Il Carnevale che vorrei: le Maschere Italiane

Il Carnevale che vorrei: le Maschere Italiane

Tra pochi giorni, esattamente il 24 febbraio, iniziano gli ultimi giorni del Carnevale, ovvero quelli che lo concluderanno. Giovedì grasso (24 febbraio) sabato grasso (26 febbraio) e per ultimo il 1° marzo, il giorno più importante per questa festa, il martedì grasso. Il Carnevale che vorrei è quello in cui torniamo a circondarci dele Maschere Italiane.

Il Carnevale spesso è definito come la festa dei bambini, perché finalmente possono vestirsi e interpretare quel personaggio o quel super eroe che da tempo amano. Ma non è stato sempre così. Oggi le maschere sono quelle che arrivano dal cinema o dai cartoni animati. Gli adulti che si mascherano spesso si ispirano alla satira o allo scherno di qualche personaggio della politica o dello spettacolo. Ma fino a qualche decennio fa non era così.

Probabilmente i ragazzi della mia generazione, ovvero quelli nati negli anni 70, sono stati gli ultimi a travestirsi con le maschere della tradizione italiana. Eh sì perché l’Italia è probabilmente tra i Paesi con la tradizione più lunga del Carnevale. Complice, senza dubbio, la derivazione dalla Commedia dell’Arte e dal teatro delle Marionette. Da dove si sono ispirate le maschere più leggendarie e antiche della Penisola. E che maggiormente durante le festività del Carnevale andavano in scena portando sul palco ricostruzioni divertenti e satiriche di quei tempi.

Infatti la Commedia dell’Arte, nasce nel XVI secolo e la troviamo fino al XVII. La troviamo ne “Il teatro comico” di Goldoni dove per la prima volta fa recitare gli attori mascherati. Portando in scena quelle che poi diventeranno le maschere della tradizione italiana. Tra le più antiche ci sono senza dubbio Pulcinella, Arlecchino e Colombina eh sì perché per la prima volta nella commedia dell’Arte iniziano a recitare le donne.

Colombina e Arlecchino

Durante il periodo della Commedia dell’Arte, le Maschere Italiane hanno raggiunto un grande successo arrivando a conquistare anche un pubblico europeo.

Il Teatro delle Marionette, invece, nasce poco dopo la Commedia dell’Arte. E nella rappresentazione è completamente diversa, visto che gli attori, ovvero le marionette, sono di legno e vengono animate da persone nascoste sotto il “teatro”. Ma nel soggetto dell’opera e soprattutto i protagonisti, ovvero le maschere, sono gli stessi.

Alla fine della Rivoluzione Francese, vengono vietati tutti i vecchi personaggi. E per ovviare a questa “censura” ne nascono dei nuovi che poi nel tempo affiancheranno Arlecchino, Gianduja, Colombina o Pilcinella. Troviamo: Fagiolino, Sandrone o Gioppino.

È da lì, ovvero da questo “nuovo” modo di fare il teatro che poi ogni regione, in Italia, ha avuto la propria maschera e tra le più famose. Abbiamo Arlecchino e Meneghino per la Lombardia, Gianduja per il Piemonte, Meo Patacca e Rugantino per il Lazio. Colombina e Pantalone per il Veneto, Pulcinella per la Campagna, Beppe Nappa per la Sicilia, Capitan Fracassa per la Liguria. Dottor Balanzone per l’Emilia Romagna e quello dalle origini più recenti è Burlamacco maschera Toscana nata per associarla al Carnevale di Viareggio. Probabilmente molti non sanno che anche la maschera del Pierrot è nata in Italia verso la fine del 500.

Io ricordo che da bambina, oltre al mio vestito da Fatina o da Damina dell’800, avevo ereditato il vestito di Colombina da mia sorella e la maschera che forse ho amato di più: Pierrot. Colombina come accennato prima è la prima delle pochissime maschere femminili presenti nella nostra tradizione, ma probabilmente anche una delle più antiche. La troviamo nelle commedie di Plauto, rappresentata sempre come una furba ancella. Sempre pronta a suggerire malizie e astuzie alla sua padrona, Rosaura, anche lei divenuta maschera veneta. Spesso Colombina viene ricordata come compagna di Arlecchino.

Lui è sicuramente la maschera più famosa, un po’ per il suo abito così colorato nato dalla “generosità” delle altre maschere che gli hanno donato un pezzo della stoffa dei propri abiti e così lui, con l’aiuto delle sapienti mani della mamma ha avuto il suo vestito tutto colorato.

Tra le più antiche maschere italiane possiamo sicuramente inserire Pulcinella che già compare ai tempi degli Antichi Romani. Lui personifica virtù e vizi del borghese napoletano, e si adatta a tutti i ruoli: da padrone a servo a magistrato. Pigro e lento nei movimenti è una di quelle maschere che ricalcano le caratteristiche del cittadino della propria città.

Si può dire lo stesso per Meo Patacca, romana simile nel carattere e negli atteggiamenti a Rugantino. Strafottenti e un po’ spavaldi sempre in cerca della rissa è il classico spaccone dal dialetto accentuato, pronto, però a scappare, quando sente il pericolo.

Burlamacco, è il “logo” del carnevale di Viareggio, tra i più famosi e partecipati d’Italia ed è l’ultima maschera nata nel nostro Paese.

Gianduja è la maschera Piemontese per eccellenza e deve il nome a una precauzione politica. Infatti fino al 1802, era chiamata Gerolamo, ma in quell’anno, per evitare che qualcuno potesse leggere un’allusione al nome di Gerolamo Bonaparte, parente dell’imperatore hanno deciso di cambiargli nome in Gianduja.

Per ultimo voglio raccontare di Pierrot, che nasce alla fine del 500 in Italia. Il suo nome deriva dal personaggio italiano della Commedia dell’Arte Pedrolino, uno dei primi Zanni, interpretato, nella celebre Compagnia dei Gelosi, da Giovanni Pellesini. Erroneamente abbiamo sempre pensato che arrivasse dalla Francia proprio per il suo nome così d’oltralpe.

Le Maschere Italiane sono molte, alcune regioni ne hanno anche due, e purtroppo oggi i giovani e ancor più i bambini non le conoscono e secondo me si perdono molto del patrimonio culture del nostro Paese. Noi quando diciamo “oggi sei vestito come Arlecchino” sappiamo bene che intendiamo dire che sei vestito tutto, troppo colorato. O quando diciamo “Un segreto di Pulcinella”. Ecco oggi i ragazzi si stanno perdendo molto della tradizione del Carnevale.

Scrivere di tutte le maschere in un articolo non è possibile. Ma spero di avere incuriosito qualcuno a tal punto di andare a cercare le Maschere in rete.

Laura Cardilli

#ostinatamenteottimista

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Laura Cardilli

Laureata in Sociologia, indirizzo Comunicazione e Mass media, da sempre mette al centro della sua vita proprio la comunicazione sotto tutti i suoi aspetti. Durante l’università prende il tesserino da giornalista pubblicista collaborando con due giornali romani, per molti anni solo la carta stampata le regala la gioia della professione di giornalista, poi, grazie ad un laboratorio di comunicazione incontra quella che per molti anni è stata la sua grande passione, la radio, per diversi anni ne è stata redattrice e anche speaker. La prima formazione è stata quella sportiva, calcio e tennis soprattutto, ma poi soprattutto attualità è stata autrice anche di alcune sue rubriche. Per molti anni abbandona le scene del giornalismo e lavora per una grande azienda italiana sempre nella comunicazione esterna. All’attivo ha la pubblicazione di un suo libro “L’eterna rincorsa” e la pubblicazione di qualche poesia. Appassionata di social media si definisce un’ironia e sarcastica…non sempre compresa. Dopo un po’ di tempo e tanta mancanza decide di riprendere a scrivere per Distanti ma unite. Il suo hashtag è #ostinatamenteottimista perché sostiene che niente e nessuno potrà farle vedere quel mezzo bicchiere vuoto.

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