Criminality show del femminicidio

Criminality show del femminicidio

A volte il giornalismo deve smettere di guardarsi intorno e puntare i riflettori su sé stesso. I casi di cronaca diventano gialli per prestarsi alla morbosa ricerca di verità dei telespettatori nel cosiddetto “Criminality show del femminicidio”. Ma i numeri altissimi dei femminicidi suggeriscono una narrazione distorta dei delitti da parte dei principali mezzi di informazione e dei soggetti incaricati: i giornalisti.

Non è uno scherzo. Da inizio anno sono già sei le donne barbaramente uccise per mano di uomini: ex compagni, fidanzati, mariti violenti (ed è solo il primo mese del 2024). Inoltre, è stato trovato in un casolare il corpo di Andreea Rabiuc, la 27enne scomparsa in circostanze misteriose nel 2022. L’ex fidanzato risulta indagato. Un tragico epilogo che conferma quanto la violenza di genere sia una piaga dilagante di questo paese.

Criminality show

Nel 2014 in occasione del mio esame da giornalista professionista a Roma, presentai una tesina intitolata “Criminality show: la spettacolarizzazione dei delitti in tv, influenza dei media e responsabilità del giornalista”. Piuttosto che affrontare questo tema così delicato sotto aspetti giudiziari o psicologici, che non mi competono, preferisco analizzarlo dal punto di vista giornalistico. Ritengo che ancora oggi (a ben 10 anni dalla presentazione di quel testo) questa narrazione malata continui inesorabilmente a dilagare in tv. Il tema, ahimè, è ancora attuale. Mi chiedo: i mass media si interrogano su quanto e soprattutto sul come trattare gli omicidi in tv? Quando inizieranno a farlo?

I palinsesti tv: vittime e carnefici nuovi VIP

Reality e informazione si mescolano insieme per creare il giallo. È così che, a reti unificate, dalla Rai fino a Mediaset, a partire dalle prime ore della mattina, i palinsesti si riempiono di Vanessa, Giulia, Rosa, Teresa. Storie di femminicidi efferati, sviscerati in macabri dettagli. Vicende e profili analizzati all’infinito, rievocati nei più disparati contesti. Vittime e carnefici perdono le caratteristiche di individui normali per vestire i panni dei personaggi di un giallo, di una saga che appassiona. Il giornalista non è più mediatore terzo di un fatto, ma ne diventa il principale conduttore enfatizzando queste storie e suo piacimento e a servizio principalmente dell’audience.

Giallo criminale, personaggi noir come figurine di carta

Luigi Bernardi in un testo del 2003 si pone degli interrogativi sul delicato tema della trattazione degli omicidi da parte degli organi di informazione. Concentra l’attenzione sul “come” si raccontano e quali sono i rischi che portano alla distorsione della realtà fenomenica:

“Il primo pericolo è quello di ridurli a “gialli”, è un pericolo di doppia natura, di approccio e di comprensione. Raccontando certi omicidi come fossero dei gialli è inevitabile trasformare tutti i personaggi in figure di carta, senza spessore né odore, spogliarli di vita e dramma. Renderli funzionali a quella che non è più una “storia” ma un intreccio, equiparare momenti di sofferenza assoluta al gioco del “se fosse”. In altre parole, dimenticare che da quella vicenda qualcuno non si è più rialzato.

Set e protagonisti del criminality show

Giulia Checchettin,  una 22 enne di Vigonovo (in provincia di Venezia), è stata uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta nell’area industriale di Fossò, a 6 chilometri da casa la notte di sabato 11 novembre.

In questa drammatica tragedia che ha spezzato la vita di molte persone, di ragazzi giovanissimi, l’informazione italiana ha trovato linfa vitale su tutte le caratteristiche che hanno fatto di questo crimine l’ennesimo giallo. La piccola cittadina di periferia è stata raggiunta da svariate troupe televisive e lo sconosciuto paesino di provincia è diventato “la nuova Avetrana”. Perfetto locus commissi delicti per dare il via allo show.

Come in un reality, ampio spazio ai confessionali: tutti i parenti di lei, i genitori di lui, la migliore amica, il compagno di corso, la corsa all’esclusiva. Oltre che il focus sul presunto omicida in tutte le sue sfaccettature. Un vera e propria saga a puntate che è terminata con l’arresto di Turetta che tentava la fuga all’estero. Un telefilm che nutre la morbosa curiosità dei telespettatori mentre la vittima è ormai un angelo volato in cielo, un’entità astratta… Un telefilm che fa bene alle menti?

Malessere social e bisogno di protagonismo

Nel cosiddetto Criminality show, un cattivo uso del diritto di cronaca può comportare ripercussioni negative sia sulla psiche degli utenti sia sul lavoro degli inquirenti.

“La nostra civiltà è caratterizzata da un desiderio e da un bisogno di protagonismo mai visto prima e questo è particolarmente evidente tra i giovani. Essere protagonisti significa essere visti apparire sotto la luce dei riflettori, arrivare al successo, essere riconosciuti, esistere finalmente dopo un’esistenza caratterizzata dal vuoto esistenziale, dalla noia, dal niente”.

Così scriveva Buttarini nel lontano 2007 all’interno del  libro “ I Serial Killer: un approccio psicologico giuridico”. Oggi, nel 2024, questa realtà si è acuita con l’avvento dei social. Il profilo personale non è altro che un vero e proprio specchio digitale, una vetrina in cui giovani adolescenti si espongono in attesa di ricevere l’approvazione di chi li segue attraverso un like, un commento o una condivisione. https://dilei.it/psicologia/social-network-nuove-generazioni-realta-apparenza/1278280/

Secondo l’ultimo Rapporto sui reati commessi dai minorenni in Italia:  “Forme di desensibilizzazione alla violenza in ragione dell’esposizione continua ad immagini violente nei media o la spettacolarizzazione di comportamenti antisociali attraverso i social – si legge nel rapporto – potrebbero ridurre la consapevolezza del disvalore sociale dei comportamenti violenti”.

Righe significative riprese anche dal portale https://www.tecnicadellascuola.it/reati-in-aumento-tra-i-giovani-sul-web-boom-di-false-identita-e-foto-sessualmente-esplicite-la-polizia-criminale-scuole-e-famiglie-intervengano che possono indicare la strada maestra da seguire, anche per noi cronisti. Una nuova era fatta di buon giornalismo, di fatti più che di racconti, di cronaca più che di spettacolarizzazione. Di servizio pubblico collettivo più che di share. Toc-toc etica del giornalismo? Se ancora ci sei, per favore, batti un colpo.

Cristina Autore

Giornalista. Nei miei sogni da bambina, quando giocavo a fare le interviste con il Cantatù. Nella testa e nel cuore, quando a 14 anni denunciavo quello che non andava a scuola sul giornale d’istituto. Sulla carta quando, a 21 anni, ho superato l’esame da Giornalista professionista all’ordine. Oggi, da 30enne, vivo di questo mestiere consumando le suole delle scarpe, l’inchiostro delle penne e facendo domande scomode a chiunque. Napoletana trapiantata a Roma da 10 anni. Ho svolto la mia gavetta in oltre 15 testate giornalistiche come Sky, Mediaset e Retesole e, negli ultimi 6 anni, ho lavorato full time a Montecitorio in qualità di addetta stampa per oltre 200 deputati. La mia passione più grande? Confezionare reportage e inchieste televisive. Sono #Naturalmentedeterminata e stacanovista, non per scelta, ma per istinto di felicità. Ho raggiunto alcuni dei miei obiettivi ma i sogni nel mio cassetto sono tanti e sgomitano tra di loro per uscire allo scoperto. Coltivo le mie amicizie con aperitivi e cenette improvvisate. Mi piace ballare da sola in casa con Alexa al massimo volume e nei corsi di gruppo in palestra. Organizzo tanti viaggi e, quando non posso partire, mi rifugio nei documentari Netflix immaginando di stare dall’altra parte del mondo. Amo la cucina e il cibo. Sono campionessa di comfort food, eternamente a dieta. Mi piace conoscermi e migliorarmi. Mi definisco ottimista, caparbia, buona d’animo e folle quanto basta per non arrendermi mai alle insidie della vita. “Ce la posso fare” è il mio mantra. Se fossi un oggetto sarei un martello pneumatico. Un animale, un picchio battente e tenace che scava a fondo la corteccia finché non scopre cosa c’è sotto.

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