SUP: quando la libertà si conquista sull’acqua

SUP: quando la libertà si conquista sull’acqua

SUP: tre lettere, una tavola, una pagaia. E un’intera esistenza che si rimette in equilibrio, letteralmente, sull’acqua. Non è un’esagerazione, né una trovata poetica. È la storia concreta e intensa di Giovanni Cavallo, che ha saputo trasformare una caduta profonda in un atto di rinascita. Lo ha fatto iniziando dal mare, da quella distesa silenziosa che per lui è diventata rifugio, specchio, salvezza.

Ma questa storia non è solo personale. È diventata un progetto, Pirati Adventure, che oggi accompagna ogni anno decine di persone a riscoprire sé stesse proprio attraverso l’acqua, il silenzio, il contatto con la natura. È così che un gesto semplice, come quello di salire su una tavola da SUP, si rivela per molti il primo passo verso la libertà.

La storia di Giovanni Cavallo e il progetto Pirati Adventure

Ci sono momenti in cui la vita, senza preavviso, si increspa. E lascia scoperti, fragili, esposti. A Giovanni è successo nel 2022, mentre lavorava intensamente nella sua agenzia di eventi tra Rimini, le Marche e la Toscana. Una relazione importante lo porta a rivedere le sue priorità. Riduce il carico di lavoro e mette in pausa parte della sua attività.

Convivevo con una ragazza, mi racconta Giovanni, e per amore suo e della compagnia di amici che si era creata attorno a noi, avevo deciso di ridurre le attività lavorative legate al mondo dello spettacolo, arrivando addirittura a mettere in discussione il tempo dedicato alla mia agenzia. Pensavo fosse la scelta giusta e invece, ben presto, scopro che la mia fidanzata mi tradisce con frequenza. E che le persone con cui avevo condiviso tanto stanno giocando sporco alle mie spalle.

Le sue parole sono nette, senza filtri. Ma è la lucidità con cui racconta quel crollo a colpire di più:

Mi sono trovato completamente solo. Nessuno su cui contare. Da lì è cominciato un periodo nero: attacchi di panico, notti insonni, crisi. Ho perso dieci chili in dieci giorni. Ma non mi sono rifugiato in dipendenze. Ho deciso di chiudere momentaneamente la mia attività a Rimini e tornare nel mio paese natale, a Conversano.

La scelta di tornare “a casa” non è solo geografica, ma simbolica. È un ritorno all’origine. Ed è proprio in quel luogo che avviene qualcosa di profondo e significativo destinato a cambiare il destino di Giovanni.

SUP e rinascita: l’acqua come terapia

Era estate, mi confida, c’era un caldo torrido, c’era nebbia. Affrontai il viaggio di ritorno verso la Puglia con Bla Bla car. Mio padre venne a prendermi alla stazione di servizio di Cozze. Mi vide distrutto. Non disse nulla, solo: “Ti porto al mare”. Quando arrivammo mi invitò a tuffarmi. Non avevo neanche il costume. Ero in mutande. Era mezzogiorno, la spiaggia era piena, nonostante la scarsa visibilità. Ma mi buttai. Mi lasciai andare completamente. Mi trovai al largo, immerso nella nebbia, e scelsi di andare a fondo letteralmente. Non avevo voglia di tornare a galla. Mi ritrovai ad urlare, a piangere da solo, finché all’improvviso sentii come un abbraccio fortissimo: era come se mia nonna mi stesse tirando su. Tornai a riva che ero un’altra persona.

Ed è proprio a partire da quel ritorno in superficie che comincia la vera trasformazione. Un amico gli presta un SUP, una tavola da Stand Up Puddle. All’inizio lo considera poco più di un gesto di cortesia.

Lo avevo provato anni prima e l’avevo odiato: instabile, difficile, solitario. Ma pensai: “dai lo porto in spiaggia, ci faccio almeno qualche foto per dimostrare che al proprietario che l’ho usato visto che è stato così gentile da prestarmelo”. Iniziai a manovrarlo da seduto, come fosse una canoa. In quel momento non lo sapevo ancora, ma il SUP mi stava già trasformando.

Quello che accade a Giovanni è un movimento lento, silenzioso. Una forma di ascolto che l’acqua rende possibile. Un passo alla volta, un’onda dopo l’altra.

Mi allontanavo dalla riva. Navigavo tra grotte, calette, scogliere. Polignano, Monopoli, posti che conoscevo solo da lontano. E mentre ero lì, da solo, mi ritrovavo. Riaffioravano ricordi d’infanzia, emozioni sopite. Mi tornavano in mente momenti sereni, che pensavo di aver perso per sempre. Il SUP per me è stato questo: un ponte tra quello che ero e quello che volevo tornare ad essere.

Da esperienza personale a progetto collettivo: nasce Pirati Adventure

A quel punto Giovanni capisce che la sua guarigione non può restare solo sua. Decide di formarsi professionalmente come istruttore, ottenere brevetti, diventare bagnino di salvataggio specializzato anche nel SUP rescue, una tecnica ancora poco diffusa in Italia. Il bisogno di liberazione personale si trasforma in progetto condiviso.

Nasce così Pirate Adventure, che oggi è molto di più di un centro escursioni. È un movimento. Una visione. Una proposta che unisce avventura, benessere e libertà autentica.

Non volevo che il SUP fosse solo un mezzo da noleggiare per farsi una foto. Volevo far capire che può essere una terapia, uno sport serio, un’occasione per rimettere insieme i pezzi. Così ho creato un progetto che unisce avventura, benessere e consapevolezza.

Oggi Pirati Adventure collabora con FreeXperience (un progetto di Marco e Gianmaria, guide cicloturistiche) e propone esperienze che combinano SUP, kayak e cicloturismo. Attivi tutto l’anno, con base a Monopoli, Rimini e una sede itinerante che si sposta in tutta Italia grazie a due Van attrezzati. 15 SUP, bici da trekking e servizi che vanno dalla formazione alla meditazione e inclusivi di alloggio e cibo. Un’esperienza totale.

Insegniamo a stare in acqua in sicurezza, anche da soli. Ogni partecipante esce dal corso con competenze vere e un senso di fiducia ritrovata.

SUP Camp: sport, meditazione e libertà

Giovanni e il suo team hanno scelto di dedicarsi in modo esclusivo al SUP come esperienza profonda e trasformativa, lasciando da parte le attività legate solo al divertimento occasionale. Il cuore pulsante dell’attività, non a caso, sono i SUP Camp, esperienze immersive di due, tre o quattro giorni, che uniscono formazione, escursioni, meditazione, condivisione e crescita personale. Un format pensato per chi cerca un modo nuovo per stare bene.

Tante persone che ci raggiungono, mi spiega Giovanni, ci dicono che stanno attraversando un momento difficile. Non parliamo solo di lavoro o soldi. Parliamo di cuore spezzato, stress cronico, solitudine. E quando tornano a riva, dopo una sessione in mare, sono cambiati. Lo vediamo nei loro occhi. Il SUP ti obbliga a concentrarti: la corrente, il vento, l’equilibrio. È impossibile pensare ai problemi mentre sei sulla tavola. Il cervello fa uno switch, si riattiva, si alleggerisce. Ed è lì che succede la magia. Proprio per vivere al meglio un’esperienza simile il mio consiglio è di avvicinarsi al SUP, e in generale agli sport outdoor, in piccoli gruppi.

I benefici del SUP

Quella che per Giovanni è un’esperienza intensa e personale, è oggi sostenuta anche da numerose ricerche scientifiche. Diversi studi recenti dimostrano che la pratica costante del SUP porta benefici a più livelli. Uno studio pubblicato sul Journal of Sport Science & Medicine ha evidenziato come sei settimane di SUP, praticato tre volte a settimana, migliorano significativamente l’equilibrio, la forza del core, la capacità aerobica e la percezione generale del benessere psicologico.

In Danimarca il progetto “Freedom on Water” ha usato il SUP come intervento terapeutico per persone affette da depressione, disturbi d’ansia e stress post-traumatico, riscontrando una riduzione dei sintomi e un miglioramento dell’auto efficacia.

Anche altre ricerche nel campo della psicologia sportiva e della neurofisiologia stanno evidenziando come il contatto diretto con l’acqua, la concentrazione richiesta dal gesto tecnico e il contesto naturale favoriscano un reset emotivo, attivando aree cerebrali legate alla regolazione dello stress.

Non siamo medici o scienziati, ma quello che vediamo ogni giorno è che il SUP cambia davvero le persone. Ci piacerebbe molto iniziare uno studio ufficiale con dottori e terapeuti. Noi siamo pronti a metterci in gioco, a diventare parte della ricerca. Se può servire ad altri, allora ne vale la pena.

Libertà, identità e futuro

Giovanni Cavallo lo sa bene: la libertà non è sempre spettacolare. A volte comincia nel silenzio, tra le onde. Con una tavola sotto i piedi, il vento addosso e una scelta: restare a galla e tornare a respirare. Il SUP, per lui, è stato salvezza. E ora, attraverso Pirati Adventure, è diventato uno strumento per aiutare altri a ritrovare il proprio equilibrio, la propria identità, la propria libertà.

Per Giovanni il SUP è anche un’eredità. I luoghi dove è guarito sono gli stessi che oggi condivide con chi cerca una nuova rotta.

Restiamo in Puglia perché questo mare mi ha salvato. Le grotte, le baie, il silenzio delle coste mi ricordano ogni giorno da dove sono partito.

E se gli chiedi come si immagina tra cinque anni, la sua risposta è spiazzante, ma cristallina:

Molto probabilmente sarò morto in una tempesta marina. È una cosa che NON devono fare tutti gli altri, ma è quello che faccio io. Mi allontano da solo, diverse volte l’anno, per fare escursioni in SUP di venti, trenta chilometri, anche con meteo avverso. Non lo faccio per sfidare la morte, lo faccio per sentirmi vivo.

Una frase che potrebbe suonare cupa, ma che per Giovanni è verità pura. Perché la libertà per lui è proprio questa. Non la sicurezza a tutti i costi, ma la possibilità di scegliere ogni giorno chi essere, dove andare e con quale intensità vivere.

E forse è proprio questo il messaggio più importante: per rinascere non serve scappare. Basta pagaiarsi dentro. E ritrovare il mare, dentro di sé.

#CaparbiamenteSognatrice

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Elisabetta Mazzeo

Elisabetta, classe 1981. Ogni 18 anni un cambiamento. Prima la Calabria, poi Roma, ora Zurigo. Domani chissà. La mia sfida quotidiana? Riuscire nell’impresa di essere contemporaneamente mamma, moglie, giornalista, scrittrice e ora anche blogger. Ore di sonno: poche. Idee: tante. Entusiasta, curiosa, caparbia, sognatrice. Scrivere è un’esigenza. Una lunga gavetta nei quotidiani e nelle tv locali, poi l'approdo come inviata di Sport Mediaset. Non ho dubbi: il mio è il mestiere più bello del mondo. Una passione prima che un lavoro. Oggi ricopro l'inedito ruolo di vicedirettore a distanza di Retesole, l’emittente che mi ha visto crescere umanamente e professionalmente. Divoro libri e due li ho anche scritti, mi nutro di storie di sport, ma non solo. Scatto e colleziono foto, mi alleno quanto basta per non sentirmi in colpa e in compenso macino chilometri armata di scarpe da ginnastica e passeggino. L'arrivo delle mie due figlie ha rimodulato le priorità della mia vita. E adesso è con loro e per loro che continuo a mettere le mie passioni in campo. #CaparbiamenteSognatrice

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