Il primo giorno di scuola

Il primo giorno di scuola

Dai che la prima settimana è andata. 

Qualcuno in 13 anni di scuola me lo ha detto e io lo vorrei dire a tutti gli alunni che da lunedì sono tornati in classe. 

Come vorrei dire loro che non li invidio, chi dice che questo è il periodo più bello della vita e che si rimpiangerà per sempre mente. Il periodo più bello della vita è quello che non ci ricordiamo, quello in cui qualcuno ci cambiava il pannolino sporco e ci rimpinzava di latte e biscotti Plasmon.

Messo piede fuori dall’asilo è tutto finito. Inizia invece un’era fatta di compiti per casa, compiti in classe, compiti per le vacanze. Di compagni di classe che ti porti dietro dall’asilo e di compagni di banco che ti porterai dietro nella vita. Di coetanei che sembrano più grandi di te, che resteranno sempre i più fighi della scuola fin quando non li ritrovi, da adulta, stempiati e ingrassate. Insomma niente idoli, solo umani. 

Il primo giorno di scuola è traumatico. Ad angosciarmi era la consapevolezza che non si poteva tornare indietro, che davanti a me c’erano nove mesi di questa routine e che nulla poteva risparmiarmeli, alle pandemie non ci si pensava. Era questo senso di impotenza ad angustiarmi. Ma mai quanto la radiosveglia di mio padre. Quel suono mi faceva raggelare il sangue. Mi alzavo e ancora con gli occhi chiusi entravo in bagno, spegnevo tutte le luci e cominciavo la mia toeletta. In tre minuti ero pronta, giorni che non avevo voglia di togliermi le cispe dagli occhi, figurati di mettermi l’eyeliner.

Al contrario di certe mi compagne truccatissime che però, a giudicare dalla imprecisa applicazione del fondotinta, anche loro si specchiavano al buio.

Il primo giorno di scuola era anche il primo giorno in cui, dopo tre mesi, indossavo un paio di scarpe. Con la sabbia ancora tra i capelli e il naso spellato mi infilavo un paio di jeans e una t-shirt che mi sembravano un’armatura. Unica consolazione: potevo smettere di depilarmi per un po’, tanto dai pantaloni sarei passata ai collant 75 denari.

Ma questa è la mia versione della storia. In queste prime mattine di ritorno a scuola mi sono resa conto che in una decina d’anni – vabbè, dieci, dodici, quindici, che differenza fa! – le cose sono cambiate. Le ragazze alle 8 del mattino hanno i capelli piastrati con una Dyson. Il mascara applicato alla perfezione tanto che posso contare le ciglia ben separate mentre io ancora oggi esco con i grumi e i ciuffetti attaccati. Lo Chanel n.5 che inonda la carrozza della metro e deduco che 2 gocce sono quelle rimaste nella bottiglietta.

E la sigaretta elettronica in mano.

La sigaretta elettronica.

E io allora mi chiedo: ma i bagni della scuola ora a che servono? 

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Ivana Figuccio

Sono Ivana, trentabbé anni, siciliana nell'anima e a tavola ma ormai da qualche anno a Milano per amore...del giornalismo. Mangio, bevo e scrivo: spesso simultaneamente. Ma lo faccio anche per lavoro, sia chiaro. Il food&wine è infatti uno dei settori che più si addice alla mia penna e la mia bilancia lo sa bene. Odio correre ma amo guardare gli altri che lo fanno. Non pratico yoga e nemmeno lo yogurt. Lo sport nella mia vita c'è solo per alleggerire i sensi di colpa per i miei peccati di gola. Confesso il mio smodato amore per il cioccolato ma non mi pento. Da buona sicula adoro il mare e il vento di Scirocco. Ma non chiedetemi qual è casa, perché nel mio cuore c'è posto per la sabbia e per la nebbia.

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