Basilicata zona rossa. Come si è arrivati a un nuovo lockdown?

Basilicata zona rossa. Come si è arrivati a un nuovo lockdown?

Da questa mattina la Basilicata è zona rossa. Di nuovo. Dopo un anno. La first reaction è stata: shock! La seconda è stata: ok è giusto così. Purtroppo.

In questa regione ci vivo da qualche tempo e riconosco che, nonostante la scarsa densità popolare, i fattori di rischio siano alti in quanto le strutture sanitarie sono poche e spesso non adeguate. Il numero di terapie intensive è limitato e non ci si può permettere di abbassare la guardia perchè in un attimo ci si può ritrovare con gli ospedali in sovraffollamento.

Basilicata zona rossa. Dobbiamo accettarlo: ci attende un nuovo lockdown.

Anche questa volta lo spirito di responsabilità ha la meglio su di me e mi impedisce di sbroccare o sbattere la testa al muro o sviluppare nuove teorie complottiste.

Non nego, però, che la presa di coscienza si è materializzata tutta insieme sotto forma di un macigno che ti preme sulle spalle e ti schiaccia sul divano, quello stesso divano su cui hai trascorso la maggiorparte del tempo libero in quest’ultimo anno.

Non so bene cosa pensare. Da una parte vorrei gridare: “Mo basta veramente, però!”. Dall’altra ho sperimentato sulla mia pelle che forse imporre le restrizioni è l’unico modo per uscirne.

Sì, perchè da soli non siamo capaci ad evitare il rischio. Voglio dire: magari stiamo attenti, mettiamo la mascherina, usciamo poco, disinfettiamo la spesa, evitiamo di abbracciarci, evitiamo di vederci e di pranzare con i nostri cari, ma alla fine qualche errore lo commettiamo. E’ più forte di noi.

Di chi è la colpa?

Inutile dare colpe alle fasce di popolazione più indisciplinate. Voglio dire, a che serve prendersela con “i giovani” o “le scuole” o “i mezzi pubblici pieni” se poi non ci sono i controlli? Allora tanto vale prendersela con chi non fa rispettare le regole o con chi ha causato i ritardi nella distribuzione dei vaccini. Ma il punto è che non si può stare tutto questo tempo a covare rabbia verso qualcosa o verso qualcuno, soprattutto se poi, di fronte all’errore non siamo in grado di intervenire.

Abbiamo mai ripreso qualcuno della nostra cerchia di conoscenze strette perchè non stava rispettando le regole? Il più delle volte no, perchè siamo portati a minimizzare di fronte a una mascherina messa sotto il naso se quel naso è del nostro migliore amico. Agli estranei, poi, siamo mai andati a dire qualcosa perchè si assembravano davanti ai distributori 24h di cibi e bevande? Credo di no, anche se vederli ci urta il sistema nervoso.

Al massimo fulminiamo con gli occhi il fruttivendolo che ti vende la frutta senza mascherina, ma se proviamo a dirgli qualcosa quello ti risponde che la indossa dalle cinque della mattina e se l’era tolta un attimo per respirare.

Chissà se qualcuno ha mai chiamato le forze dell’ordine per far sgomberare la piazzetta sotto casa che si riempie di comitive dal pomeriggio fino a una mezz’ora prima del coprifuoco. E quante volte ci è capitato di toccarci distrattamente il naso senza aver prima disinfettato le mani con l’amuchina per poi imprecare e farci prendere da qualche secondo di ansia?

Non c’è niente da fare: provare a vivere più o meno come prima ci espone al rischio. Chi più, chi meno, chi per errore chi con incoscienza.

Un po’ di zona rossa per tornare alla gialla servirà?

In conclusione, essere costretti a vivere in restrizione e accettare che la Basilicata sia zona rossa, forse, è l’unico modo che abbiamo per limitare i danni. Se dipendesse solo da noi e dalla nostra condotta “coscienziosa”, magari non ci sarebbe questa nuova impennata di contagi, ma in qualche modo anche noi rispettosi delle regole diventiamo veicolo involontario di diffusione in un momento come questo.

Il tanto criticato apri e chiudi, che sembra tradire una scarsa preparazione nell’affrontare la pandemia, mi sembra l’unica soluzione a questo punto.

Si alzano i contagi: chiudi. Si abbassano i contagi: apri e fai respirare un po’.

Sì, perchè se ci avessero detto “Per i prossimi due mesi la Basilicata è in zona rossa” ci saremmo probabilmente dati una pistolettata in fronte. Invece così, sai che per una o due settimane ti devi chiudere in casa, ma poi forse ti aspettano nuovi giorni di libertà.

Ecco, quel “forse” è l’unico vero problema

Il fatto che non ci sia la garanzia che questo ennesimo sacrificio possa essere risolutivo ti uccide. A questo punto io preferire di gran lunga un lockdown totale, come lo scorso anno. Fabbriche chiuse, scuole chiuse (tutte) e tutti a casa. Non posso pensare, ad esempio, che per le prossime due settimane qui in Basilicata si tornerà ad uscire solo per fare la spesa e magari, mentre noi si starà tra le nostre quattro mura, lì fuori il virus continuerà a circolare indisturbato grazie a quelle situazioni che a distanza di un anno non sono ancora state risolte, tipo la questione del trasporto degli operai in Fiat o lo scarso rispetto delle restrizioni all’interno degli uffici privati.

Ma anche semplicemente il fatto che da queste parti le pattuglie di polizia e carabinieri sono sempre presenti quando non serve e assenti quando invece ci sarebbe bisogno di loro. Mi chiedo infatti a cosa serva fare i posti di blocco o le multe alle macchine in divieto di sosta se poi a pochi metri di distanza non si interviene per evitare assembramenti o multare chi non rispetta le regole. Operazioni di facciata di cui la gente è davvero stanca.

Quindi ok, facciamoci un nuovo lockdown, ma facciamolo tutti e facciamolo davvero. E soprattutto facciamo rispettare le regole perchè la pazienza di chi fino ad ora le ha sempre rispettate è finita.

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Martina Vassallo

Una passione, quella per la Comunicazione, e tanti strumenti diversi per attuarla. Dal giornalismo alla fotografia, passando per uffici stampa, videomaking e scrittura. Dopo la Laurea, la tessera da Pubblicista e gli anni da cronista, ho girato cortometraggi, spot e documentari. Per non farmi mancare niente, ho anche aperto un'attività nel wedding. In questo blog uso le mie esperienze per parlare di vita, sentimenti e ricerca interiore. Riflessiva, sì. Ma sempre con un pizzico di allegria, perchè per affrontare le profondità è meglio viaggiare leggeri.

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