Pedalando controcorrente. La Strada ribelle di Alfonsina

Pedalando controcorrente. La Strada ribelle di Alfonsina

Per impeto, per ragione e per passione. Con il coraggio di non rinunciare. Abbattendo pregiudizi e convenzioni sociali. Pedalando controcorrente, percorrendo tanta strada. Sì, proprio la strada era nel suo destino. Lei, unica donna a partecipare al Giro d’Italia. Non l’hanno vista arrivare. Ha osato e ha fatto la differenza. Lei è Alfonsina Strada. Pioniera del ciclismo femminile italiano.

Ma dove vai bellezza in bicicletta,
così di fretta pedalando con ardor
Le gambe snelle tornite e belle
m’hanno già messo la passione dentro al cuor!»

nel 1950 Giovanni D’Avanzi e Marcello Marchesi si ispirarono a Alfonsina per comporre questa canzone

E’ una domenica sera di fine estate.

Il 13 settembre 1959, in una macchina che sfreccia a clacson spiegato per le vie di Milano c’è una signora di sessantotto anni. Si dirige verso l’ospedale più vicino.

I capelli sono corti e grigi, il viso ancora con le guance tonde. Sta lottando contro la morte. 

È una combattente nata lei. Abituata a lottare. Contro le convenzioni, la fatica, la montagna. Contro le idee imperanti e i suoi stessi genitori.  

La morte però è altra cosa. E’ una nemica difficile da battere. E Alfonsa Rosa Maria Morini non riuscirà ad arrivare viva all’ospedale.

Quel giorno aveva assistito alla gara ciclistica Tre Valli Varesine. Si era fatta sera. Alla portiera tornando a casa disse di essersi divertita tanto, che era stata una gran bella giornata. La sua intenzione era quella di portare la moto in negozio e tornare nuovamente a casa in bicicletta. Ma la moto non partiva. E mentre spingeva sulla leva di avviamento, sopraggiunse l’infarto.

Due ruote. Dall’inizio alla fine.

controcorrente
controcorrente

Alfonsina Morini, questo il nome da nubile, nasce nel 1891 a Castelfranco Emilia da una famiglia di braccianti agricoli.

A soli dieci anni scatta la scintilla. Suo padre ha una bicicletta, vecchia e malridotta, ma lei se ne innamora perdutamente.

Inizia facendo la vedette delle competizioni sportive della zona, poi arrivano le prime gare a Reggio Emilia e dintorni. Ma poiché è altissimo quel muro del maschilismo sportivo e non, pur di partecipare Alfonsina si spaccia per un uomo.

Non ha intenzione di farsi fermare. Si guadagna il soprannome di diavolo in gonnella.

Ovviamente, i genitori e tutti gli altri parenti non approvano le sue velleità. Deve trovare marito come tutte le altre, Alfonsina.

E lei ubbidisce. Nel 1905, a soli 14 anni, sposa il meccanico e cesellatore Luigi Strada, uomo di grande intelligenza e mentalità aperta. Nel giorno delle nozze, Luigi regala ad Alfonsina una bici da corsa. E l’anno successivo i due si trasferiscono a Milano.

Luigi diventa allenatore di Alfonsina. E lei che prende parte a diverse competizioni, inanella successi.

Arriviamo al 1924. Il Giro d’Italia rischia di non partire.

Gli organizzatori non sono in grado di far fronte alle richieste economiche delle squadre che rispondono con una diserzione in massa.

A questo punto campioni come Girardengo, Brunero e Bottecchia non gareggerebbero. Gli atleti dovrebbero iscriversi a titolo personale e la corsa così rischierebbe di passare inosservata, con grave danno per gli sponsor.

C’è bisogno di qualcosa di eclatante!

All’improvviso l’idea. Decidere di accogliere la richiesta di una donna di trentatré anni che insiste da tempo per partecipare.

Si tratta proprio di Alfonsina Strada, che ha al suo attivo già due Giri di Lombardia.

Il tracciato del Giro del ’24 attraversa la penisola per oltre 3.000 chilometri. Gli iscritti sono 108, al via se ne presentano novanta, e fra questi Alfonsina. Unica donna.

Il Giro d’Italia è tosto ma Alfonsina sostiene bene le prime tappe, considerando specialmente che tutti gli altri ciclisti sono uomini.

Tuttavia durante lottava tappa, L’Aquila-Perugia, la pioggia e il vento la fanno cadere rovinosamente. Lei non si arrende. E con l’aiuto di una donna, aggiusta il manubrio della sua bicicletta, usando un manico di scopa, e riparte. Esausta e malconcia, arriva al traguardo, a Perugia, per ultima e fuori tempo massimo. Conquistando però tutti gli spettatori che la accolgono con entusiasmo.

Da regolamento viene esclusa dalla gara ma le permettono comunque di prender parte alle tappe successive, senza conteggiarne i tempi.

Su 90 atleti partiti da Milano, solo 30 portano a termine l’intero percorso. Tra questi, anche lei. Con buona pace anche di coloro che disapprovano l’emancipazione femminile. Arrivati fuori tempo massimo, anche loro.

Quella del 1924 è stata l’unica apparizione di Alfonsina Strada al Giro. Mai più le fu permesso di iscriversi. Lei lo ha seguito sempre però, a bordo della sua bici. Nel 1938 poi ha conquistato anche il record dell’ora femminile a Longchamp, in Francia, fissandolo a 35,28 chilometri. Altri tempi.

controcorrente
controcorrente

Alfonsina è stata una pioniera della parificazione tra sport maschile e femminile.

Una donna che mai ha voluto porsi dei limiti. Che non si è posta il problema di essere donna.

Nel mezzo ha attraversato due guerre mondiali, la Marcia su Roma cui prese parte uno dei suoi fratelli, D’Annunzio che le regalò una stella d’oro, Mussolini che volle darle un’onorificenza da lei mai ritirata, una medaglia che la Zarina Alessandra le appuntò personalmente al petto, gli anni passati a esibirsi nei circhi d’Europa, due mariti e un solo cognome tenuto. Strada. Come quella che lei ha aperto al coraggio delle donne di competere pedalando.

Se prima non l’hanno vista arrivare, adesso sicuramente tutti la ricorderanno.

Questa donna emiliana è stata la prima ad abbattere il muro che vietava l’accesso alle gare di ciclismo alle donne. Dovranno passare ancora molti anni prima che il Giro d’Italia femminile venga organizzato, si dovrà attendere infatti fino al 1988.

E allora, alla sportiva tanto conosciuta da diventare per il Quartetto Cetra e per tutta Italia, la Bellezza in bicicletta, grazie.

#IrriducibilmenteLibera

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Sabrina Villa

Per Vasco “Cambiare il mondo è quasi impossibile -Si può cambiare solo se stessi - Sembra poco ma se ci riuscissi - Faresti la rivoluzione” . Ecco, in questo lungo periodo di quarantena, molti di noi hanno dovuto imparare nuovi modi, di stare in casa, di comunicare, di esternare i propri sentimenti. Cambiare noi stessi per modificare quello che ci circonda. Tutto si è fermato, in attesa del pronti via, per riallacciare i fili, lì dove si erano interrotti. I pensieri hanno corso liberamente a sogni e desideri, riflessioni e immagini e, con la mente libera, hanno elaborato anche nuovi modi di esternazione e rappresentazione dell’attualità. Questa è la mia rubrica e io sono Sabrina Villa. Nata a Roma e innamorata della mia città. Sono un'eclettica per definizione: architettura, pittura, teatro, cucina, sport, calcio, libri. Mi appassiona tutto. E' stato così anche nel giornalismo, non c'è ambito che non abbia toccato. Ogni settore ha la sua attrattiva. Mi sono cimentata in tv, radio, carta stampata. Oggi, come al solito, mi occupo di tante cose insieme: eventi, comunicazione, organizzazione. La mente è sempre in un irriducibile movimento.

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