Personal Digital Twin: pronti per il gemello digitale?

Personal Digital Twin: pronti per il gemello digitale?

Si parla sempre di più dell’introduzione delle macchine nel mondo del lavoro e nel nostro quotidiano. Ma siamo davvero pronti a dividere i giorni con il nostro gemello digitale?

Con “digitale twin” si intende una replica meccanica che riproduce alcune nostre azioni ripetitive che possono essere programmate. Oggi possiamo già parlare di “Personal Digital Twin” (gemello digitale personale) considerando che esiste già una replica digitale di ciascuno di noi realizzata tramite la nostra attività in rete.

Simpaticamente potremmo dire che oggi l’essere umano è fatto per il 60% di acqua e il resto di dati, divulgati più o meno consapevolmente sul web.

Gli studiosi confermano che è reale la possibilità di creare un alter ego per ciascuno di noi, anche se va abbassato il livello dei pregiudizi verso questo avanzamento tecnologico che non scavalcherà mai completamente il sapere umano.

Si è parlato di questi temi ieri nell’evento online “Personal Digital Twin: alter ego digitale e comunicazione” organizzato dalla FERPI – Federazione delle Relazioni Pubbliche Italiana (Delegazione Lazio). Illustri relatori, coinvolti in altrettanti progetti di ricerca che sfidano i limiti umani si sono esposti raccontando la visione del prossimo futuro.

L’evento si è svolto in collaborazione con l’Osservatorio TuttiMedia che ha svolto diverse interessanti ricerche di settore ed effettuato pubblicazioni.

Naturalmente si cerca di portare avanti ricerche che sfruttino i nostri dati a fin di bene. Ecco perchè anche l’Unione Europea ha lanciato il programma “AI for Good”.

L’intelligenza artificiale va conosciuta, governata e anticipata così da utilizzare i dati senza sacrificare sicurezza e salute soprattutto.

Ai relatori sono state fatte delle domande alcune delle quali riporto qui con le relative risposte:

Quale esperienza l’ha condotta a scrivere il libro “Oltre Orwell: il gemello digitale”?

Maria Pia Rossignaud, Direttrice della prima rivista di cultura digitale italiana Media Duemila: sono una giornalista, racconto storie. L’intento di questo pamphlet è quello raccontare una storia di divulgazione scientifica, sulla conoscenza dei sistemi complessi per renderli semplici per la comprensione di più persone possibile. Il mondo è un insieme di uomini, tecnologie e ambiente naturale che devono convivere. Consapevolmente.

Saremo capaci di gestire questi strumenti per il bene di tutti, se sì attraverso quali garanzie politiche e giuridiche?

Derrick de Kerckhove, Direttore scientifico di Media Duemila: l Personal Digital Twin di cui parliamo oggi è qualcosa di molto diverso dal gemello digitale creato per le macchine dall’ingegneria industriale. Quest’ultimo aveva a che fare con dati fissi e certi, il gemello digitale personale è qualcosa di liquido, non fisso perché deve rappresentare una quantità enorme di parametri che cambiano continuamente: una registrazione costante di movimenti, decisioni, persino di sentimenti. La differenza è anche nella direzione: attraverso questa rappresentazione dei suoi dati in rete è la persona che va verso il cyberspace. L’arrivo del gemello digitale nella cultura globale è una trasformazione epocale, significa esternalizzare le nostre facoltà, il nostro stesso sè.

Come si rispondere a questa sfida etica? Cosa è l’algoretica che lei propone?

Paolo Benanti, Francescano del Terzo Ordine Regolare, teologo esperto di bioetica e nuove tecnologie: possiamo pensare che la tecnologia sia neutrale? che non abbia conseguenze? No, va considerato assolutamente un dispiegamento di potere. Ogni algoritmo approva o ci nega l’accesso a qualcosa, possiamo dire che regola le nostre relazioni sociali. Come le città, così il digitale con i suoi parametri è la nuova forma di socializzazione. All’interno della nuova comunità digitale ci sono nuovi attori sociali, che sono gli algoritmi. Per esempio, nell’intelligenza artificiale l’algoritmo è uno strumento potente di previsione. Se applichiamo questo ai dati prodotti dagli esseri umani, esso produce un comportamento inevitabilmente. Cosa rimane della libertà umana? Come si formeranno le nostre future coscienze? L’algor-etica afferma che l’algoritmo deve essere trasparente per non rinunciare a ciò che la nostra cultura democratica ci insegna in termini di valori etici. Si propone quindi, tra l’altro, di rendere comprensibili alle macchine anche i principi dell’etica.

Qual è lo stato dell’arte di queste intelligenze e siamo in tempo a limitarne, se vanno limitate, le loro capacità decisionali lasciando quindi quello spazio alla sapienza umana da più parti invocato?

Daniela D’aloisi, Responsabile Area Servizi Digitali in FUB – Fondazione Ugo Bordoni: la necessità di limitare le iniziative delle macchine non è una cosa nuova. Già negli anni ’90 la Nasa faceva esperimenti di navicelle spaziali guidate da intelligenze artificiali che prendevano decisioni in modo autonomo. Oggi lo scenario dell’agente che decide autonomamente è molto più reale, ma il problema etico era ben presente fin dall’inizio. E’ un problema di conoscenza. Nell’algoritmo  c’è la sapienza umana che poi viene rielaborata dalle macchine. Stiamo parlando di un processo sistematico che viene imparato dalla macchina, che si alimenta comunque con la conoscenza che deriva dagli esseri umani. La svolta dell’intelligenza artificiale è che l’algoritmo apprende, tramite modelli computazionali, che non necessariamente imitano il cervello umano. Si consideri, in definitiva che il nostro gemello digitale sa fare quello che sappiamo noi, ma non sa fare quello che sappiamo fare noi. Non è infallibile!

Gli alter ego digitali potranno sostituire l’uomo nell’attività giornalistica?

Aldo Fontanarosa, giornalista: ci sono esempi in questo senso, come i conduttori di telegiornale virtuali molto diffusi in Oriente. Nella mia esperienza di giornalista e soprattutto di blogger ho sperimentato diverse applicazioni di intelligenza artificiale, anche sul modello di repliche digitali, alcune disponibili gratuitamente altre a pagamento, che sono senz’altro utili al lavoro di giornalista, per semplificarlo e per amplificarlo. Ho avuto notizia, però, anche di App che possono mettere a repentaglio il lavoro di chi si occupa di doppiaggio ad esempio, con doppiatori a cui è stato richiesto di firmare liberatorie all’uso della lovo “voce” indipendentemente dal loro ingaggio…

Quanto è importante aumentare la divulgazione, anche e soprattutto nella scuola, sull’intelligenza artificiale, prodotto umano apparentemente recente, ma sognato dalle menti umane da generazioni? 

Fiorella Operto, Co-fondatrice e Vicepresidente della Scuola di Robotica: l’intelligenza artificiale e il gemello digitali sono meraviglie utili. Pensiamo ad un settore come la sanità, per esempio, dove ci permettono di prevenire e intervenire su problematiche previste molto più velocemente. L’intelligenza artificiale comunque non è perfetta. Dobbiamo chiederci: perché una macchina dovrebbe essere migliore del suo programmatore? I robotici usano molto la simulazione, simulazioni che spesso sbagliano, quindi la decisione della macchina è, sarà, comunque passibile di errore. Potremmo fare una similitudine con i bambini, che usano lo smartphone seguendo regole semplici che non sono confacenti allo strumento che invece è molto più complesso. Quindi l’educazione al digitale, alla roboetica, alla robo-etica è fondamentale. Lavoriamo quindi perché sia appreso fin dalla giovane età che il tempo del digitale non è quello umano, lo spazio umano non è quello digitale, e soprattutto l’IO umano non è quello digitale!

Angela Tassone

Esperta di Comunicazione e Marketing. Componente della FERPI - Federazione delle Relazioni Pubbliche italiana. Socievole e inconsapevole accentratrice, cerca di indirizzare al meglio le proprie energie. E anche se ha imparato che nella vita le cose non si possono mai considerare definitive, il suo amore per la scrittura e i media non passerà mai.

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