Abitare con poesia il mondo. Serve ancora oggi?
Gli incontri “I THINK” di Ai Open Mind sono ripartiti sotto l’egida delle Arti, nello specifico la Poesia. Nell’evento online dello scorso 21 gennaio dal titolo “C’è Poesia e PoesIA – Una riflessione tra umanità e tecnologia”.
Perché la Poesia è legata allo studio dell’Intelligenza Artificiale in rapporto all’Uomo, alla Società e al suo sviluppo?
Parte da qui il dialogo tra Cristiana Freni, docente di Estetica, Filosofia del Linguaggio e Letteratura Italiana dell’Università Pontificia Salesiana, Michele Laurelli, CEO di Algoretico, e Michelangelo Tagliaferri, fondatore di Accademia di Comunicazione. Ha moderato Simonetta Blasi, consulente di comunicazione e docente presso Scienze della Comunicazione Sociale dell’UPS.
Esiste la possibilità altra che emerga attraverso le parole, una composizione diversa realizzata dall’Intelligenza Artificiale e/o con il suo supporto? E se sì, quale posto, storia e peso ha la Poesia oggi, in Italia, dove sembra ci sia poco spazio per i temi della cultura?
Cristiana Freni, parla di Poesia come di una di quelle esperienze del linguaggio cui è difficile abituarsi. Essa rappresenta uno dei linguaggi più antichi, precedente alla scrittura, avendo avuto una sua fase orale legata alle tradizioni dei miti. Si perde nelle nostre radici di tutte le culture come modo di indagare la realtà, il mistero delle cose e dell’umano.
Heidegger ricordava che il linguaggio poetico è il vero linguaggio della filosofia metafisica, e che “l’uomo abita poeticamente la terra”, espressione attribuita a Friedrich Hölderlin.
Abita la terra cioè in un modo che è capace di rinnovata meraviglia, di auscultare quello che la natura ci mette davanti attraverso l’occhio e l’orecchio di chi supera la soglia e la varca, per entrare nel sacro della realtà.
Se è vero il rapporto che la poesia rivela tra parola, suono, musica, ritmo, ascoltare quel ritmo, che è il ritmo della nostra vita, non può che implicare un approccio simbolico, verso il non conosciuto.
Sentiamo quella modalità d’essere del bios che consente a noi di vibrare verso quella ricerca di meraviglia, che poi chiameremo meraviglia quando ci consentirà di vedere (sentire) altro da quello che stiamo guardando, con l’uso di tutti i sensi.
La poesia si muove lungo un filo ininterrotto tra passato, presente e futuro e in un possibile futuro si innesta il lavoro di Michele Laurelli con PoAltry, il primo algoritmo ad intelligenza artificiale al mondo che scrive poesie in lingua italiana.
Lo studio è stato realizzato sfruttando una rete neurale artificiale cosiddetta “ricorrente”. Il progetto è reso disponibile gratuitamente con l’obiettivo di suscitare un dibattito sulla possibilità che un artista possa essere sostituito da una macchina.
Alcune delle poesie prodotte in questo esperimento sembrano effettivamente poetiche. Questo significa che esiste la possibilità di una espressione poetica prodotta da IA che abbia un respiro sentimentale, emozionale, che contenga dei semi di originalità?
Per Cristiana Freni sono componimenti che pur non avendo una struttura metrica, sono capaci di reattivizzare emotivamente. Non sono quindi solo poesia per l’intelletto, ma coinvolgono l’emotività.
Il problema sta nel fatto che questo buon esito lo è allo stesso modo di come potrebbe essere buono il risultato ottenuto da un bravo lettore di poesie che si cimentasse alla fine a sua volta.
Quindi, l’arte prodotta dall’IA è una provocazione. Può essere capace di scatenare emozione, ma non essendo espressione di una coscienza non sia vera poesia, resta una virtuosissima imitazione della poesia.
La risposta di Michele Laurelli risente di quello che è il lavoro di informatico che svolge, che gli permette di vedere nell’attualità della programmazione sempre più arte e sempre meno tecnicalità. Quindi in questo esperimento vede l’arte nella scrittura dell’IA ed eventualmente nella scelta da parte dell’IA delle poesie da rielaborare.
Il confronto problematico e ricchissimo di spunti e domande più che di risposte, si chiude facendo parlare un poeta: Eugenio Montale, con la poesia “Limoni”, tratta da Ossi di Seppia, nell’interpretazione di Nando Gazzolo.
Una poesia degli anni ’20 da un giovane poeta che mostra di comprendere come immortalare le cose proprio nel momento in cui stanno per abbandonarci, “per tradire il loro ultimo segreto”.
L’Uomo è un mistero e sul mistero non si può mai dire l’ultima parola.
La Poesia è la capacità straordinaria di aprire, di descrivere il mistero che siamo, il mistero in cui siamo immersi, il mistero che ci trascende. In questa poesia, nell’apparente banalità di una pianta di limoni, nel giallo e nell’odore di quei frutti, si nasconde lo stupore inaspettato, il richiamo a qualcosa di altro nell’esistenza di tutti i giorni.
Diana Daneluz, Consigliere della delegazione Ferpi Lazio.