Bambini dimenticati: “incidenti” sul lavoro?

Bambini dimenticati: “incidenti” sul lavoro?

Le ciabattine lasciate alla rinfusa prima del tuffo nel canale di irrigazione, la ricerca di refrigerio o una banale avventura di due ragazzini in un pomeriggio di mezza estate. Finita in tragedia. Daniel e Stefan, 6 e 7 anni, muoiono a Manfrendonia, in provincia di Foggia, per un banale gioco. Loro, bambini, che per trascorrere le torride giornate in Puglia, non avevano altro che il grande campo che circondava il vecchio casale dove vivevano con la famiglia di origine rumena. “Oggi nascondino dietro le sterpaglie, domani il tuffo nel vascone”. Forse immaginandolo come la piscina di una grande villa.

Le responsabilità

Ma i genitori dove erano? Questa è la domanda che tutti si fanno a cui occorre dare una risposta quanto più veritiera possibile. Quando si parla di bambini dimenticati, si tratta di “incidenti” sul lavoro di genitore o c’è dell’altro?

Nel caso della piccola Kata, scomparsa a Firenze nell’ex hotel Astor occupato, la mamma era al lavoro. Anche nel caso dei bimbi di Foggia, i genitori erano impiegati nei campi limitrofi e in quel momento stavano riposando. Come badare a loro? Occorre fare le mamme i papà, le lavoratrici e i lavoratori, mettere tutto insieme in un complicato puzzle di impegni e spesso si fallisce. Si finisce a dire: “lasciamoli andare, dopotutto sono grandi”.

Mamme sole

Qualche giorno fa osservavo una giovane mamma al mare, single. Due figli a cui badare, uno più piccolo l’altro grandicello. Ho osservato il tempo intercorso tra un impegno e un altro della giovane donna che, da un lato doveva accudire il piccolino che piangeva, dall’altro acconsentire alle richieste continue del maggiore: “mamma voglio un gelato, mamma vado verso le cabine del lido con gli altri bimbi, mamma vieni?” Trafelata con 40 gradi all’ombra la donna era in evidente difficolta.

Tanto che alla fine ha lasciato andare il bimbo, libero con gli amichetti. E se fosse successo qualcosa? Se qualcuno lo avesse importunato o addirittura portato via come nel caso di Kata?

Dati allarmanti

Questi timori non sono altro che fatti reali che accadono sovente nel nostro paese e non solo. I dati più recenti sul tema sono quelli diffusi il 25 maggio scorso nella Relazione annuale redatta dall’Ufficio del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse. Nel documento si legge che nel 2022 le denunce di minori scomparsi in Italia sono state 17.130, cioè il 70,29% del totale delle denunce. Di queste, 4.128 hanno riguardato minori italiani e 13.002 minori stranieri.

Secondo i dati raccolti da Save the Children a fine aprile 2023, i minori stranieri non accompagnati presenti in Italia erano 20.681, di cui 4 mila bambine e bambini fino ai 14 anni. Solo quest’anno, fino a metà giugno, sono stati 6 mila i minori senza genitori e figure adulte di riferimento arrivati in Italia dopo aver attraversato il Mediterraneo.

Supporto alle famiglie

Il sistema di protezione e di accoglienza dei minori non accompagnati rappresenta il nodo cruciale di un problema che pare irrisolto in Italia. Ma ciò che pare ancora totalmente lontano è il supporto e l’aiuto ai coniugi che non riescono a badare serenamente alla prole. Tante, troppe le situazioni in cui un genitore si trova “costretto” a lasciare i propri figli perché non hanno altre soluzioni. Devono lavorare e hanno orari impossibili che rendono difficile l’accudire i figli.

Toc-toc Sistema Paese

Nelle famiglie in difficoltà spesso regna degrado e incuria, terreno fertile per i malintenzionati. Anche in quelle più agiate, come nell’esempio della donna al mare, c’è spesso la frustrazione di essere sola e di dover prendere decisioni obbligate in pochi secondi. E magari non sono sempre le più giuste. Sul tema dei minori dimenticati, più che “incidenti “sul lavoro, occorrerebbe parlare anche di sistema paese, di aiuti alle famiglie, supporto per i nuclei più bisognosi e tanto altro. Un tema irrisolto, enorme, da analizzare e risolvere nel più breve tempo possibile.

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Cristina Autore

Giornalista. Nei miei sogni da bambina, quando giocavo a fare le interviste con il Cantatù. Nella testa e nel cuore, quando a 14 anni denunciavo quello che non andava a scuola sul giornale d’istituto. Sulla carta quando, a 21 anni, ho superato l’esame da Giornalista professionista all’ordine. Oggi, da 30enne, vivo di questo mestiere consumando le suole delle scarpe, l’inchiostro delle penne e facendo domande scomode a chiunque. Napoletana trapiantata a Roma da 10 anni. Ho svolto la mia gavetta in oltre 15 testate giornalistiche come Sky, Mediaset e Retesole e, negli ultimi 6 anni, ho lavorato full time a Montecitorio in qualità di addetta stampa per oltre 200 deputati. La mia passione più grande? Confezionare reportage e inchieste televisive. Sono #Naturalmentedeterminata e stacanovista, non per scelta, ma per istinto di felicità. Ho raggiunto alcuni dei miei obiettivi ma i sogni nel mio cassetto sono tanti e sgomitano tra di loro per uscire allo scoperto. Coltivo le mie amicizie con aperitivi e cenette improvvisate. Mi piace ballare da sola in casa con Alexa al massimo volume e nei corsi di gruppo in palestra. Organizzo tanti viaggi e, quando non posso partire, mi rifugio nei documentari Netflix immaginando di stare dall’altra parte del mondo. Amo la cucina e il cibo. Sono campionessa di comfort food, eternamente a dieta. Mi piace conoscermi e migliorarmi. Mi definisco ottimista, caparbia, buona d’animo e folle quanto basta per non arrendermi mai alle insidie della vita. “Ce la posso fare” è il mio mantra. Se fossi un oggetto sarei un martello pneumatico. Un animale, un picchio battente e tenace che scava a fondo la corteccia finché non scopre cosa c’è sotto.

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