Italians do it better: Mustafà e le eccellenze

Italians do it better: Mustafà e le eccellenze

Questa foto ha fatto il giro del mondo. Il titolo è “Hardship of life” (letteralmente difficoltà della vita) e ritrae Munzir e suo figlio Mustafà. Il bimbo è nato senza arti a causa del gas nervino che sua madre ha respirato quando lo portava in grembo. Suo padre, Munzir ha perso una gamba a causa di una bomba. Munzir e Mustafà sono siriani e questa foto è diventata simbolo della guerra nel Paese mediorientale.

La faccio breve. Questo scatto del fotografo turco Mehmet Aslan si è aggiudicato il premio assoluto al Siena International Photo Awards 2021. Dalla città del Palio è partita una gara di solidarietà che ha portato alla raccolta di 100mila euro e alla possibilità di un percorso di cure nel Centro Protesi Vigoroso di Budrio. Qualche giorno fa, Mustafà e suo padre sono atterrati in Italia e sono attualmente a Siena, ospiti della Caritas diocesiana che ha messo a loro disposizione un appartamento. Presto, dopo un periodo di quarantena, potranno sottoporsi ad esami con la speranza di poter avere delle protesi che possano ridare le gambe e le braccia al piccolo Mustafà e la gamba destra al padre Munzir.

Le eccellenze italiane in campo

In questa vicenda, per come la vedo io, ci sono solo eccellenze italiane. La solidarietà, in cui noi siamo campioni veri. Il piano di organizzazione attuato per far arrivare Mustafà in Italia. Pensateci: sarebbe potuto andare ovunque. Noi siamo l’unico Paese “civilizzato” che si è mosso per aiutarli. E poi c’è il centro di Budrio fiore all’occhiello italiano che in pochi conoscono.

Vigorso è un piccolo paesino nel Comune di Budrio vicino Bologna. “Oggi Vigorso è conosciuto nel mondo per il suo importante “Centro Protesi INAIL”, dove nel 1965 venne realizzata dall’équipe guidata dal prof. Joannes Schmidl, la “mano mioelettrica”, strumento di altissima bioingegneria che permette di compiere con l’arto artificiale funzioni anche difficili. E dove tuttora continua una avanzata ricerca in campo protesico”.

Il Centro accoglie ogni anno circa 11.000 pazienti che sono principalmente invalidi del lavoro, per 80% assistiti dall’Inail e per il 20% invalidi civili assistiti dal Servizio sanitario nazionale. È una struttura pubblica, con un bilancio interno a quello dell’Inail, e che in epoca pre Covid contava un totale di 23 mila prestazioni, sia con amputazioni, paraplegia e tetraplegia.

Tecniche sempre più evolutive

Le protesi di questo Centro sono anche utilizzate dagli atleti paralimpici. L’ingegner Gregorio Teti è a capo di questo meraviglioso gioiello italiano e ha cercato di spiegarmi come funziona il suo lavoro e quello dei suoi ingegneri.

Ing. Gregorio Teti – Dir. Tecnico Area Tecnica Centro Protesi INAIL

Il trattamento protesico e la definizione del progetto protesico riabilitativo individuale inizia con la prima visita tecnico-sanitaria in cui l’équipe multidisciplinare composta da ingegnere, tecnico ortopedico, medico fisiatra, medico legale, infermiere, assistente sociale, psicologo e fisioterapista, elabora per ogni assistito un progetto personalizzato in cui sono indicati il presidio ortopedico più idoneo, i target riabilitativi specifici e i tempi di realizzazione.  L’équipe condivide con il paziente il progetto protesico riabilitativo personalizzato, quindi individua le tappe che possano riportare il paziente a una condizione di “normalità”, che virgoletto, poiché tutto va svolto avendo ben chiare le condizioni clinico-generali del paziente e le proprie potenzialità, ottimizzandone tutte quelle capacità ancora disponibili”.

Le linee master di sviluppo del progetto protesico riabilitativo individuale sono:

  • il rilievo delle misure
  • la costruzione dell’invasatura
  • la costruzione del dispositivo tecnico in prova con l’assemblaggio e l’allineamento, statico e dinamico, dell’invasatura, dei componenti protesici e dei moduli che costituiscono nella propria completezza il dispositivo tecnico
  • la prima fase riabilitativa, durante la quale viene a essere ricostituito lo schema corporeo e motorio del paziente
  • una verifica intermedia settimanale di avanzamento del progetto protesico-riabilitativo effettuata collegialmente dall’equipe multidisciplinare
  • la costruzione del dispositivo definitivo che porta con sé le eventuali modifiche attuate in fase di prova e riabilitazione
  • la seconda fase di riabilitazione in cui si perfeziona l’addestramento e si verifica l’obiettivo riabilitativo prefissato
  • la consegna finale del dispositivo tecnico
    • il successivo follow-up per la verifica nel tempo della qualità del progetto protesico riabilitativo realizzato.
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L’invasatura è il cuore della protesi

“Invasatura accoglie il moncone di amputazione, sia esso di arto superiore che inferiore e risulta l’interfaccia sistema uomo-dispositivo. L’invasatura, è come l’abito sartoriale, che può essere ancora costruita, sia con le tecniche tradizionali, sia con il supporto delle moderne tecnologie di scansione tridimensionale. Le invasature vengono realizzate con materiali di nuova generazione come il carbonio pre-impregnato, oggi impiegato, per esempio, in Formula 1 per la realizzazione delle scocche delle auto. L’utilizzo di materiali con proprietà customizzate permette di ottenere dispositivi protesici di nuova concezione in cui l’integrazione funzionale può garantire maggiore leggerezza e comfort combinati a prestazioni strutturali ottimizzate.

Grazie questa tecnologia è possibile produrre invasature con strati sottili di patch di fibra di carbonio preimpregnate caratterizzati da una ottimale distribuzione delle tensioni combinate con materiali siliconici. Il peso, l’inerzia e lo spessore vengono ridotti e pertanto il rapporto tra questi fattori è ottimale, ne consegue una migliore performace del dispositivo sia in termini di peso che di resistenza strutturale con un miglioramento della vestibilità del medesimo da parte dell’atleta in termini di comfort percepito e gestione del dispositivo tecnico”.

Mustafà e le sue nuove gambe

Ci vorrà ancora un po’ di tempo, ma presto il piccolo Mustafà potrà avere gli arti mancanti e scoprire finalmente cosa significa correre. E regalerà uno dei suoi splendidi sorrisi non solo ai tecnici del Centro Protesi di Budrio ma a tutta l’Italia che lo ha accolto e aiutato. Perché l’eccellenza italiana non passa solo dal genio della mente ma anche e soprattutto dal cuore.

#ostinatamenteEclettica

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Paola Proietti

Classe '77, giornalista professionista dal 2008. Ho lavorato in radio, televisione e, vista l'età, anche per la vecchia carta stampata. Orgogliosamente romana, nel 2015 mi trasferisco, per amore, in Svizzera, a Ginevra, dove rivoluziono la mia vita e il mio lavoro. Mamma di due bambine, lotto costantemente con l'accento francese e scopro ogni giorno un pezzo di me, da vera multitasking expat.

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