“Maledetta sfortuna”, il libro di Carlotta Vagnoli per riconoscere e combattere la violenza di genere

“Maledetta sfortuna”, il libro di Carlotta Vagnoli per riconoscere e combattere la violenza di genere

Per la prima volta in un anno di articoli, oggi metto da parte il mondo della sostenibilità per entrare in quello della violenza di genere. Lo faccio perché voglio parlarvi di un libro che ho divorato in due giorni e che tuttə dovrebbero leggere.

Il testo in questione è Maledetta sfortuna di Carlotta Vagnoli.

CARLOTTA VAGNOLI

Carlotta Vagnoli è una giornalista, scrittrice, autrice, femminista, attivista e divulgatrice. Esperta di violenza di genere, in questo ambito porta avanti da anni il suo lavoro di sensibilizzazione, formazione e prevenzione. Lo fa scrivendo, ma lo fa soprattutto parlandone. Ne parla infatti nelle scuole, dove dal 2017 tiene corsi e lezioni, per far riflettere ed educare le fasce più giovani della società sulla violenza di genere, il tema del consenso, la rape culture, la cultura patriarcale e tutto ciò che ne concerne.

E lo fa attraverso i mezzi di comunicazione oggi più potenti: i social media. Il suo profilo IG è seguito da più di 273mila persone, tra le quali ovviamente ci sono anche io. Se non la seguite, vi invito caldamente a farlo, perché Vagnoli è, a mio parere, una delle comunicatrici  e dei comunicatori più preparatə, bravə e incisivə che ci siano in circolazione.

Ha infatti una proprietà di linguaggio che neanche se mi mangiassi lo Zanichelli intero potrei raggiungere. Ma quello che ancor più mi tiene incollata alle sue storie e ai suoi video è la sua capacità dialettica. Non solo è preparatissima in materia di violenza di genere, ma è anche chiara, concisa, determinata e molto persuasiva. E anche ironica e autoironica, il che non guasta.

LA VIOLENZA DI GENERE

Dalla sua storia personale, dalla sua formazione e dal suo lavoro nasce Maledetta sfortuna.

Uscito nelle librerie il 14 settembre, il testo affronta a 360̊ la violenza di genere, ossia la violenza esercitata sulle donne in quanto donne.

“Per violenza di genere si intende ogni atto di violenza fondato sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata”

(Dichiarazione sull’eliminazione della violenze contro le donne, Assemblea generale della Nazioni Unite 1993)

Secondo la Convenzione di Istanbul sancita dal Consiglio d’Europa nel maggio 2011 la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani.

Vagnoli parte dalla definizione stessa di violenza di genere e dall’analisi delle sue radici socio-culturali. Perché ricordiamolo ancora una volta: è la nostra cultura (patriarcale e sessista!) che legittima e normalizza la violenza, il possesso, il controllo, i giudizi e la colpevolizzazione nei confronti delle donne.

L’autrice punta i riflettori sugli stereotipi di genere e sulla rape culture per poi passare al vaglio le diverse forme in cui si manifesta la cosiddetta cultura dello stupro. Dal linguaggio sessista al cat calling, dallo stalking alla condivisione non consensuale di materiale intimo, fino ad arrivare al vertice della piramide, dove troviamo la violenza psicologica e fisica, lo stupro e il femminicidio.

Il femminicidio è la massima espressione del possesso e del controllo maschile, che ha come scopo finale l’annientamento totale dell’identità femminile. Ma è “solo” la punta dell’iceberg.

LA VIOLENZA DI GENERE È UN PROBLEMA CULTURALE

La violenza di genere è un problema strutturale, perché è legittimata e normalizzata dalla nostra cultura. Ecco perché è così difficile da riconoscere e da combattere. Perché è ovunque attorno a noi e dentro di noi.

Si fonda innanzitutto sugli stereotipi di genere, con cui ci nutrono fin da piccolə. Quegli stereotipi che educano i bambini alla forza, alla determinazione, alla competizione e al comandare. E le bambine all’ascolto, alla comprensione, all’accoglienza, alla cura e all’obbedienza. Quegli stessi stereotipi che poi portano a giustificare atti maschili violenti, perché “eh ma sono uomini” e a colpevolizzare le donne per tutto ciò che accade loro.

“Gli stereotipi, insomma, non fanno altro che rafforzare l’idea di una marginalità femminile, laddove la donna vive unicamente in una relazione subordinata all’azione maschile”.

(Carlotta vagnoli, maledetta sfortuna)

Il victim blaming, ossia la colpevolizzazione secondaria, è una violenza a tutti gli effetti, alla quale purtroppo sono sottoposte tutte le donne sopravvissute a una violenza (e non solo, direi in genere tutte le donne). Il che se ci pensate non solo è assurdo, ma soprattutto terribile!

Su questa solida base culturale si fondano tutte le altre tipologie del male, come le definisce Carlotta Vagnoli. Le molestie per strada o nel posto di lavoro, l’oggettificazione del corpo femminile, il divario salariale (gender pay gap) e la difficoltà per le donne a ricoprire ruoli di prestigio.

E poi il nostro caro e vecchio linguaggio sessista. Ben radicato in ognunə di noi e presente davvero ovunque. Dai libri scolastici ai mezzi di comunicazione, dalle pubblicità al nostro linguaggio quotidiano.

COME RICONOSCERE, RIFIUTARE E COMBATTERE LA VIOLENZA DI GENERE

Come spiega Vagnoli nell’ultimo capitolo di Maledetta sfortuna, la buona notizia è che se ne può uscire! Lo possono fare le survivors, ossia le donne che sono sopravvissute alla violenza maschile, e lo possiamo fare tuttə noi.

La violenza di genere si può riconoscere e rifiutare e anche combattere. Lo possiamo fare ogni giorno, anche nelle piccole cose. Come ad esempio stando attentə alle parole, distruggendo luoghi comuni e stereotipi e prendendo coscienza di quelli che in gergo tecnico si chiamano campanelli d’allarme. Perché per rifiutare la violenza bisogna prima di tutto riconoscerla.

Possiamo farlo inoltre ascoltando, credendo e accogliendo le donne che denunciano una violenza.

E poi è fondamentale lavorare sulla prevenzione, attraverso la sensibilizzazione e la formazione dei e delle più giovani. Per creare una società più giusta e libera, dove il rapporto tra donne e uomini sia basato davvero sul rispetto, il consenso e la parità.  

SEGUI DISTANTI MA UNITE! Non dimenticarti di seguire le nostre pagine social Facebook e Instagram. Se ti è piaciuto l’articolo lascia qui di seguito il tuo commento e partecipa al nostro sondaggio, perché: La tua opinione conta.

Eloisa Dal Piai

Ciao a tutt* io sono Eloisa, Green-tosa in questo blog e nella vita. Sono nata e cresciuta a Padova, ma romana di adozione e di cuore. Vivo a Roma dal 2011 e amo questa città follemente, nonostante tutte le sue criticità. Ma io adoro mettere ordine nel caos e forse per questo anche amo vivere qui, tra storia antica, bellezza architettonica, traffico, buche, parchi immensi, caciara e il mare a 2 passi. Lavorativamente ho fatto di tutto: animatrice, babysitter, barista, assistente alla regia e insegnante di teatro, speaker giornalistica, redattrice e conduttrice radiofonica. Lavoravo nel mondo dello spettacolo, ma ho capito che non faceva per me. Sono troppo vera e genuina per quell'ambiente. E così, come faccio spesso, ho invertito la direzione della mia vita e ho cambiato strada. Perché finalmente ho capito cosa voglio: voglio alzare la voce, lottare per ciò in cui credo, fare la differenza e portare ben-essere nel mondo. Il tutto con il sorriso e tanto entusiasmo. Sono un'attivista, ambientalista e femminista, faccio volontariato e lavoro nel campo del sociale. Amo mangiare, stare in mezzo alla natura, ridere, leggere e continuare a studiare e scoprire sempre cose nuove. Vivo a colori! Il mio scopo nella vita: essere felice e portare felicità!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *