Sotto lo stesso cielo di Kabul

Figlia mia, ti vedo crescere in fretta e prendere tutte le abitudini di bimba sveglia e libera.

Libera perché nata sotto il pezzo di cielo che lascia liberi di vivere.

Crescerai libera tra i tuoi amici, libera di scegliere come poterti vestire e quale colore indossare.

Come pettinare i tuoi capelli dorati.

Mi immagino che tra qualche anno già avrai la borsetta per imitarmi, che desidererai colorare le tue unghie con qualche smalto colorato al profumo di ciliegia e mi guarderai soddisfatta nei tuoi primi tentativi di make-up fai da te.

Saprò recitare bene, promesso.

Cara bambina mia, sarò libera di leggerti storie, tu di immaginarle e di viverle, di crescere e studiare.

Di diventare quello che desidererai se Dio vorrà e le uniche tue limitazioni saranno la tua non volontà nel fare qualcosa.

Perché sei nata in questa parte di mondo in cui anche se donna avrai la libertà di vivere come se fossi stata un uomo.

Guardo quello che sta succedendo in questo periodo in Afghanistan e mi lascia inerme, mi da angoscia e sgomento.

Mi corri incontro e in questo abbraccio immagino ogni madre e donna di quei luoghi, che abbracciano impotenti le loro bambine abbandonate a loro stesse e a quell’amaro destino. Alcune nel tentativo estremo di metterle in salvo oltre il muro di cinta tra le braccia di un soldato “amico” nell’assoluta disperazione di non sapere se mai più si rincontreranno.

Ti guardo bambina mia nei tuoi occhi cielo e vedo la libertà dei tuoi anni, la possibilità di correre con i compagni di giochi, incontrarli e abbracciarli.

La libertà di far conoscere il tuo sorriso bello come pochi.

Prendere il gelato dopo un pomeriggio di shopping con le amiche, leggere un libro al parco stesa sul prato e affacciarsi al balcone di casa semplicemente per guardare il sole e sentirlo sulla pelle nuda.

Ho pensato alla normalità dei nostri giorni privata per sempre, a quanto tutto possa sembrare così eccezionale anche la banalità di un attimo.

Una vita filtrata per sempre, come solo il fatto di vedere la luce attraverso lo spiraglio di un abito.

Indossarlo, perché possa coprire come un manto ogni identità in tutto il suo essere.

Omologare vite, volti e persone, annientare personalità. Offendere intelligenze, violare ogni loro diritto, estirpare ogni pensiero.

Tutte uguali a tutte.

Come se non si esistesse, come se si fosse le cinture di pelle legate alla vita dell’uomo che ci possiede.

Sento l’urlo silenzioso di quelle donne che oggi ascoltiamo più forte, perché private nuovamente di quella parte di cielo che avevano iniziato a conoscere.

Saranno oggetto di stupri, violenze e omicidi.

Cara bambina mia, il Signore ti ha dato la possibilità di far conoscere al mondo il tuo sorriso, di sorridere ad ogni giorno nella sua più comune normalità.

Aiutiamo tutti noi come possiamo quelle donne a tornare alla vita.

“C’è molto sole sui paesi dell’Islam:

un sole bianco, violento che acceca.

Ma le donne musulmane non lo vedono mai:

i loro occhi sono abituati all’ombra come gli occhi delle talpe. Dal buio del ventre materno, esse passano al buio della casa paterna, da questa al buio della casa coniugale, da questa al buio della tomba.”

(Oriana Fallaci)

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Emanuela Impieri

Mi chiamo Emanuela Impieri, sono nata a Roma 34 anni fa. In passato, la mia timidezza mi ha portato a guardare il mondo senza essere guardata, nascosta dietro la macchina da presa, la mia più grande passione. Ho curato la regia e scritto la sceneggiatura di vari cortometraggi per poi approdare alla tv locale romana, prima a "canale 10" poi per undici anni nel reparto tecnico di Retesole essendone anche la responsabile, per arrivare a collaborare con le tv nazionali. Sono stata docente di dieci Master in Giornalismo Radiotelevisivo per Eidos Communication. Mi piace lavorare e far la differenza proprio in quei settori in cui le quote rosa sono latitanti. Ho cambiato tutto per questo lavoro, città, amici, un’intera vita, finché un matrimonio e una bimba hanno rimescolato le carte per rinnovare tutto di nuovo. Per loro mi diletto a “mettere a fuoco” la mia vita sull’altra passione; cucinare, prima che per gli altri diventasse una moda. Perchè “Cucinare è come Amare o ci si abbandona o si rinuncia”. Il mio stile di vita.

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