Squid Game. Giochiamo a quanto è crudele la vita?

Squid Game. Giochiamo a quanto è crudele la vita?

Squid Game, la nuova serie di Netflix dal successo planetario, sembra uno specchio distorto sulla realtà. Il riflesso che se ne riceve è decisamente estremizzato e cruento nella forma, ma è piuttosto aderente nel contenuto se lo si paragona al mondo e ai suoi abitanti con il necessario distacco richiesto allo spettatore.

L’importanza del gioco in Squid Game

Il gioco intorno al quale si sviluppa la trama appare in un primo momento una strategia per mostrare ai concorrenti quanto crudele può essere la vita. Un modo per metterli alla prova fisicamente e moralmente di fronte a dilemmi esistenziali come la lotta con il prossimo per la propria sopravvivenza. All’inizio si percepisce una sorta di missione educativa, seppur sanguinaria e macabra, dietro l’organizzazione di questa sorta di Hunger Games sudcoreani.

E la cosa funziona: lo spettatore è agganciato già dopo la prima mezz’ora del primo episodio. Come se, vedendo gli altri espiare le proprie colpe, in qualche modo ci si purificasse anche la propria di anima. Quando però lo strumento per impartire queste ipotetiche “lezioni di vita” diventa l’uccisione gratuita e a sangue freddo (non è spoiler perchè si vede già nel trailer), lo spettatore è spiazzato completamente, preda di emozioni contrastanti e controverse che vanno dalla nausea al godimento.

Male e bene dell’essere umano

Più si va avanti nella visione e più ci si rende conto che la realtà distopica descritta nella narrazione di Squid Game non è poi così lontana dalla nostra. Emerge dalle storie dei protagonisti e dal loro percorso nel gioco, la continua lotta dell’essere umano contro le sue debolezze e i suoi peccati: l’egoismo, l’avarizia, la pigrizia, il lassismo, l’immoralità e l’incapacità di dirigere la propria esistenza verso un obiettivo programmato.

Allo stesso tempo, però, si percepisce l’uomo come vittima, non solo del gioco, ma della società stessa, che mette agli angoli i deboli e li trasforma nella causa dei loro stessi mali.

Gli effetti di Squid Game sulla gente

Che Squid Game sia destinato a segnare la storia delle web series sembra ormai certo. Per il momento quello che impressiona è il balzo che ha fatto la produzione sudcoreana nella classifica delle serie più viste di sempre, ritagliandosi un posto d’onore tra le prime dieci in meno di un mese dall’uscita.

Anche le vite degli attori della serie sono state stravolte dall’improvviso successo mondiale. Ma mentre si parla già di una seconda stagione, a Seul non tutti hanno accolto con entusiasmo il trionfo della serie. Sembra, infatti, che il grande successo di Squid Game abbia portato un’ulteriore crescita esponenziale e rapidissima anche di Netflix, azienda straniera non sottoposta a tassazione in Corea del Sud, come invece accade per Amazon, Apple e Facebook. Va da sé che il sovraccaricamento della rete dovuto ai numerosissimi fruitori sudcoreani della serie abbia fatto storcere il naso a più di qualcuno.

Squid Game in Italia

La prova che Squid Game funziona davvero ce l’abbiamo noi. Se anche in Italia gli spettatori sono riusciti a passare sopra il fatto di dover vedere una serie in coreano con i sottotitoli, significa che il contenuto è davvero forte. Significa che gli attori hanno trovato una chiave interpretativa universale e che la sceneggiatura è tra le più coinvolgenti degli ultimi anni. Altrimenti non saremmo riusciti a superare in massa la necessità del doppiaggio. Non saremmo riusciti neanche ad abituarci così velocemente a quelle vocali allungate alla fine di ogni frase. Funziona tutto, pure il fatto che per la prima volta ci siamo appassionati ad una serie che ci hanno costretto a vedere in lingua originale. Roba che c’erano i presupposti per boicottarla fin dall’inizio. E invece..

Qui tutte le info sulla serie, sulla trama e sugli attori. Per tutte le “chicche” da nerd tipo l’identità della vera proprietaria del numero di telefono che si vede nella serie vi basterà googlare Squid Game e vi si aprirà un mondo.

Martina Vassallo

Una passione, quella per la Comunicazione, e tanti strumenti diversi per attuarla. Dal giornalismo alla fotografia, passando per uffici stampa, videomaking e scrittura. Dopo la Laurea, la tessera da Pubblicista e gli anni da cronista, ho girato cortometraggi, spot e documentari. Per non farmi mancare niente, ho anche aperto un'attività nel wedding. In questo blog uso le mie esperienze per parlare di vita, sentimenti e ricerca interiore. Riflessiva, sì. Ma sempre con un pizzico di allegria, perchè per affrontare le profondità è meglio viaggiare leggeri.

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