La Vegetariana, la libertà di annullare il proprio corpo

«Ho fatto un sogno».
Può un corpo annullarsi del tutto in quanto carne e rinascere da lì?
La vegetariana è un libro a cui mi interessai un anno fa, quando Han Kang, l’autrice, vinse il Nobel per la Letteratura 2024. Fu il libro che la fece esplodere come scrittrice quando il romanzo uscì, ma avevo sempre pensato fosse un libro non adatto a me. Come sempre, si conferma la regola: c’è sempre un libro per tutti e per ogni momento. Era arrivato quel momento per me.
Sono diventata vegetariana nel marzo 2024, per scelte etiche principalmente: non sopportavo più l’idea di mangiare prodotti alimentari dovuti all’uccisione (brutale, in molti casi) e allo sfruttamento compulsivo e intensivo di altri esseri viventi e senzienti. Insomma, avevo deciso di diventare coerente: ci indigniamo quando gli asiatici mangiano carne di cane, ma noi occidentali consumiamo quantità spropositate di carne di bovino, pollame, ovino. Non sono animali anche loro come lo sono i nostri migliori amici a quattro zampe?
Mi sono avvicinata perciò a questo libro alla fine di maggio sia per scoprire l’autrice – e state certi che leggerò anche gli altri suoi romanzi – e l’ho letto davvero in pochi giorni perché si tratta di un libro breve, di appena un centinaio di pagine. Badate però, che va assaporato tutto, va vissuto lentamente come lenta è stata la rinascita della protagonista.
La storia
Una notte, Yeong-hye si risveglia da un inquietante sogno in cui vede una faccia e decide di non voler più mangiare carne. Ne rifiuta persino l’odore che sembra aleggiare intorno al marito.
Quella che all’inizio sembra una scelta etica diventa, in maniera sempre più evidente, una volontà di ribellione. Fino a rinascere. Io l’ho trovato un enorme atto di libertà.
Una donna che fino a quel momento era stata ordinaria, “insignificante” a detta del marito, con “la stranezza di non portare il reggiseno”, figlia devota. Comincia a mostrarsi sempre più eccentrica, silenziosa, incomprensibile. Si oppone al marito, alla volontà del padre violento e irascibile che tenta di ingozzarla a forza per farla mangiare. Le persone che la circondano non la riconoscono più: rifiuta la carne e quando viene costretta a mangiarla, arriva a ferirsi con un coltello pur di non accettare l’autorità del padre.
Rifiuto, intuizione, comprensione
La vegetariana si divide in tre atti: il primo raccontato dal marito, che agli inizi ripugna questa sua decisione fino ad abbandonare la moglie; il secondo dal cognato, il primo a intuire la volontà della protagonista; il terzo dalla sorella che, preso ormai atto della decisione di Yeong-hye, si avvicina a lei e l’accompagna nel suo percorso.
Se all’inizio sembrava solo una scelta etica e di gusto, man mano che continuiamo la lettura, si percepisce la volontà di annullare il proprio corpo in quanto carne e la libertà di rinascere pianta, nutrendosi di aria e luce.
Nel primo atto, il corpo è un campo di battaglia. Con il marito, con l’intera famiglia, che non accettano la decisione di diventare vegetariana e non mangiare più carne.
La parte centrale mi ha interessata di più. C’è uno spiraglio di comprensione da parte del cognato, il marito della sorella, che intravede in quella decisione la libertà di fare del proprio corpo ciò che si vuole. E lui, videomaker, fa diventare fiore il corpo della protagonista, partendo dalla minuscola macchia mongolica sul corpo della donna. È il primo passo per lei verso la sua metamorfosi.
Anche la terza parte è molto bella: la scena conclusiva di questa storia travagliata di rifiuto, ribellione, libertà. La sorella, donna in carriera e di affari, decide di rimanere accanto alla sorella, ricovero dopo ricovero, per accompagnarla nella sua decisione, quando ormai non è nient’altro che uno scheletro con poca pelle addosso.
Perché lo consiglio
Mi rendo conto che La vegetariana non è un libro che può piacere a tutti. È un libro crudo, a tratti lento, che parla di una ribellione silenziosa di una donna che, fin da quando era bambina, è stata sotto i comandamenti di qualcuno: prima del padre, poi del marito.
Non è una lettura semplice, né tantomeno consolatoria, e non è una storia per chi ne cerca una sui disturbi alimentari. È una lettura che si conclude in modo aperto, in una dissolvenza: la sorella, che sembra infine capire le motivazioni della secondogenita, accompagna la protagonista, ormai sottile come un fuscello e che rifiuta anche cibo vegetale, in un ricovero che sembra non finire. O forse sì.
Han Kang costruisce una metafora profonda e dolorosa del desiderio di libertà che appartiene a persone, donne e uomini, costrette spesso a un ruolo di marginalità e silenzio. Il racconto non considera mai il punto di vista della protagonista, e non è un caso: in un sistema che la vorrebbe in un modo, questa storia può essere solo raccontata da altri.
Lo consiglio a chiunque sia curioso verso una società diversa dalla nostra, quella coreana; a chiunque sia incline a comprendere scelte etiche e così radicali; a chiunque accetti la lentezza delle letture.
#FastidiosamentePaziente
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