Gravidanza ai tempi del Coronavirus: la lettera di una futura mamma

Gravidanza ai tempi del Coronavirus: la lettera di una futura mamma

Cara Tu,

ormai manca davvero poco e poi ci guarderemo in faccia e, finalmente, tutto quello che ho pensato e vissuto in questi mesi, potrò dirtelo dal vivo. Senza queste lettere sceme senza nome o con la pancia di mezzo.

Nascerai nel bel mezzo di una pandemia.

Lo sai che cos’è una pandemia, sì? È quando una cosa inaspettata, in questo caso un virus fastidioso, cattivo e pauroso, si espande in tutto il mondo, piano piano, in modo subdolo e blocca tutti, ma proprio tutti. E, infatti, non so se te ne sei accorta, ci siamo bloccate anche noi.

Marzo e aprile sono stati pessimi. Una continua sveglia, con un occhio aperto e uno chiuso, con la flebile speranza di poter dire: “è stato solo un brutto sogno”. Serate buie, cupe, a guardare in tv le peggio notizie che arrivavano dalle zone d’Italia più colpite e a non prendere sonno la notte, con l’odore dell’alcol (non quello degli spritz), ancora nelle narici. E poi di giorno, a scriverle quelle notizie, con il terrore di diventare oggetto delle news e non più solo firma in calce. Perché questo impone questo mestiere: di non fermarsi, di non avere paura, di continuare ad esserci nonostante tutto. Nonostante l’ansia, nonostante la pancia che cresce, nonostante la stanchezza, le cose che non vanno, che vorremmo cambiare ma non possiamo, perché non dipendono da noi. Ma parlare di femminismo oggi pare sia un po’ “agée”, quindi almeno per il momento lo eviteremo. Però, ahimè, non c’è nessuno a dire “grazie”, anzi, piuttosto il contrario.

Ma noi andiamo avanti, perché “siamo donne, oltre le gambe c’è di più”.

E se potessi insegnarti tutto in uno sguardo, dal primo momento in cui ci guarderemo, ti insegnerei a non arrenderti, a non darla vinta a chi hai intorno, a rialzarti sempre e a non avere paura di essere ciò che sei. Mai. Neanche quando le condizioni sono avverse e vivi sotto una nube nera come quella di una pandemia, sanitaria ed economica.

E quando si scombussolano i piani così, intorno diventa tutto un grande, enorme, casino.

“E come si fa?”, dirai tu

Eh, bella domanda mia cara Tu. E non pensare che io ci riesca sempre. Perché è quanto di più lontano ci sia dalla realtà.

Probabilmente, tra un colpo da karate kid e l’altro, avrai sentito qualche lacrima, un po’ di grida e l’ansia che si muoveva strisciando nello stomaco perché tutto, in certi momenti, sembrava andare nella direzione sbagliata.

Questa primavera è stata davvero maledetta, come diceva una canzone anziana già adesso, figuriamoci quando crescerai tu. Maledetta perché ci ha tolto praticamente tutto, lasciandoci giusto un paio di cose di cui, onestamente, non si sentiva il bisogno: la stanchezza e la cattiveria. La stanchezza di essere impotenti di fronte agli eventi e la cattiveria che deriva dalla frustrazione. E spero che le abbiano esaurite tutte qua fuori queste due fighissime caratteristiche, così da non dovertici relazionare tu. E se dovesse capitarti? Beh, un giorno riderai e giorno forse prenderai tutti a parolacce, fa’ un po’ quello che ti senti.

Ma l’indifferenza no, quella mai.

Fatti sentire, sempre. Sennò qualcuno potrebbe dubitare tu sia davvero mia figlia. E sinceramente, dopo non aver mangiato prosciutto crudo, né bevuto alcol per 9 mesi, un po’, lo ammetto, mi dispiacerebbe.


Però, mia cara Tu, ci pensi mai a quanto siamo fighe? Siamo cresciute (sì, non solo tu) nel bel mezzo di una pandemia. E non la sottovalutare ‘sta cosa, eh, perché c’è chi in questi mesi non ha retto e ha svalvolato di brutto. Noi no. Tra una serata cupa, una settimana santa triste, la mancanza fisiologica d’aria e poi il mare, le ecografie insieme con la mano in faccia a fare la sciantosa, le pareti rosa, i fiocchetti e la speranza, siamo andate avanti, dritte come un treno.

A volte siamo più fragili e altre più forti, ma sicuramente più toste. E, neanche a dirlo, lo sai che ‘sta cosa, a quelli più sfigati, fa un po’ paura? E sì, è la soddisfazione più grande e nessuno ce la potrà togliere, mai.

Martina

Sono Martina, ho 35 anni e da circa 10 provo a fare la giornalista a Lanciano, in Abruzzo, in provincia di Chieti. Non so se mi riesce bene, ma di sicuro mi appaga. Tra poco, a completare la mia vita e ad appagarmi ancora di più, arriverà la mia “cara Tu” e insieme a papà Angelo che, come me, ha un lavoro meraviglioso e senza orari, siamo pronti ad accoglierla al meglio. Incasinati, impauriti e super felici. E anche questo, nessuno ce lo potrà togliere, mai. 

distantimaunite

Magazine digitale di intrattenimento. #unpezzoallavolta selezioniamo storie e interviste per raccontarvi il mondo, a modo nostro. "Non chiederci perché siamo uguali, scopri perché siamo diverse".

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