Una terapia a quattro zampe

Una terapia a quattro zampe

Il cane è il migliore amico dell’uomo. Quando sei felice, è felice con te. Quando sei triste, anche lui lo è. Il cane è un ottimo compagno di vita: passeggiate immersi nel verde, gite fuori porta e chi più ne ha più ne metta. Avere un cane ti porta a dover rispondere a tutte le responsabilità che ne derivano. Non è un gioco, bisogna prendersi cura di lui con lo stesso amore che si darebbe ad un figlio. Capita di avere delle giornate “no”. Loro spesso diventano un motivo per andare avanti nei momenti meno felici. La presenza di un cane, ma anche di cavalli, asini e tanti altri animali, è importante per favorire il processo terapeutico nei pazienti.

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Parliamo dunque di Pet Therapy, denominata anche Animal-Assisted Therapy (AAT), la quale è una pratica terapeutica che sfrutta i benefici della relazione tra uomo e animali. Questa interazione stimola la sfera emozionale dell’individuo. Inoltre promuove il benessere psico-fisico della persona. Il termine Pet Therapy fu utilizzato per la prima volta negli anni sessanta dallo psichiatra statunitense Boris Levinson. Aveva notato l’effetto benefico che il suo cane Jingles produceva su un paziente con disturbo dello spettro autistico. 

I benefici della Pet Therapy sono innumerevoli. Tra questi c’è l’abbassamento della pressione sanguigna, la promozione del pensiero positivo dell’individuo, la riduzione dei livelli di stress e di solitudine, lo sviluppo dell’empatia. La Pet Therapy si fa spazio tra i vari reparti ospedalieri, ad esempio in pediatria. Il rapporto bambino-animale favorisce la riduzione dell’ansia, l’aumento del senso di cura del bambino nei confronti dell’animale e rende più accoglienti gli ambienti ospedalieri stessi. Abbiamo numerosi studi svolti dall’Ospedale Infantile Meyer di Firenze, al quale si devono le prime applicazioni di tale terapia in ambito oncologico, e non solo.

Un altro esempio di Pet Therapy è l’ippoterapia, anche detta Terapia con il Mezzo del Cavallo (TMC). Una terapia effettuata grazie alla presenza del cavallo che migliora lo stato di salute psicofisica dell’individuo. Questo approccio terapeutico si è rivelato efficace soprattutto nel trattamento di persone con disabilità. Nei casi di paralisi cerebrale infantile, autismo o sindrome di Down. Il cavallo è da sempre considerato un animale estremamente sensibile e dotato di grande intelligenza. Il primo a parlare di equitazione a scopo terapeutico fu Ippocrate, che consigliava l’ippoterapia ai suoi pazienti per curare l’insonnia.

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L’ippoterapia attraversa quattro fasi. Il maternage nel quale persona ha un primo approccio con il cavallo guidato dal terapista. Di seguito, l’ippoterapia propriamente detta. Il terapeuta somministra degli esercizi terapeutici al soggetto. La fase della riabilitazione equestre. Una fase avanzata del percorso in cui il paziente controlla il cavallo attraverso le proprie azioni. Per ultima, la fase del re-inserimento sociale. Questo è il punto di arrivo desiderabile.

I benefici dell’ippoterapia sono innumerevoli. Dal punto di vista fisico, lo sviluppo del tono muscolare, il miglioramento delle capacità motorie. Risultati soddisfacenti si ottengono anche dal punto di vista psicologico. Migliora l’autostima, riduce l’ansia. Migliora la capacità d’attenzione e la comunicazione. Inoltre, promuove l’autonomia del paziente.

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“C’è qualcosa nell’esteriorità di un cavallo che si attaglia all’interiorità di un uomo.” Winston Churchill.

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Sara Di Siena

#IrrefrenabilmenteAriete

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