La memoria e le macerie

La memoria e le macerie

“Chi ha provato il volo camminerà guardando il cielo, perché là è stato e là vuole tornare”

(Leonardo Da Vinci)

La signora Maria ha occhi piccoli e vivaci. E’ di statura bassa, ha il viso bruciato dal sole che evidenzia di più le sue rughe. Ha più di 70 anni e vive in una casa container a Poggio D’Api, una frazione del comune di Accumoli. Ci vive da quando, nel 2016, il terremoto ha spazzato via il suo paese. Mi guarda portando un cesto di biscotti che ha preparato per l’occasione: l’inaugurazione di un centro ricreativo ad uso della cittadinanza. Mi passa davanti e mi dice: ” Grazie, non sa quanto è importante per noi questa cosa qui”.

Centro ricreativo Accumoli – Area Solidarietà Alitalia Onlus

Il centro è stato realizzato dall’Area Solidarietà Alitalia Onlus e dedicato a mio padre. E’ per questo che io, mia madre e mio fratello siamo arrivati fin qui, in una caldissima giornata di un luglio che porta ancora i segni della pandemia da Covid 19.

Insieme alla signora Maria ci sono altre persone e un gruppo di colleghi di mio padre. Lui era un pilota di aerei ed ha dedicato la sua vita al volo. Quando ancora non sapevo bene quale strada intraprendere, fu lui a dirmi “Devi trovare qualcosa che ami fare, e ti sveglierai ogni mattina con la gioia di poter andare a fare il tuo lavoro. Così mai ti peserà e ti piacerà sempre”.

Papà ci ha lasciato quattro anni fa, circa 20 giorni prima del terremoto che ha distrutto Amatrice e dintorni. Durante la breve cerimonia che ha inaugurato il centro ricreativo, un gruppo di colleghi di mio padre lo ha ricordato. Hanno raccontato aneddoti ed episodi che lo ricordavano come persona e non come pilota. E l’emozione ha preso il sopravvento mentre parlavano di lui. E lì ho capito l’importanza della memoria.

Credo di averla sottovalutata negli anni, ma i gesti e le parole che facciamo in vita sono raccolti da chi sa farlo, da chi ha le capacità. Non è cosa da tutti. E’ come un passaggio di testimone durante una staffetta: bisogna non oltrepassare un determinato spazio senza arrivare troppo vicino. E l’altro deve allungare bene il braccio all’indietro per poterlo ricevere e partire al momento giusto.

Amatrice – Luglio 2020

Io di papà ho tante cose che mi fanno “memoria”: gli occhi chiari e la forma del viso; la piccola malformazione alle dita dei piedi che mi ha tramandato; il modo di ridere e questo “difetto” di dover sempre aiutare tutti. Pure chi non se lo meriterebbe. Mi vengono in mente tanti piccoli gesti, episodi, parole, sopratutto parole, che il mio cervello non cancella nonostante gli anni. Ricordo il suo odore, e miliardi di piccole cose che mi vengono in mente quando mi cade l’occhio sui suoi oggetti.

Ho memoria anche delle sue macerie. Degli ospedali, delle terapie intensive, dei respiratori e delle flebo attaccate. Del dolore provato in ogni forma umana possibile, delle lunghe attese fuori dai reparti, della sedia a rotelle che non entrava in ascensore, di quel bacio dato sulla sua fronte ormai fredda e di come gli stava bene la divisa da comandante pur stando dentro una bara.

Le macerie sono una parte della memoria che vorremmo cancellare. Chi non vorrebbe ricordare solo le cose belle! Invece, le macerie sono un’immagine fissa dentro la testa.

Amatrice – Luglio 2020

E mentre sono lì a cercare un modo per scacciarle via, almeno per un giorno, arriva la signora Maria, sorride perché ha capito cosa sto cercando di fare e mi dice:

“Ti faccio vedere le mie macerie. Sono laggiù”. Mi indica un punto preciso da dove si vedono ancora i segni del terremoto. “Certo, negli anni sono diminuite, ma guarda, il paesaggio è cambiato. Ora si vede un pezzo di cielo là dove prima c’era il campanile di una chiesa. All’inizio volevo a tutti i costi vedere il campanile. Poi ho imparato a guardare meglio: ora vedo il cielo con gli occhi e il mio adorato campanile con la memoria”.

Amatrice – Luglio 2020

[A Paestum] 23 marzo 1787. Finalmente, incerti, se camminavamo su rocce o su macerie, potemmo riconoscere alcuni massi oblunghi e squadrati, che avevamo già notato da distante, come templi sopravvissuti e memorie di una città una volta magnifica.“

( Johann Wolfgang von Goethe )

Paola Proietti

Classe '77, giornalista professionista dal 2008. Ho lavorato in radio, televisione e, vista l'età, anche per la vecchia carta stampata. Orgogliosamente romana, nel 2015 mi trasferisco, per amore, in Svizzera, a Ginevra, dove rivoluziono la mia vita e il mio lavoro. Mamma di due bambine, lotto costantemente con l'accento francese e scopro ogni giorno un pezzo di me, da vera multitasking expat.

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