Andrea, sei felice? – Viaggio nei pensieri di un bambino con Autismo

Andrea, sei felice? – Viaggio nei pensieri di un bambino con Autismo

Sono un bambino di sette anni, ho una sorellina, una mamma, un papà ed il mio nome è Andrea. Almeno è così che mi chiamano quando mi vogliono svegliare o quando è pronto da mangiare. Anche quando faccio qualcosa che non dovrei fare dicono “Andrea, questo non si fa”. Oppure “Andrea, vuoi la pasta?”.

A volte mi chiedo se basti un nome per rappresentare una persona. Sarà pure più rapido scegliere un solo nome per chiamarsi, però lo trovo limitante. Io per esempio non mi sento “solo un nome”, io sono molto di più. E loro lo sanno. E ci provano in tutti i modi a capire cosa c’è oltre quel nome, dentro quel nome e dentro di me.

Dentro di me c’è pace, ma è una pace diversa dalla loro. Credo che loro quella pace la chiamino caos. Ma come è possibile? Come fanno gli altri a sopportare la vista di un cassetto in ordine, a seguire un film dall’inizio alla fine, ad abbracciarsi per dimostrarsi l’affetto? Sto iniziando a capire che ci sono cose che posso fare e altre che non posso fare.
Quello che non ho ancora capito è perchè.

Le cose certe volte vanno male, ma certe altre vanno bene.
Poi ci sono le volte che le cose vanno proprio benissimo. Come quando sto al mare.

Ah quanto lo amo il mare! Quando sono lì sento solo il suo rumore, non sento più tutti gli altri suoni fastidiosi che mi confondono. Quando mi tuffo nell’acqua, in quella distesa d’acqua gigantesca, mi sembra di diventare mare, è incredibile! Forse è questa la sensazione che gli altri chiamano felicità?

Anche al parco mi diverto tantissimo perché posso correre liberamente e buttarmi sull’erba senza che nessuno mi dica “Andrea fai piano che sotto ci sono i vicini!”. Che poi non capisco, ma perché sotto l’erba non ci vive nessuno?

Buongiorno, Andrea

La mia giornata inizia piano piano. O almeno è così che dovrebbe iniziare secondo me, ma vedo che se fosse per loro partirebbero a razzo dal momento in cui aprono gli occhi. Quanto sono strani… meno male che con me stanno imparando a viaggiare ad un altro ritmo, se no impazzivano.

La mattina mi arrivano deboli suoni ovattati, il cuscino mi protegge le orecchie. La coperta mi tiene al sicuro. Sta per entrare papà.
Toglimi il cuscino dalla faccia, papà, chiamami piano piano. Poi accendi la tv a basso volume. I cartoni, mi raccomando, metti i cartoni animati così io sento loro e la tua voce insieme che mi chiama.

“Andrea, buongiorno…”.

Oh No! Papà ha acceso prima la luce! No, no, no, no, no! Pericolo! Emergenza! Aiuto! Papà! Prima la tv e poi la luce! Lo sai! Lo fai sempre! Perché oggi no?! Che succede oggi?!

Mi alzo arrabbiato. Devo giocare, devo sfogare questa agitazione. Il cassetto, apriamo il cassetto delle cianfrusaglie! Quanto ordine qui dentro! Perché tutti questi oggetti divertenti sono costretti a stare chiusi dentro un cassetto?! Adesso tiro tutto fuori, li libero! Anzi, lo rovescio direttamente sul pavimento! Bam! Ah… che sollievo! Ecco, ora va meglio.
Non guardarmi così papà, lo so che ti sembra strano, ma a me sembrate strani voi! Troviamo un compromesso: tu me lo lasci fare e poi io rimetto tutto a posto…

“Perchè questi oggetti divertenti sono costretti a stare chiusi dentro un cassetto?!”

In viaggio verso la scuola

Poi arriva il momento di uscire. È bello viaggiare in macchina. La musica mi rilassa. Dal finestrino posso vedere tutto e niente mi può raggiungere. La condizione ideale. Mi sembra di avere il controllo, riconosco la strada. Per esempio so che adesso papà girerà da quella parte per raggiungere la scuola.
Ah no? Perché non giri, papà? Non stiamo andando a scuola?! É esplosa la scuola? Dove stiamo andando? Mi vuoi forse portare dal parrucchiere?! Che sono tutti questi colori? E questi pazzi che vengono in senso contrario?! Oddio! Che cosa sta succedendo?! Adesso ti do due calci dietro lo schienale così capisci che stiamo sbagliando strada!

“Andrea, ti stai agitando? Non preoccuparti, è solo che stanno facendo i lavori e dobbiamo passare da quest’altra strada, ma stiamo andando a scuola, stai tranquillo”.

Eh, sì, tranquillo, come no?! Ma perché questi cambiamenti improvvisi? Perché?! Ma come fate voi a non agitarvi quando vi cambiano i programmi?! Boh.

Ma cos’hanno gli altri bambini?

La scuola mi piace. Cioè, non è che proprio mi piace, ma so che ci devo andare tutti i giorni, quindi ormai è un punto di riferimento. La maestra mi sta sempre vicino e questo mi dà sicurezza. La cosa che non capisco, però, è come facciano gli altri bambini a stare seduti tutto il tempo. Come fanno a girare le pagine del libro solo perché gli dicono di girarle?

L’altro giorno a ricreazione volevo giocare a pallone con due bambini. Allora sono andato da uno di loro e gli ho dato due fortissime pacche sulla spalla per dirgli che c’ero anche io, per fargli capire che volevo proprio tanto giocare con loro.
Lui però forse non l’ha capito perché mi ha risposto con una spinta come per allontanarmi. Ma come si fa a chiedere di giocare insieme? Possibile che siete tutti strani dentro questa scuola?!

Su duecento bambini non ce n’è uno normale come me? Siete tutti veramente troppo strani…

Certo però che vorrei tanto giocare con voi… uffa.
Sarei perfino disposto a usare i piedi per calciare il pallone come fate voi pur non essere escluso. E guardate che per me questo modo di giocare è difficilissimo.

Lo sapete io come farei? Prenderei la palla e la lancerei il più lontano possibile con le mani! Ah che liberazione! Ma a voi proprio non piace così, eh?
Ok, me ne vado, magari ci proviamo un altro giorno…

“Possibile che siete tutti strani dentro questa scuola?”

Ciao, mamma!

Quando sto a casa mi piace vedere i miei giochi in ordine sparso e casuale ed essere circondato dal mio caos. Loro non lo capiscono, lo so, infatti mi chiedono sempre di riordinare.
Da un po’ di tempo però mi permettono di lasciare tutto com’è e di mettere a posto una sola volta, la sera, prima di andare a letto. In questo modo ce la faccio, non vorrei lo stesso, ma così lo posso fare.
Sento il rumore delle chiavi nella serratura. È mamma! È tornata! Che bello, finalmente! Oddio come sono felice! Che faccio?! Vado di là, le vado incontro, sì! Ciao mamma, eccomi! Adesso ti do un pugno fortissimo nello stomaco così capisci quanto ti voglio bene e quanto sono felice di vederti!

Oh no! Mamma si è piegata e ha fatto una smorfia di dolore. Ho sbagliato! Di nuovo! No! Ora mi vergogno. Mi dispiace tanto. Le ho fatto male, forse era troppo forte, forse un calcio era più giusto? Non lo so, non lo so! Torno in cameretta e mi nascondo, non mi faccio vedere. Così forse scompare anche quello che ho fatto.

Valentina, tu sei speciale

Il mio cibo preferito sono le patatine. Mi piacciono un sacco le patatine! Questa mi sembra l’unica cosa che ho in comune con gli altri. Infatti quando le mangio me le chiedono tutti. E io non le do a nessuno. Ma non si possono prendere un pacchetto tutto per loro?

Anche Valentina, la mia sorellina, me le chiede sempre. Lei non è come gli altri bambini. Lei mi capisce un po’ di più. È come se fosse una bambina adulta perché non ha paura di me. Valentina è speciale, infatti a lei, quando me le chiede, se proprio insiste tanto, alla fine mezza patatina gliela do perché se lo merita.

Lei spesso mi chiede di giocare. Mi porta le sue bambole e mi dice: “Andrea, adesso vestiamole!”

Allora io ci provo. La guardo e faccio quello che fa lei. Solo che poi non resisto, prendo le bambole e le faccio volare perchè così mi piace di più. Le lancio in aria, lontano e in alto. Che bello! Valentina, giochiamo così! E’ più divertente!

Però lei piange e allora capisco che non è ancora capace a giocare come me, forse è troppo piccola. O forse anche lei è un po’ come gli altri… Ad esempio certe volte viene, mi abbraccia e mi dice “Andrea, ti voglio bene!”. Mah… che cosa stranissima!

Vi salvo io

Quando è quasi ora di tornare a dormire mi tocca mettere in ordine la cameretta, papà ci tiene.
Io non ho ancora capito perché, ma dopo che sistemo tutto lui sembra più felice.
Ci sono tante cose che non capisco in questo strano mondo così diverso da me.
Per fortuna c’è mio papà che me le spiega. Mi fa capire meglio cosa sta per succedere o cosa succederà domani. E allora così le capisco, forse non del tutto, ma di sicuro mi sembrano meno strane e fanno meno paura.


Che forza che è il mio papà! Lui è un gigante che mi salva sempre e vuole sempre sapere come sto. Lui e la mamma, appena vedono che mi diverto, che mi sento tranquillo o che gioco vengono da me e mi chiedono: “Andrea, sei felice?”
Io faccio sì con la testa perché è vero, sono felice: posso fare tutto quello che voglio e poi sto con loro e con mia sorella e questo mi piace.
Loro però me lo continuano a chiedere, me lo chiedono sempre! Mi preoccupano un po’ questi due… si sono fissati con questa cosa della felicità, mi sa che gli sta venendo l’ansia.
Dovrò lavorarci ancora un po’, chissà, magari quest’estate li porto al mare così si tuffano e diventano acqua pure loro. E gli passa tutto.


Andrea combatte ogni giorno per imparare sempre meglio a convivere con i Disturbi dello spettro Autistico. Se riesce a farlo è grazie all’amore dei suoi genitori e al prezioso supporto che gli viene dato da medici, terapisti, personale scolastico e volontari. Per questo ci uniamo ad Andrea e alla sua famiglia nel ringraziare queste e tutte le altre Associazioni che operano sul territorio per far crescere e divertire questi bambini attraverso terapie, gioco, sport e libri che costituiscono un faro per tantissime famiglie.

Associazione Batticinque

Centro TMA 8.0 – Trattamento Multisistemico per l’Autismo Roma

Steps Aba

Franco e Andrea

AIRRI Riabilitazione-Fisioterapia-Logopedia

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Martina Vassallo

Una passione, quella per la Comunicazione, e tanti strumenti diversi per attuarla. Dal giornalismo alla fotografia, passando per uffici stampa, videomaking e scrittura. Dopo la Laurea, la tessera da Pubblicista e gli anni da cronista, ho girato cortometraggi, spot e documentari. Per non farmi mancare niente, ho anche aperto un'attività nel wedding. In questo blog uso le mie esperienze per parlare di vita, sentimenti e ricerca interiore. Riflessiva, sì. Ma sempre con un pizzico di allegria, perchè per affrontare le profondità è meglio viaggiare leggeri.

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