Alex Zanardi e il senso della fragilità

Alex Zanardi e il senso della fragilità

Il senso della fragilità per Alex Zanardi, una riflessione che attraversa il tempo.

(…)

Ho sempre avuto una passione viscerale per il mondo delle corse: visti con gli occhi una bambina degli anni ‘80, i piloti erano davvero l’anello di congiunzione con i supereroi. I rischi erano altissimi, le protezioni minime e la loro abilità ancora un passo più in là del valore intrinseco della macchina.

Agli inizi della mia carriera, come giornalista, quel mondo l’ho rincorso e in parte anche raggiunto: ho avuto la fortuna di conoscere piloti del calibro di Michael Schumacher, Kimi Raikkonen, Sebastian Vettel passando per Max Biaggi o ancora un personaggio geniale come quello di Troy Bayliss (per chi non lo conoscesse la sua storia vale davvero la pena). 

Da un punto di vista della passione ho sempre preferito le monoposto alle moto, fatta eccezione per la superbike, dove si respirava un’aria diversa all’epoca e molto coinvolgente sulla pit-lane. 

In questa serie di avventure, il destino mi ha fatto incontrare anche Alex Zanardi, ma in questo caso non voglio tediarvi con dettagli già noti su quanto sia speciale, anche perché le emozioni sono un tesoro che spesso è meglio proteggere dentro di noi. Oggi con voi vorrei condividere un passaggio del suo libro, scritto insieme al dott. Claudio Marcello Costa qualche anno fa, sulla fragilità.

Oltre alla sua vicenda umana, che in queste settimane purtroppo è tornata a riempire negativamente i giornali, penso che la sua riflessione in questo senso valga per molte altre ‘tragedie’ quotidiane. Oggi è difficile fermarsi a pensare, perché andiamo sempre troppo veloci, ecco in questa prima vera settimana d’estate il mio invito è proprio questo. 

Prendetevi due minuti, rallentate, fatelo per voi.


Alex Zanardi estratto da:

Alex guarda il cielo 
Le fiabe degli eroi moderni
La Fragilità

Ci sono momenti nella vita in cui ognuno di noi può perdere le staffe e questo può accadere anche per ragioni futili, apparentemente prive d’importanza. ‘Il famoso punto di rottura’ che c’è in ognuno di noi e che non è una costante, perché cambia in funzione degli elementi che ci circondano e che possono farci interagire in modo diverso.

Il problema è che, se quando passiamo questo punto siamo soli con le nostre mani, al massimo facciamo un occhio nero al nostro interlocutore, ma se abbiamo una pistola in tasca? e anche se, con molto buon senso, siamo riusciti a tenerla li’ in tasca, convinti che non ne avremmo avuto bisogno nemmeno a scopo intimidatorio, ma poi scopriamo che il nostro amico mena le mani meglio di noi e l’occhio nero ce lo fa lui… non credete che in un attimo, pur senza averne l’intenzione, potremmo diventare degli assassini.

Io ne sono convinto ed è la ragione per cui da questo punto di vista sono molto poco democratico. L’uomo ha in sé una dose atavica di stupidità che è sempre latente e imprevedibile e per questa ragione non sarà mai pronto a simili diritti (detenzione d’armi, citata in precedenza facendo riferimento all’America, ndr).

(…)

Detto ciò, essendo io stesso un tipo abbastanza ‘focoso’, mi ha sempre incuriosito analizzare i comportamenti dell’uomo e capire le ragioni per cui certe azioni ci fanno compiere accelerazioni vertiginose verso il nostro punto di rottura. Nella vita ho praticato e praticato uno sport in cui sangue freddo gioca un ruolo fondamentale. Se guidi un’auto, al contrario di quanto accade in altre attività, un solo sbaglio può costarti la gara.

Voglio dire, nel tennis, per esempio un giocatore può fare un errore e, per la rabbia di averlo commesso, può rimanere mentalmente su quel momento perdendo la concentrazione necessaria a continuare il match nel modo giusto. Ma a dispetto di questo, il raziocinio, poi riprende il sopravvento, il giocatore rientra mentalmente nell’incontro e, se ne ha le capacità, può anche rimontare e vincere. Nell’automobilismo no. Nel nostro sport se tiri l’auto nel muro non è che puoi dire “oh, oh scusate, fatemi riprovare”…

Se tiri l’auto nel muro, nella migliore delle ipotesi non ti sei fatto male, ma hai perso la gara, creato un sacco di lavoro extra ai tuoi meccanici e per avere un’altra occasione devi aspettare la corsa successiva. Ebbene, non voglio dipingere i piloti come eroi, ma se il nostro mestiere è complesso per l’aspetto che ho appena spiegato, a tutto questo s’aggiunge un’aggravante; e cioè che l’automobile è di fatto uno degli strumenti più efficaci nel portare l’uomo al punto di rottura. Perché, infatti, sulla strada tanti di noi diventano dei leoni?

(…)

Ho visto persone dall’aria insospettabile assumere questi atteggiamenti (perdere il controllo al volante, ndr): signore che immaginavo tranquille casalinghe in trasferta per far compere, anziani appena usciti dal bar che un attimo prima sembravano solo tranquilli vecchietti. Ho visto padri di famiglia perdere il controllo di se stessi, inviperiti a dispetto del cattivo esempio e dei rischi a cui sottoponevano i figli seduti sul seggiolino posteriore della loro auto. Quindi se è possibile arrivare a questo,, se un uomo puo’ farsi dominare dall’ira fino a mettere da parte l’amore che nutre per un figlio, omettendo di garantirgli la protezione che merita, vuol dire che siamo veramente esseri molto fragili. A volte, il più delle volte, la passi liscia, ma ogni tanto la fragilità ti frega.


Dopo tanto tempo, queste parole di Alex Zanardi mi hanno di nuovo colpito e fatto riflettere. Il libro, edito da Fucina, è datato 2006.

Fate una proiezione di queste parole non solo sull’auto, ma sulla nostra vita quotidiana, su quanto avviene e sui social e pensate a quante volte raggiungiamo molto più facilmente il punto di rottura, forse perché spingiamo davvero troppo il piede sull’acceleratore delle emozioni.

Ad Maiora

distantimaunite

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *