Non è un Paese (e un mondo) per donne

Non è un Paese (e un mondo) per donne

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre) abbandono momentaneamente le vesti green per dare più spazio all’altra mia anima, quella femminista.

Qualche settimana fa ho pubblicato un pezzo su Maledetta sfortuna di Carlotta Vagnoli. Un libro da leggere, studiare e far girare il più possibile. Un testo alla portata di tuttə, che spiega in maniera chiara e diretta la violenza di genere.

LA VIOLENZA DI GENERE

Riprendiamo quindi le fila del discorso partendo proprio dalla definizione. Per violenza di genere si intende ogni forma di controllo, denigrazione, manipolazione, dominazione, sottomissione, ingiustizia, molestia, abuso compiuto ai danni delle donne, in quanto tali. Proprio perché donne.

Immaginate la violenza di genere come una piramide. Al vertice troviamo il femminicidio, ossia l’annientamento totale dell’identità femminile, attraverso l’uccisione fisica della donna. Subito dopo seguono la violenza fisica e lo stupro. Ma la violenza contro le donne non è solo questa. Queste sono solo le forme più visibili, più cruente, la uniche a scuotere ancora le coscienze. Esse però sono “solo” la punta di un iceberg enorme.

La piramide della violenza di genere (dal libro maledetta sfortuna)

Il gender pay gap (il divario di stipendio in base al genere), il catcalling, il linguaggio sessista onnipresente e gli stereotipi di genere con cui veniamo cresciutə fin da bambinə sono alla base della suddetta piramide. Forme di violenza contro le donne talmente tanto assimilate, normalizzate e giustificate dalla cultura patriarcale della nostra società da non essere né riconosciute come tali né di conseguenza criticate e combattute.

IL LINGUAGGIO SESSISTA NEI MASS MEDIA

Una delle tante forme di violenza che ogni giorno la cultura e la società patriarcali portano avanti ai danni delle donne è il linguaggio sessista e misogino dei mezzi di comunicazione. Come ad esempio tutti gli slogan e le immagini delle pubblicità che sessualizzano e oggettificano i corpi femminili. Uno scempio e una vergogna a cui abbiamo assistito per anni, ma che ora non saranno più possibili, grazie al decreto infrastrutture, approvato il 10 novembre alla Camera.  

Un’altra forma di violenza contro le donne riguarda la narrazione e il linguaggio usato dai mezzi di informazione. Parlo della sistematica cancellazione da parte di giornalisti e giornaliste del nome delle donne vittime di femminicidio (uccise così due volte). Al contrario del nome e cognome dell’assassino che spesso compaiono addirittura nei titoli. Ma anche della narrazione romantica che troppo spesso viene fatta quando viene uccisa una donna. Usare parole come raptus, gelosia, disperazione parlando del femminicida continua a mandare un messaggio distorto della realtà. La violenza e l’uccisione di una donna non sono un atto di amore (non corrisposto o disperato), ma sono la massima espressione di una cultura basata sull’idea che le donne siano di proprietà maschile.

NON È UN PAESE PER DONNE

Che non sia il nostro un Paese (e un mondo) per donne i mass media ce lo ricordano quotidianamente anche quando professioniste e specialiste, pluriqualificate, pluripremiate e con brillanti carriere avviate, vengono nominate nei titoli e articoli di giornali solo per nome e ponendo l’accento sul fatto che siano soprattutto madri o peggio ancora mogli di… .

L’omissione del cognome delle donne è infatti il tentativo sistematico di privarle del loro ruolo e spazio pubblico. Sottolineare che siano madri (o mogli) serve per tranquillizzare l’intera società patriarcale che anche se lavorano e fanno carriera, quelle donne hanno prima di tutto adempiuto alla loro primaria funzione sociale. E ovviamente sono proprietà di un uomo. Tutto a posto quindi, possiamo stare tranquillə, l’ordine delle cose non è minacciato.

A tali linguaggi e narrazioni, così care al giornalismo nostrano, si sommano casi più gravi come ad esempio le parole pronunciate in diretta televisiva da Alfonso Signorini contro la libertà e il diritto all’aborto e da Barbara Palombelli sulla colpevolizzazione delle donne vittime di violenza.

Tutto questo è violenza di genere e non fa altro che sostenere dal basso quella cultura dello stupro (rape culture) che sta alla base della nostra società. Se vogliamo eliminare la violenza contro le donne dobbiamo partire anche da qui.

#AppassionatamenteEcofemminista

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Eloisa Dal Piai

Ciao a tutt* io sono Eloisa, Green-tosa in questo blog e nella vita. Sono nata e cresciuta a Padova, ma romana di adozione e di cuore. Vivo a Roma dal 2011 e amo questa città follemente, nonostante tutte le sue criticità. Ma io adoro mettere ordine nel caos e forse per questo anche amo vivere qui, tra storia antica, bellezza architettonica, traffico, buche, parchi immensi, caciara e il mare a 2 passi. Lavorativamente ho fatto di tutto: animatrice, babysitter, barista, assistente alla regia e insegnante di teatro, speaker giornalistica, redattrice e conduttrice radiofonica. Lavoravo nel mondo dello spettacolo, ma ho capito che non faceva per me. Sono troppo vera e genuina per quell'ambiente. E così, come faccio spesso, ho invertito la direzione della mia vita e ho cambiato strada. Perché finalmente ho capito cosa voglio: voglio alzare la voce, lottare per ciò in cui credo, fare la differenza e portare ben-essere nel mondo. Il tutto con il sorriso e tanto entusiasmo. Sono un'attivista, ambientalista e femminista, faccio volontariato e lavoro nel campo del sociale. Amo mangiare, stare in mezzo alla natura, ridere, leggere e continuare a studiare e scoprire sempre cose nuove. Vivo a colori! Il mio scopo nella vita: essere felice e portare felicità!

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