il prelievo e la donazione degli organi ne beneficiarono sette italiani, di cui tre adolescenti e due adulti, mentre altri due riceventi riacquistarono la vista grazie al trapianto delle cornee. L’evento fece molto scalpore perché all’epoca la donazione degli organi non era una prassi comune in Italia. Questo gesto contribuì a sensibilizzare l’opinione pubblica e a far aumentare gli episodi di donazione in tutto il Paese”.

Dono di vita

Nel corso degli anni mi sono imbattuta in altre donazioni di organi, una in particolare molto vicina a me. La bimba malata di un mio amico necessitava di un cuore nuovo. La degenza in ospedale, un cuore artificiale che pompava per tenerla in vita, il volto di quei genitori, i miei amici, che mai dimenticherò. Vivi in bilico ma in modo diverso perché sai che per salvare la vita di tua figlia un altro bambino deve perdere la sua. Come fai a pregare Dio che capiti una cosa del genere? Poi un giorno, dopo mesi di speranza, arriva la telefonata. C’è un cuore. E’ compatibile. E tu lì piangi. Ma sono lacrime strane: sono di gioia perché sai che finalmente hai la possibilità di far vivere il tuo caro ma allo stesso tempo sai che, in un altro punto del Paese, una coppia di genitori sta piangendo perché il loro bambino è volato via.

Ed è in quel preciso momento che capisci l’importanza della parola “donare”.

Capisci che il tuo “Sì” all’AIDO è qualcosa di più di un semplice assenso a “pezzi di ricambio”.

Tutto questo sproloquio per dirvi che da oggi non c’è bisogno di avere una tessera dentro il portafoglio con la scritta ” in caso di morte telefonare a… “. No, oggi, grazie alla tecnologia, dire Sì alla donazione degli organi diventa semplice. Digitale. Basta scaricare l’app digitalAIDO e, attraverso le credenziali di identificazione digitale come lo SPID, dare il proprio assenso alla donazione degli organi. Perché come dice l’AIDO “un sì alla donazione può salvare una vita. Anche la tua. Oggi sono ancora troppi quelli che dichiarano di non voler scegliere. E intanto, 8000 persone sono in lista di attesa, con la vita sospesa nella speranza di un trapianto”.

Da quel giorno, quella bambina che ha ricevuto un cuore nuovo, festeggia due compleanni: il giorno della sua nascita e il giorno in cui ha ricevuto il dono. E quel giorno ringrazia guardando il cielo, sapendo di avere un angelo custode in più.

“Tutto ciò che non viene donato va perduto.”

(Dominique Lapierre, La città della gioia, 1985)

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Paola Proietti

Classe '77, giornalista professionista dal 2008. Ho lavorato in radio, televisione e, vista l'età, anche per la vecchia carta stampata. Orgogliosamente romana, nel 2015 mi trasferisco, per amore, in Svizzera, a Ginevra, dove rivoluziono la mia vita e il mio lavoro. Mamma di due bambine, lotto costantemente con l'accento francese e scopro ogni giorno un pezzo di me, da vera multitasking expat.

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