AIR, da un’intuizione al sogno NIKE

AIR, da un’intuizione al sogno NIKE

Quelli che amano le belle storie di sport, non possono perdersi un film in uscita proprio in questi giorni sul grande schermo. “AIR – la storia del grande salto”, ovvero come il marchio NIKE divenne grande grazie all’intuizione di assoldare un giovane e ancora sconosciuto Micheal Jordan come testimonial. Rivoluzionando le regole di mercato e creando una scarpa e un simbolo che sono entrati nella leggenda.

Il grande salto

Il film, distribuito da Amazon Studios, è del regista Ben Affleck e interpretato da Matt Damon. Una coppia che abbiamo già imparato a conoscere, decisamente vincente. L’attore che interpreta Micheal Jordan non è mai ripreso frontalmente, ma sembra che proprio l’atleta abbia suggerito ad Affleck di prendere Viola Davis per interpretare la madre, vera regista dell’operazione che portò il figlio alla NIKE.

Siamo nel 1984. I più grandi colossi che producono scarpe in America sono Converse e Adidas. Quelle che tutti gli sportivi, soprattutto i giocatori di basket indossano. La Nike realizza soprattutto scarpe da corsa, ed ha un mercato che copre appena il 17% del Paese Insomma, la Cenerentola delle aziende sportive. Al reparto basket lavora Sonny Vaccaro, che va a caccia di atleti da sponsorizzare. E’ considerato un talento nel suo settore ed è proprio lui a convincere la madre di Michael Jordan a firmare un contratto di sponsorizzazione con la Nike, un fatto apparentemente marginale ma che ha condizionato il futuro dello sport e del marketing ad esso applicato.

Vaccaro ha l’intenzione giusta e con molta determinazione convince il capo e l’intero dipartimento basket a puntare tutto il budget annuale su un unico giocatore: un acerbo Micheal Jordan di cui però Vacccaro intuisce la grandezza. Il problema è che Micheal Jordan con la NIKE proprio non vuole parlare. Solo l’insistenza di Vaccaro, che fa pressione sulla madre, quella che prende le decisioni per il figlio, e la scarpa giusta creata ad hoc per Jordan fanno l’impresa.

Il film si staglia tra quello che è considerato il “sogno americano” e la realtà degli anni ’80 in fatto di sport e sponsorizzazioni.

La regia è eccellente, in fondo Affleck non si smentisce, e la storia bella. Asciutta nel racconto ma estremamente efficace che colpisce anche chi come me, non ha mai avuto una grande passione per il basket. Ma questa non è prettamente una storia di sport ma è l’evoluzione del merchandising legato allo sport. Una rivoluzione che inevitabilmente si riverserà anche su quelle che oggi sono le sponsorizzazioni.

Non è più il giocatore che è volto dell’azienda, ma è l’azienda che si modella intorno alla figura del giocatore.

Come dice la mamma di Michela Jordan nel film, per convincere Vaccaro ad introdurre nel contratto una percentuale sui guadagni delle scarpe firmate Jordan: “Una scarpa è solo una scarpa finché non la indossa mio figlio”

Tre dei quattro protagonisti del fil m AIR

#ostinatamenteEclettica

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Paola Proietti

Classe '77, giornalista professionista dal 2008. Ho lavorato in radio, televisione e, vista l'età, anche per la vecchia carta stampata. Orgogliosamente romana, nel 2015 mi trasferisco, per amore, in Svizzera, a Ginevra, dove rivoluziono la mia vita e il mio lavoro. Mamma di due bambine, lotto costantemente con l'accento francese e scopro ogni giorno un pezzo di me, da vera multitasking expat.

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