Ore 3.32, io non ridevo

Ore 3.32, io non ridevo

ROMA, febbraio 2009

Interno notte: una scrivania, una luce e un pc aperto su una chat.

V: Allora come vanno le cose?

M: ma tutto bene, cioè noi siamo abituati alle scosse, ma queste sono un po’ strane..

Un libro

Il sei aprile è ancora lontano, l’inverno abruzzese è di quelli intensi, ma inconsapevolmente la primavera quell’anno non arriverà mai: lo sciame sismico è già iniziato (dicembre 2018), ma ancora nessuno ha la percezione di quello che potrebbe accadere, anche se qualche dubbio sulla natura dell’evento c’è, come conferma lo scambio in chat di cui sopra, effettuato all’epoca con un amico che abitava a Coppito.

I giorni passano, e la storia cade un po’ nel dimenticatoio, almeno fino alla metà di marzo. All’epoca lavoravo per un settimanale di turismo e, tra i vari appuntamenti in programma, c’era anche un week end alla scoperta della Tuscia ovvero di quel magnifico territorio che si estende nella provincia di Viterbo ed ha molte delle sue perle intorno al lago di Bolsena.

Otto marzo, il fine settimana si conclude con la scoperta del borgo di Marta (diventato una sorta di luogo rifugio nel frattempo) e prima di andar via ricevo un regalo un po’ singolare dalla guida del posto, un libro dal titolo : A.D. 1703, facciamo voto. Ecco… sulle prime rimango colpita, ma alla fine mi dico che essendo uno spaccato sulla vita del paese lacustre ci sta, ma in quelle pagine qualche giorno dopo avrei trovato molto di più.

Passa una settimana e riaprendo il libro mi accorgo che, al di là di Marta e degli aspetti religiosi della questione, c’è la seconda parte del libro che si chiama ‘Terremoti e voti’.

Già durante la scuola di giornalismo, tre anni prima, avevo cercato di fare un lavoro di approfondimento, in collaborazione con la protezione civile, sul rischio sismico e vulcanico, vista la passione e l’importanza dei due temi. Proprio per quel motivo, ma senza saperlo, mi ritrovo quindi a leggere quello che sarebbe ‘successo’ venti giorni dopo a l’Aquila. Una coincidenza che ancora oggi mi fa venire la pelle d’oca.

L’analisi

La dinamica complessiva degli eventi del 1703, che ebbe risvolti importati negli anni a seguire, è leggermente diversa rispetto a quella del 2009, perché ad attivarsi nella prima fase furono faglie più a nord del capoluogo abruzzese. Tuttavia lo sciame sismico anticipatorio (da novembre in quell’occasione) è senza alcun dubbio molto simile come dimostrano le date seguenti.

ambedue caratterizzati da una prima grande scossa: nel 1703 quella del 14 gennaio, nel 2009 quelle del 30-31 marzo;

ambedue caratterizzati da una seconda grande scossa: nel 1703 quella del 16 gennaio, nel 2009 le due delle 22.48 del 5 aprile e delle 0.48 del 6 aprile;

ambedue caratterizzati dalla terza grande scossa distruttiva, nel 1703 quella del 2 febbraio, nel 2009 quella del 6 aprile.

La pericolosità del territorio era stata approfondita in tempi recenti nel 2004, in un convegno chiamato ‘Settecento abruzzese’ e che potete ritrovare nel link che segue:

https://www.earth-prints.org/bitstream/2122/3291/1/Settecento_Abruzzese.pdf

Spinta all’epoca dalla lettura del libro da una parte, e dalle conversazioni precedenti dall’altra, il Pdf suscitò in me vivo interesse. Mi permise di approfondire tematiche e dati di cui, ovviamente, non ero a conoscenza. Elementi che forse sarebbero stati utili, a chi di dovere, nella gestione dell’evento successivo, magari attraverso momenti di comunicazione e sensibilizzazione più adeguati e meno precipitosi.

In una terra come la nostra, che prende vita e bellezza proprio dai suoi sussulti e dal suo magma, è necessario trovare un equilibrio tra presa di coscienza dei rischi, prevenzione e ineluttabilità dei fenomeni stessi.

Prevedere con certezza un terremoto ad oggi è una missione impossibile, ma di sicuro abbiamo la storia dalla nostra parte che può e ci deve insegnare come gestire territori complessi come quello aquilano o ancora quello della zona di Amatrice (per citare solo gli eventi più recenti di lungo periodo). 

Quello che auspico a livello personale, è un lavoro che possa essere portato avanti da tecnici e ‘letterati’. Un progetto per mettere insieme i dati del passato, perchè di storia e di storie il nostro paese è pieno.

In quest’ottica un piccolo esempio può essere proprio dato dall’importanza delle gazzette del settecento nella ricostruzione degli effetti del terremoto del 1703 che, insieme ai racconti dei monaci e di altri fonti coeve possano dare un quadro più ampio anche una sorta di ‘alfabetizzazione’ geologica.

Quella notte del 6 aprile tornai a casa tardi, fuori il cielo era viola. L’aria era strana, ma mai avrei immaginato che, un’ora dopo essermi messa a letto, sarebbe arrivata quella scossa che poi ha cambiato per sempre la mia vita.

Pur essendo a Roma, l’intensità e la durata dello scuotimento al quarto piano furono decisamente elevati. Non avevo mai vissuto niente del genere prima e, grazie al cielo, neanche dopo, ma quando presi coscienza della situazione capii l’entità del dramma che si era prodotto proprio perché mi ero ritrovata a leggerlo prima. 

All’epoca non ebbi modo di dare un vero contributo, ma da allora ogni anno e ogni volta che posso, tento di sensibilizzare le persone che ho intorno.

Non sono un tecnico, ma a volte penso che sarebbe opportuno fermarsi due minuti in più e tentare di trovare fonti autorevoli dove capire le cose che non sono totalmente alla nostra portata. L’Aquila non ci ha insegnato nulla, Amatrice forse ancora meno (paragonando l’impegno che vi fu anche dall’estero all’epoca)… 

A Natale sono andata a Norcia, vi lascio solo una foto perché le parole sono superflue. Non è una questione politica di destra o sinistra, è una questione di umanità e di promesse non mantenute, perché lontane dal nostro quotidiano.

Ad maiora

distantimaunite

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