Francesco, padre tra tempesta e sereno

Francesco, padre tra tempesta e sereno

Prima di Francesco, ho conosciuto il papà: Alberto.

Mi bullizzò nella sua libreria di Frascati, un pomeriggio di molti anni fa. Avevo sedici anni e incuriosito da un nuovo format televisivo, ormai arreso al trash, entrando in negozio ebbi la pessima idea di chiedere una copia de “Il Grande Fratello” di George Orwell. Alberto rimase in silenzio per qualche secondo. Poi, evidentemente, la possibilità di uccidermi l’orgoglio per congelamento non deve essergli sembrata così sbagliata:

– Avrai voluto dire 1984, immagino –

– Sì – feci cenno con la testa, incassando quel sarcasmo come una giusta punizione per la mia ignoranza.

Eravamo nel 2000, la Roma non era ancora Campione d’Italia e Internet soltanto agli albori. Figuratevi i Social. Un adolescente che si interessa di Orwell sarebbe stato da premiare in piazza altro che sgridare! Roba che io e Francesco, qualche settimana fa, nella stessa libreria, ci siamo abbracciati nel notare una ragazza che acquistava Anna Karenina

A rifletterci ora e a pensare al volto di Alberto nel momento in cui mi cazziò, non mi pare così strano che Francesco sia il meraviglioso padre che è. Così come non mi pare strano, rubargli con gli occhi alcuni trucchi da papà. In fondo facevo lo stesso con Alberto, anni prima, acquattandomi vicino alla cassa, nascosto e fintamente distratto. Cercando di succhiare ancora qualche goccia di cultura dai racconti che il libraio faceva alla sua clientela

Francesco è uno dei tanti regali che la scrittura mi ha fatto. Abitando a pochi chilometri di distanza ed essendo più o meno coetanei, ci siamo sfiorati a lungo, fino a scontrarci durante la presentazione di un libro. Non aveva nemmeno trent’anni il mio amico papà, e di lui mi colpirono la premura e la passione con le quali trattava i libri. Oltre a un frugoletto che gli trotterellava intorno, cercando di aiutarlo nella disposizione delle copie o nella raccolta dei soldi. Non so dirvi perché, ma mi parve subito piuttosto evidente che Francesco fosse un padre separato. Merito del mio senso del ragno da figlio di separati? No, era un qualcosa in contrasto. Qualcosa di distonico nei suoi occhi: in superficie vispi, furbi e intelligenti, sul fondale incatenati a una melanconia pesantissima. Per niente semplice da drenare.

“Mi sento un elastico” spiega Francesco, rispondendo con un vocale alle mie domande “essere padre significa sapersi muovere tra la tua tempesta e il suo sereno, senza che le due cose vengano in contatto”. 

Ludovica è il sereno, ovviamente. Anche se Ludovica, i suoi genitori insieme, non li ha mai vissuti. E’ figlia di una coppia giovane e di un papà che aveva solo ventiquattro anni quando si sono incontrati per la prima volta. Un ergastolo d’amore. Che ti costringe a vivere un’esistenza al contrario: adulto quando gli altri sono ancora ragazzini, libero di sperimentare quando gli altri hanno ormai famiglia. “Ho sempre avuto la tendenza a bruciare le tappe” continua Francesco “tanto che accolsi la nascita di Ludovica come una splendida sfida d’amore. E’ stata dura non avere un confronto con i miei coetanei, non avere uno scambio da papà con qualcuno della mia età e avendo come unica esperienza genitoriale, quella di figlio. La mia paternità l’ho costruita giorno dopo giorno nel rapporto con Ludo”.  

Complicato contribuire alla crescita della personalità di una bimba, quando non si è ancora nemmeno cominciato il proprio percorso. “Decisamente” conferma il libraio “ma è in momenti come questi che capisci cosa vuol dire essere uomo: mettere da parte te stesso, per favorire qualcosa di infinitamente più grande. Essere padre non significa solo trasformarsi in supporto e presenza costante, ma anche saper nascondere i propri lati oscuri per insegnare a cogliere il bello nelle piccole cose”.

E le donne? E’ vera quella storia secondo la quale i papà single hanno un fascino diverso? “Il problema non è trovare una campagna. Il problema è inserire una persona nell’esistenza di tua figlia, sapendo che potrebbe non essere per sempre. A me è successo: dopo tre anni di relazione, aver troncato la storia con una donna che ormai era quotidiano anche per Ludovica non è stato semplice. Ma la vita è anche questo: le cose possono andare male, però questo non deve impedirci di tentare. Spero che Ludovica abbia saputo trarre un insegnamento anche da questa esperienza”.

I papà sono certamente dei supereroi senza vestito, ma di qualcosa avranno pur paura. Qual è il peggior timore del Francesco padre? “L’incomunicabilità. Ritrovarmi al punto in cui con mia figlia non c’è dialogo. Ho il terrore di non sentire emotivamente Ludovica o di non farmi più sentire da lei. Ecco, se proprio dovessi trovare un termine per raccontare la mia relazione con Ludo direi: premurosa”. Sbaglio o era la prima cosa che mi aveva colpito di Francesco?

Gabriele Ziantoni #DisperatamenteMalinconico

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Gabriele Ziantoni

Giornalista per hobby, polemico per professione, speaker per necessità. Gabriele Ziantoni nasce a Marino, un piccolo paese in provincia di Roma, il 12 dicembre 1983. Solitario, testardo e vagamente intollerante, vive con una penna in mano e un foglio bianco davanti agli occhi fin da quando ne ha memoria. Dopo varie esperienze nel campo del giornalismo, soprattutto sportivo, dal 2011 affronta in maniera ondivaga il rapporto con il suo secondo amore dopo la scrittura: quello con la radio. Direttore Artistico di New Sound Level 90 FM, ha all’attivo tre libri: “Un secondo dopo l’altro” (L’Erudita, 2017), “Nonostante tutto” (L’Erudita, 2019) e “Rudi Voller. Il Tedesco Volante” (Perrone, 2020).

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