“Italia Paese per vecchi”: il virus e i superoi senza poteri

“Italia Paese per vecchi”: il virus e i superoi senza poteri

“Tanto muoiono solo i vecchi”.

Quante volte ad inizio pandemia abbiamo sentito questa frase? E quante ci siamo indignati e abbiamo sospirato pensando ai nostri nonni o ai nostri genitori. Già, perchè, soprattutto per gli Italiani, gli anziani non sono una semplice “fascia della popolazione” ma hanno il volto, le rughe, gli occhi dei nostri cari. Hanno il sapore delle ricette antiche, il profumo della loro acqua di colonia, il suono delle loro voci, delle loro inflessioni dialettali, il calore del loro abbraccio e della loro stretta di mano.

L’Italia è un Paese per vecchi

Stando al rapporto Istat 2019 il nostro è un Paese per vecchi, secondo al mondo per longevità soltanto al Giappone. Siamo lo Stato nell’Unione europea con la proporzione maggiore di over 64enni, il 22,6 per cento, contro una media del 19,7 per cento. E saremo primi pure in futuro visto che siamo sul gradino più alto del podio anche per quanto riguarda la percentuale di 50-64enni, il 37,1 per cento contro il 34,5 per cento medio.

E questo accade non solo per la natalità bassissima (nel 2018 sono stati registrati all’anagrafe nemmeno 500 mila bambini), ma soprattutto per l’alta aspettativa di vita proprio dei nostri anziani. Chi ha 65 anni in Italia può aspirare a vivere mediamente altri 20,9 anni. Solo in Francia e Spagna ci sono statistiche migliori, con 21,7 e 21,5 anni.

Questione demografica a parte, le morti degli anziani in Italia feriscono e commuovono un po’ di più che altrove perché i nostri “vecchi” sono al centro delle vite delle comunità e soprattutto delle famiglie.

“Il giovane cammina più veloce dell’anziano, ma l’anziano conosce la strada”

Proverbio africano

Effetto coronavirus sulla popolazione anziana in Italia

Prima che a Milano, Torino, Roma, il Covid-19 ha seminato morte in provincia, laddove gli anziani sono più concentrati e hanno più contatti con le generazioni più giovani: i nipotini che prendono a scuola, i figli 30enni o anche 40enni che ancora vivono con loro o accanto a loro.

Il protagonismo dei più anziani nella nostra società è quindi forse alla base dell’anomalia italiana nell’ambito dell’emergenza coronavirus.

Non oso pensare a quanti di loro si sono spenti senza avere la possibilità di essere salvati, a quanti non hanno avuto il saluto che meritavano, a quanti non hanno potuto abbracciare i propri cari prima di passare a miglior vita. 

Supereroi senza poteri di Michele Ungolo

I nostri anziani sono la nostra memoria, le nostre radici. E non a caso sono loro i protagonisti del nuovo romanzo di Michele Ungolo (disponibile dal 29 luglio sul portale youcanprint e dal 3 agosto sui maggiori store on line).

Credits Sonia D’Arino

Gli anziani sono davvero una ricchezza per lo spirito, racconta l’autore. In questi ultimi mesi ho avuto modo di stare a stretto contatto con loro, ancor più rispetto a quanto accadeva prima del lockdown. Ciò che mi ha stupito è stato il loro desiderio di vivere, non la paura di morire: “quella l’ho superata ormai da tempo, sono consapevole del fatto che prima o poi Sorella Morte arriverà anche per me” così mi ripeteva Vincenzo, uno dei protagonisti di questa storia.

L’idea di questo libro nasce durante il periodo di quarantena. Mi sono ritrovato ad avere molto più tempo per me, ci spiega Michele. Avevo in mente da tempo la stesura di un nuovo libro, tuttavia non riuscivo a trovare la giusta ispirazione, quando poi ho aperto gli occhi, mi sono reso conto di non conoscere affatto chi vedevo ogni giorno. Un po’ come accade quando frequenti qualcuno da molto tempo, ma non sai assolutamente nulla di chi hai davanti, allora ti viene voglia di scoprire, di chiedere, di ascoltare.  

Il diffondersi del Coronavirus ha fatto paura un po’ a tutti. Ma sin da subito è stato chiaro che ad essere in pericolo, più degli altri, erano gli anziani.
All’inizio c’è stato un po’ di panico generale, le notizie tra gli ospiti di “Casa Hostilianus”, per esempio, avvenivano perlopiù tramite il passaparola, e molte volte veniva distorta la realtà dei fatti.
Hanno avuto davvero tanto coraggio, hanno unito le loro forze e divulgato le loro passioni.
Vincenzo, ad esempio, nonostante i diversi acciacchi e l’età avanzata, ha preso in mano la situazione suonando più volte la sua fisarmonica durante l’arco delle giornate.

Gli anziani come valore aggiunto della nostra società

Nel testo si analizza anche il rapporto telefonico con i figli, il loro “sopportarsi” e supportarsi a vicenda. Spesso un figlio si sente in colpa per aver “abbandonato” il genitore in una casa di riposo…
A parere di molti, questo è un posto dove le persone vengono perché sono stufe di vivere, il pensiero comune è che una volta entrati smettiamo completamente di esistere, alcuni ci danno già per spacciati.” Rispondo a questa domanda con questa citazione presente nel libro. 

Le nonne e i nonni sono la nostra forza e la nostra saggezza

Papa Francesco

Purtroppo non tutti hanno la possibilità di prendersi cura dei propri cari, e non tutte le persone anziane hanno le capacità per autogestirsi. Non capisco per quale ragione si debba necessariamente pensare ad un abbandono più che a una possibilità, quella di continuare a esistere in modo dignitoso.

Non voglio assolutamente aprire un capitolo che probabilmente non troverà una conclusione appropriata, ciò che posso dire è che i nostri ospiti, i più autonomi chiaramente, hanno la possibilità di uscire fuori dalla struttura quando vogliono, è ovvio che le restrizioni in periodo di lockdown ci sono state per tutti, ma in periodo di normalità, lontano dalla pandemia, ognuno deve sentirsi libero di continuare a vivere come faceva prima di trovare alloggio nella nostra struttura. 

Durante il periodo di quarantena, personale sanitario e direzione hanno interagito direttamente con i famigliari degli ospiti, molto spesso, grazie alla tecnologia di cui disponiamo, abbiamo effettuato videochiamate per far sentire sempre meno la lontananza forzata.

Nel romanzo ad un certo punto alcuni protagonisti scoprono di essere positivi al virus, seppur asintomatici, e architettano un piano di fuga dalla struttura. Tra le righe si legge una sorta di desiderio di sentirsi ancora vivi, nonostante l’età e gli acciacchi…

Pochi giorni prima che venisse fissata la data del tampone, obbligatorio per tutti, Iosca, il pittore, uno dei protagonisti del libro, venne a chiedere in direzione una tela bianca per poter dipingere. Quando accontentammo la sua richiesta fu lecito chiedere cosa volesse dipingere, la sua risposta fu secca: “Non lo so ancora! Ma probabilmente qualcosa che mi permetta di uscire fuori un’ultima volta, se lo fai con la mente non corri nessun pericolo”. È da questa risposta che il mio romanzo ha subito una trasformazione, in quelle parole si evinceva lo spirito di avventura, la voglia di evadere per vedere il mondo fuori. Così quando arrivarono i risultati dei tamponi (tutti negativi per fortuna) decisi di stravolgere la realtà inserendo, all’interno del romanzo, quattro ospiti positivi ma asintomatici. Quando ho raccontato loro di questa idea bizzarra, non hanno fatto altro che ridere per tutto il tempo. 

“Tutti sappiamo di dover morire un giorno, eppure siamo alla continua ricerca di noi stessi, della felicità, dell’amore.”

Michele Ungolo

L’esperienza di vita dei “vecchi” è un valore inestimabile per le nuove generazioni.
Da loro non puoi fare altro che imparare ogni giorno qualcosa di nuovo.  Mi hanno insegnato tanto, mi hanno ripetuto ogni giorno di non lasciare mai nulla al caso e di ponderare ogni scelta. “Tutto ha una fine, è quello che c’è in mezzo a non essere deciso da nessuno se non da te stesso”.

Vecchio

Diranno che sei vecchio

Con tutta quella forza che c’è in te

Vecchio

Quando non è finita

Hai ancora tanta vita

E l’anima la grida e tu lo sai che c’è

Spalle al muro – Renato Zero

I nostri “vecchi”

“Tanto sono dei vecchi”.

Umiliati e offesi. Ecco come spesso sono stati trattati gli anziani in questi mesi di emergenza sanitaria globale. Ai margini, isolati, fatti sentire come un peso, svalutati. Superoi improvvisamente spogliati dei loro poteri.

Con le spalle al muro.

“Tanto sono vecchi”. Ma sono i nostri vecchi. Un patrimonio di cultura e di amore a cui è difficile rinunciare. A qualsiasi età.

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Elisabetta Mazzeo

Elisabetta, classe 1981. Ogni 18 anni un cambiamento. Prima la Calabria, poi Roma, ora Zurigo. Domani chissà. La mia sfida quotidiana? Riuscire nell’impresa di essere contemporaneamente mamma, moglie, giornalista, scrittrice e ora anche blogger. Ore di sonno: poche. Idee: tante. Entusiasta, curiosa, caparbia, sognatrice. Scrivere è un’esigenza. Una lunga gavetta nei quotidiani e nelle tv locali, poi l'approdo come inviata di Sport Mediaset. Non ho dubbi: il mio è il mestiere più bello del mondo. Una passione prima che un lavoro. Oggi ricopro l'inedito ruolo di vicedirettore a distanza di Retesole, l’emittente che mi ha visto crescere umanamente e professionalmente. Divoro libri e due li ho anche scritti, mi nutro di storie di sport, ma non solo. Scatto e colleziono foto, mi alleno quanto basta per non sentirmi in colpa e in compenso macino chilometri armata di scarpe da ginnastica e passeggino. L'arrivo delle mie due figlie ha rimodulato le priorità della mia vita. E adesso è con loro e per loro che continuo a mettere le mie passioni in campo. #CaparbiamenteSognatrice

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