Confessioni di un’influencer pentita

Confessioni di un’influencer pentita

“Mamma, papà, da grande voglio fare l’influencer”.

Silenzio. Panico.

Tranquilli. Mia figlia ha “solo” cinque anni e al momento i suoi desideri per il futuro si limitano a: “domani possiamo andare al parco giochi?”. Se io e mio marito, al momento, siamo al riparo dalla tempesta, sono molti i genitori di figli adolescenti che oggi rischiano di vivere davvero questa scena.

Influencer: personaggio di successo, popolare nei social network e in generale molto seguito dai media, che è in grado di influire sui comportamenti e sulle scelte di un determinato pubblico” 

Il successo e la popolarità. Facili e senza sforzo. Grandi guadagni. Vita ricca e divertente. Libertà di dire e fare.

Ma è davvero tutto oro quel che luccica?

La risposta è NO. E di fatto, udite udite, anche le influencer si pentono.

Quando la crescita del numero dei followers da potere inebriante si trasforma in ossessione. Quando vero e verosimile si fondono e il filo tra vita “privata” e social diventa così sottile da spezzarsi, può accadere che improvvisamente il paradiso si trasformi in una discesa agli inferi.

Oggi i social sono in grado di spostare opinioni, consumi e gusti. Sono potenti.

Ammettere di esserne stata vittima e protagonista e decidere di svelarne i retroscena, senza peli sulla lingua, è fatto quantomeno raro.

Il telefono era un prolungamento del mio braccio: era impensabile per me vivere senza che tutto venisse ripreso

Federica Micoli

Federica ha trovato il coraggio di confessare. E lo ha fatto, a parer mio, nel momento giusto. 

Quello in cui ormai ognuno di noi, chi più chi meno, giovane, adulto o anziano che sia, è invischiato, anche solo come spettatore, nelle dinamiche social. Nel bene e nel male. Sagge eccezioni escluse, ovviamente (come il caso dei mariti delle qui presenti intervistatrice e intervistata).

In pochi sanno cosa si nasconde realmente dietro al mondo patinato di chi, forte delle proprie migliaia di followers, viene definito Influencer.

Per rendere credibile questo libro io dovevo raccontare il modo in cui ci ho sguazzato

Federica micoli

“C’è stato un tempo in cui il mondo dei social media era una landa rigogliosa e sterminata, traboccante di risorse. Era una terra libera, che aspettava solo di essere conquistata. Era un gioco entusiasmante, e di tutti i sentimenti umani l’entusiasmo è quello che più favorisce l’unione e la condivisione.”

Federica Micoli – Confessioni di un’influencer pentita

Federica Micoli esordisce così nel suo libro che, non a caso, porta il titolo di “Confessioni di un’influencer pentita”.

Lo leggo tutto d’un fiato. In una sera soltanto. E il giorno dopo la contatto per organizzare questa intervista.

Capitolo dopo capitolo ho scoperto una Federica Micoli inedita ai miei occhi. Io non l’ho mai conosciuta ai tempi della sua “carriera” di influencer. Quando un paio d’anni fa, in pieno lockdown, ho cliccato il fatidico “segui”, il mio follow l’ho messo ad una “digital strategist”, professionista che, da quello che avevo letto e ascoltato, mi avrebbe potuto aiutare ad affinare tecniche e strategie per gestire i social a livello soprattutto lavorativo.

I suoi corsi, i famosi “bootcamp”, sono stati guida e faro nel mio personale percorso professionale di perfezionamento come social media manager. Federica mi ha convinto a investire su di lei con la sua verve, la sua passione, la sua competenza nel settore.

Ecco. Io una Federica Micoli, nella veste della più classica e banale influencer proprio non me la sarei immaginata. E invece eccola qui. Tra le righe di un libro che si rivela essere uno dei vademecum migliori per chi avesse desiderio di intraprendere in maniera seria questa professione che, se fatta con tutte le accortezze del caso, è rispettabilissima come le altre.

Scrivere questo libro mi è costato tanto, tantissimo, mi confida Federica, al punto che in più di un’occasione sono stata tentata di mollarlo. E ad un certo punto l’ho anche realmente abbandonato.

Inizialmente l’idea era quella di scrivere una sorta di manuale. Ma non era quello che volevo davvero. Io volevo cogliere l’occasione di raccontare quello che succede veramente nel “backstage”.

Ma dal dire al fare…

Ci sono stati di mezzo i numerosi attacchi subiti da un gruppo di influencer, nello specifico mamme blogger (“mamme influ”) arrivate in massa a criticarmi sotto i miei reel dove avevo iniziato a spiegare/svelare alcune determinate cose sul mondo dei social. A quel punto ho iniziato a chiedermi se fossi davvero sicura di volermi mettere a nudo e, nel dubbio, ho messo il libro in stand-by. Ma una vocina nella mia testa continuava a dirmi che “dovevo” scrivere se non altro per dare un messaggio utile a far capire a quante più persone possibile come funziona davvero questo mondo. Perché tanta gente è seriamente convinta che sia tutto oro quel che luccica. Ci sono genitori che combattono con figli adolescenti che non vogliono studiare perché vogliono fare gli influencer. E ci sono tante donne, ma anche tanti uomini, che vivono male i social provando frustrazione, invidia.

“La serenità e l’equilibrio tra vita privata e lavoro di cui tanto mi ero riempita la bocca era sempre più un miraggio”

Federica Micoli – Credits Angelo De Marchis

Federica si tuffa nell’oceano del web nel 2014. Lascia il suo lavoro di manager, apre il blog Closette e inizia a farsi conoscere condividendo consigli di life-style. Ben presto arrivano i primi regali dai brand e con il passare dei mesi e l’aumento della visibilità anche le prime collaborazioni retribuite. 

Tutto molto bello, all’inizio. Soprattutto la popolarità, che nasconde però una grande insidia: ti rende schiavo. Giornate scandite dalla ricerca ossessiva di contenuti originali da pubblicare, l’ansia da like e da visualizzazioni, la dipendenza dal telefonino, la paura di perdere followers…

Quel mondo luccicante per Federica diventa una prigione, dove conta solo esserci sempre e comunque, mostrando un’immagine di felicità e perfezione.

Mettermi a nudo completamente è stata la parte più difficile perché comunque raccontare di essere arrivata al punto di chiamare uno psicologo, di ammalarmi, di non avere più una vita, di aver comprato i followers, di aver usato i bot…ecco io non credo esista un’altra persona sui social che abbia ammesso una cosa del genere. E non credo lo farà mai. 

Per Federica quella quotidianità costantemente mediata dalla migliore narrazione di sé da offrire al pubblico inizia ben presto a diventare un incubo.

Il buongiorno che davo al mattino sui social era diventato ormai più che abitudine, ossessione. Era diventato un incubo il dover alzarmi dal letto, infilare la maschera e fingere di essere la donna più felice e allegra del mondo. Forse il punto di rottura definitivo, mi racconta Federica, è stato al Festival di Venezia. Lì mi sono resa conto che stavo diventando qualcosa che non ero e che non volevo essere. (Leggi il capitolo del libro Confessioni di un’influencer pentita: “Il nulla in fondo al “redcarpet”).

Un’esposizione della mia vita h24 era la cosa più lontana dai miei reali desideri. C’è gente che supera ogni limite della privacy in cambio della visibilità. Ma tra quella gente non c’ero e non ci sono io.

Uno sguardo pungente, ironico, lucido quello di Federica, su un mondo che punta sullo spirito di emulazione e sul voyerismo per cui: più fai vedere, più la gente avrà voglia di seguirti.

Nel suo libro la Micoli svela retroscena inediti.

Eventi patinati con tavoli suddivisi tra “chi ha la spunta blu” e chi no. Persone (o personaggi) che ostentano autisti privati, salvo poi non aver i soldi per pagarsi i lavori dell’idraulico a casa. Donne e uomini alle prese con feroci battaglie di visibilità. L’incoerenza e l’opportunismo di chi “un giorno predica un’alimentazione vegana” e l’altro giorno “promuove il prosciutto”. L’ostentazione sfrenata del proprio stile di vita. Senza più limiti di privacy, senza vergogna di mettere in pasto al pubblico i propri figli minori o, peggio, malati, anzi il più delle volte facendone strumento per ottenere qualche like in più.

Una landa affollata in cui è l’esasperazione a farla da padrona. Avere un’opinione su tutto. Fotografarsi nei resort più belli o nei ristoranti più stellati. Scegliere la vacanze in base a quanto siano instagrammabili i posti.

Esserci sempre. E parlare anche quando e anche se non si ha nulla da dire. Con l’obiettivo di fare una narrazione di sé e della propria vita che sia il più entusiasmante possibile.

I rovesci della medaglia sono tanti. E spesso li si nasconde agli occhi della propria community.

A Federica va il merito di averli svelati, di averli messi e pesati sul piatto della bilancia: gli attacchi di ansia, per esempio. O il rischio di essere stalkerato dai tuoi followers.

Io non mi sono mai ritenuta un personaggio famoso e non lo sono. Quindi mai avrei pensato mi potesse capitare un episodio del genere. Nonostante io abbia sempre evitato di condividere la mia vita privata, un giorno ho commesso la leggerezza di geolocalizzarmi in un posto e questa persona mi ha seguito. Ho dovuto rivolgermi ad un avvocato per tutelarmi. Ho provato prima rabbia, poi tanta paura. Per la mia stessa incolumità, per la mia privacy e per quella di mio marito. Per giorni sono andata in giro guardando costantemente nello specchietto retrovisore.

Dobbiamo sempre tenere a mente che, nell’esatto momento in cui condividiamo un contenuto su Instagram o su un social in generale, ne perdiamo il controllo: quel post potrà arrivare a persone equilibrate ma anche a chi vede i social come una cloaca per le proprie frustrazioni. Questo naturalmente non giustifica determinate azioni o persone (ricordiamoci che lo stalking è un reato) ma è un tema da non sottovalutare e sicuramente da non prendere alla leggera.

Rendere i social un posto migliore

Oggi la community che segue Federica Micoli è cambiata.

Il cambiamento da influencer a digital strategist ha comportato inizialmente una drastica riduzione in termini di numero di followers. Ma la mia oggi è diventata una community di qualità. Non ho praticamente quasi più haters. La gente che mi segue è molto predisposta al dialogo. 

Federica ha un obiettivo: contribuire a rendere i social un posto migliore.

Vanno ritenuti uno strumento dei tanti da utilizzare. Con una regolamentazione e soprattutto l’obbligo del fornire un documento d’identità per poter aprire un account. Passare meno tempo sui social e viverli come uno dei tanti strumenti senza farsi risucchiare. E ricordarci che non è tutto oro quel che luccica. Nessuno è immune all’invidia e alla frustrazione. E Instagram sotto questo punto di vista è tossico. Va ridimensionato e vanno promosse normative che facciano in modo che la gente si dia una regolata.

L’Italia potrebbe, per esempio, seguire la scia della Francia che, proprio ad inizio giugno, ha approvato una legge che regola l’attività degli influencer, per evitare abusi e soprattutto fissare una serie di paletti da non oltrepassare. La norma prevede il divieto per gli influencer di promuovere “prodotti o pratiche pericolose”, come la chirurgia estetica o i prodotti che contengono nicotina, e fissa una serie di misure per regolamentare un mercato che negli ultimi anni è cresciuto rapidamente.

C’é bisogno di una deontologia anche di questa professione, se vogliamo considerarla tale. 

Sempre la Francia ha dato il via anche alla lotta allo “sharenting” (unione delle parole “sharing” e “parenting”), termine che indica la condivisione sui social di immagini dei familiari, soprattutto dei figli minorenni.

“Si stima che un bambino appaia in media in 1.300 fotografie pubblicate online prima dei 13 anni, sui propri account, su quelli dei genitori o dei famigliari”, ha scritto il deputato francese Bruno Studer nella proposta di legge, citando un rapporto del 2018 del Children’s Commissioner for England.

Ma un altro modo di vivere i social è possibile. Come?

Basta imparare a riconoscere chi vuole lanciarti fumo negli occhi ed evitare di farsi accecare. Parola di un’influencer pentita.

#CaparbiamenteSognatrice

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Elisabetta Mazzeo

Elisabetta, classe 1981. Ogni 18 anni un cambiamento. Prima la Calabria, poi Roma, ora Zurigo. Domani chissà. La mia sfida quotidiana? Riuscire nell’impresa di essere contemporaneamente mamma, moglie, giornalista, scrittrice e ora anche blogger. Ore di sonno: poche. Idee: tante. Entusiasta, curiosa, caparbia, sognatrice. Scrivere è un’esigenza. Una lunga gavetta nei quotidiani e nelle tv locali, poi l'approdo come inviata di Sport Mediaset. Non ho dubbi: il mio è il mestiere più bello del mondo. Una passione prima che un lavoro. Oggi ricopro l'inedito ruolo di vicedirettore a distanza di Retesole, l’emittente che mi ha visto crescere umanamente e professionalmente. Divoro libri e due li ho anche scritti, mi nutro di storie di sport, ma non solo. Scatto e colleziono foto, mi alleno quanto basta per non sentirmi in colpa e in compenso macino chilometri armata di scarpe da ginnastica e passeggino. L'arrivo delle mie due figlie ha rimodulato le priorità della mia vita. E adesso è con loro e per loro che continuo a mettere le mie passioni in campo. #CaparbiamenteSognatrice

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